Sport | Formula 1

Dall'Appiano-Mendola al GP di Imola

Intervista a tutto campo al meranese Günther Steiner, da sette stagioni team principal dell'americana Haas ed ormai star della serie Netflix dedicata ai motori.
Guenther Steiner con Magnussen
Foto: Team Haas Formula 1

Già quando uno dice “le mie più grandi gioie sportive non sono legate ai risultati ottenuti, ma all’aver condiviso bei momenti con grandi persone che sono diventate grandi amici” capisci che è un personaggio atipico nel mondo dei motori. Al rombo dei dieci-cilindri e alle sgommate si associano normalmente sguardi da maschio alfa, espressioni accigliate e frecciate al vetriolo come quelle tra Christian Horner (Red Bull) e Toto Wolff, o, i toni da rolexdoro di Flavio Briatore di una ventina di anni fa. Insomma, l’essere “alla mano” non è esattamente di moda tra chi occupa ruoli di vertice nel paddock. A dare un segno, forse, dell'inversione del trend, anche prima della comparsa del suo Doppelgänger Crozza, è arrivato di recente il team manager Ferrari, Mattia Binotto. Ma l’apripista di questa “Formula 1 dal volto umano” è senza dubbio il meranese Günther Steiner, ormai quasi un veterano del circuito, che guida il team Haas dalla sua fondazione, nel 2016. E non a caso, grazie al suo modo di porsi, è diventato un personaggio mediatico amatissimo. Le sue interviste hanno letteralmente bucato lo schermo nella serie tv Netflix “Drive to Survive”, in cui, grazie a lui, la scuderia americana ha più attenzione dei top team.

Figlio di un macellaio, Steiner si avvicina al mondo dei motori per caso, chiedendo al padre di andare a vedere le gare dell’Appiano-Mendola e la Trento-Bondone. In gioventù fa l’apprendista meccanico, dopo il servizio di leva trova lavoro in Belgio nel mondo del rally, iniziando con il tema Mazda 323 4WD Turbo. Entrato nel pianeta “Ford”, quando Niki Lauda prende le redini del progetto Jaguar, nel 2001 Steiner approda in Formula 1. Lo abbiamo raggiunto ieri (20 aprile) nella sua casa in riva al Passirio. Da oggi il team manager della squadra americana sarà a Imola, dove a partire da domani si terranno le prove libere e le qualifiche in vista dell’atteso gran premio di domenica. Un mese fa, ai primi contatti con l’ufficio stampa Haas in vista dell’avvio della stagione, l’idea era di fare un’intervista più “personale”, ma nel frattempo sono successe così tante cose (impreviste) dal punto di vista sportivo che il dialogo ha preso una piega diversa.

Non è che siamo stati fortunati o che sia una sorpresa, per avere i risultati che stiamo avendo lavoriamo da un anno e mezzo

Salto.bz: Dopo una lunga gavetta nel Rally, le esperienze in Jaguar e Red Bull e la parentesi in Nascar lei ha convinto Gene Haas a entrare in Formula 1. Un buon esordio nel 2016, un ottimo quinto posto nel 2018, e poi una flessione che è diventata un crollo con l’ultimo anno chiuso a 0 punti. Mr Haas non ha perso la fiducia in lei e ora avete avuto un avvio di stagione col botto conquistando 12 punti in 3 GP. Ci racconta come è andata?

Steiner: “Questo è il mio settimo anno in Formula 1 con Haas. Fino a due stagioni fa abbiamo avuto buoni risultati e perfino un quinto posto nei costruttori nel 2018. Con lo scoppio della pandemia Mr. Haas ha perso un po’ di fiducia in tutta l'economia, e non si sapeva bene come procedere, e ha quindi deciso di investire meno soldi possibile. In Formula 1 se si fa così si va indietro, è normale. Io ho avuto il compito di tenere in vita la squadra con finanziamenti molto ridotti. Quando poi si è deciso di ripartire e abbiamo firmato il contratto commerciale per i successivi cinque anni fino cioè alla fine del 2025, eravamo molto indietro rispetto a tutti. A quel punto ho detto: per la stagione 2021 è impossibile recuperare o essere competitivi, spenderemmo dei soldi per arrivare al massimo penultimi; a questo punto mettiamoci il cuore in pace, e lavoriamo in vista del 2022 visto che ci sarà un regolamento del tutto nuovo. Quindi non è che siamo stati fortunati o che sia una sorpresa, per avere i risultati che stiamo avendo ci lavoriamo da un anno e mezzo. Non è mai una scelta facile decidere di rinunciare a competere, perché sai che in quell’anno tutti ti ricopriranno di commenti poco gentili, però ogni tanto devi fare un passo indietro per farne due avanti. Abbiamo fatto una scelta strategica. Non ci dimentichiamo che noi nel 2018, nella nostra terza stagione, siamo arrivati quinti nel campionato del mondo di Formula uno, che non è una cosa da poco. Non è che siamo diventati del tutto scemi in due anni (ride).

 

L’obiettivo realistico per quest'anno è ancora il quinto posto o la scuderia Alpine ha qualcosa in più di voi?

E’ ancora molto difficile dire come andrà a finire quest'anno. Nella fascia di mezzo, dopo i top team, ci sono parecchie squadre vicine. In Australia non eravamo al massimo, credo che tutto sia ancora possibile, possiamo puntare ad arrivare tra il quinto e l’ottavo posto. Partendo praticamente da zero il quinto posto sarebbe un risultato grandissimo, ma vedremo tra qualche gran premio dove possiamo arrivare.

Ai primi di marzo, una settimana dopo l’invasione dell’Ucraina, lei ha licenziato Nikita Mazepin e, soprattutto, la squadra ha rinunciato ai soldi della Uralkali, azienda del padre del pilota. Quanto è stata dura come scelta?

E’ stata una scelta difficile ma è di quelle che fanno parte del mio mestiere. A livello personale giudico l’invasione dell’Ucraina una cosa intollerabile, ma ad ogni modo come squadra siamo stati i primi a reagire: giovedì 24 febbraio al mattino è iniziata l’invasione e giovedì sera avevamo già tolto tutti gli adesivi dello sponsor Uralkali e rinunciato allo sponsoring. Poi con il pilota, che è una persona, logicamente bisogna fare un po’ più di attenzione, bisogna capire quanto è coinvolto, bisogna considerare che è giovane e non si vuole rovinargli la carriera. Abbiamo riflettuto qualche giorno e alla fine abbiamo realizzato che non potevamo proseguire la collaborazione. Nei giorni successivi purtroppo lui e il padre hanno fatto vedere di che pasta sono fatti. Perché ci sta che si pensi di andare per le vie legali, ma certi commenti e la divulgazione di documenti confidenziali alla stampa non è un modo corretto di comportarsi. Vedremo come si svilupperà il tutto, ma non mi preoccupa più di tanto, sono cose che fanno parte del mio lavoro giornaliero. Alla fine dei conti ne siamo venuti fuori, direi, abbastanza bene, richiamando Kevin (Magnussen) che sta facendo molto bene. Trovo positivo che come team abbiamo dimostrato di avere un’etica molto forte. L'onestà è l’unica cosa che per me conta veramente. Riprenderei le stesse decisioni, in questo momento, senza cambiare niente.

Questo inizio di stagione stupefacente vi può anche aiutare dal punto di vista economico a trovare ulteriori sponsor al posto di Uralkali o la situazione è già a posto?.

Noi siamo solidi dal punto di vista finanziario, però è vero che al momento l’interesse verso di noi è incredibilmente aumentato. Quindi se troviamo ulteriori finanziamenti siamo ovviamente contenti.

Secondo quanto riportato dalla testata tedesca Auto, Motor und Sport, tre team hanno chiesto alla FIA di indagare sul legame che c’è tra la Ferrari e la Haas. Cose normalissime – basti pensare l’anno scorso alle polemiche per le somiglianze tra Aston Martin e Mercedes. Lei come reagisce?

(Ride): Tutto normale, logicamente appena abbiamo una macchina performante, visto che per alcuni noi siamo degli incapaci è ovvio che secondo loro copiamo la Ferrari. Noi abbiamo collaborato e collaboriamo con la Ferrari, però non copiamo nessuno, seguiamo tutte le norme Fia. Ho appena ricevuto un messaggio, la federazione sta facendo i controlli, ma noi siamo completamente trasparenti non abbiamo niente da nascondere.

Con il passare degli anni sono diventato, come si dice, un cittadino globale, però in Alto Adige torno sempre volentieri.

Il suo carattere gioviale e aperto l’ha fatta diventare la star della bella serie Netflix “Drive to survive”. Lei e la sua famiglia vivete a Mooresville, nella Carolina del Nord, ma vedendo la trasmissione si capisce che lei conserva un legame forte con questa terra. E’ così?

Ho lasciato l'Alto Adige 25 anni fa. Mia moglie è di Dorf Tirol e nei primi dieci anni abbiamo vissuto in Inghilterra. Da 16 anni abitiamo negli Stati Uniti (a Mooresville, nella Carolina del Nord, ndr) ma torniamo qui regolarmente. Abbiamo una casa a Merano, e poi in città vive mia mamma che è anziana e la vengo a trovare sempre volentieri. Poi in realtà quando vengo a Merano lavoro come se fossi nel mio ufficio, è una cosa stranissima. Quando ho con me il mio laptop posso lavorare ovunque e sono contento. Lavoro in aeroporto, a casa, e un mio ufficio vero e proprio non ce l’ho perché la nostra squadra ha una sede in Inghilterra, una negli Stati Uniti e una a Maranello. In estate durante la stagione europea ci fermiamo in Alto Adige anche due mesi ed anche a Natale veniamo sempre due o tre settimane. Con il passare degli anni sono diventato, come si dice, un cittadino globale, però in Alto Adige torno sempre volentieri.

I 28 secondi in cui nel 2020 Grosjean in Bahrain è rimasto prigioniero nelle fiamme sono forse stati i più brutti della sua carriera. Qual è stata finora, invece, la soddisfazione più grande della sua carriera? Forse il quinto posto nel campionato costruttori nel 2018?

Sinceramente sono tantissimi i momenti belli. I risultati sono importanti, ma dal giorno dopo che li hai ottenuti, te ne dimentichi in fretta. Le cose importanti e che restano sono altre. Ho lavorato ed avuto uno splendido rapporto con Colin McRae, un mito nei rally e con Niki Lauda, un mito in Formula uno. Sono molto amico di Stefano Domenicali, persona molto ben conosciuta in Alto Adige (è l’attuale presidente della Formula Uno, ex team manager della Ferrari, grande amante dello sci, ha una casa a Carezza, ndr). Per me lavorare con queste persone, diventarne amico, è una cosa fantastica che mi dà le soddisfazioni più grandi. Apprezzo molto di più questo aspetto che i risultati sportivi.

Al momento la Ferrari è messa bene dappertutto ed è la squadra da battere.

Domenica a Imola chi può vincere? E voi come siete messi?

Al momento la Ferrari è messa bene dappertutto ed è la squadra da battere. Noi se siamo in forma come eravamo sia a Jeddah che in Bahrain, dovremmo poter fare bene. In Australia abbiamo perso un po’ di colpi, abbiamo fatto un paio di errori, non siamo riusciti a tirare fuori il massimo dalla vettura. Però a Imola sicuramente possiamo fare un bel risultato, se mettiamo tutto assieme. Mi perdoni, a questo punto posso fare una domanda io?

Certo.

Salto è il sito in cui lavora Franceschini, il giornalista che ha scritto il libro Freunde im Edelweiss, giusto?

Sì, esatto.

Non lo conosco personalmente, questo libro non l’ho ancora letto, perché non si trova già più in libreria, ma me lo porta domani mio nipote, che viene con me a Imola. Ho letto però gli altri libri e mi sono piaciuti molto. Se lo sente, gli faccia i complimenti da parte mia. Avanti così! Queste sono cose importanti di cui c'è gran bisogno, in Alto Adige.

Sarà fatto.

Sì, è vero, non è per nulla elegante rendere pubblici dei complimenti autorevoli. Ma dal momento che Salto.bz non c’entra direttamente con la pubblicazione del libro e di solito non esitiamo a lasciare anche le critiche severe (che giustamente non mancano), mi è sembrato corretto lasciarli unicamente perché quelle frasi forniscono ai lettori qualche informazione in più sul personaggio Steiner e sono perfettamente in linea con quanto si diceva all’inizio dell’articolo: la Formula 1 della porta accanto.