Politica | Europa

La sfida sarà su ambiente e clima

L'appuntamento cruciale per le sorti della Comunità europea si avvicina. La partita si gioca soprattutto sulle future scelte economiche e sociali e non sul populismo.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Fabio Petrini

Dobbiamo affrontare problemi come la crisi climatica, i nodi legati alla politica commerciale e alla globalizzazione e le sfide derivanti dalle nuove tecnologie digitali sempre più in mano ai giganti informatici. Qualche flebile ripensamento, purtroppo un po' tardivo, è stato avviato. Pensiamo a Macron che ha lanciato l'allarme sulle sorti dell'Europa o al dibattito in atto in Germania messa di fronte alla competizione con la Cina, che mira a conquistare una posizione dominante sul mercato mondiale dei prodotti ad alta tecnologia. L'esempio più lampante è costituito dalla nuova rete informatica, il 5G, che rivoluzionerà il mondo digitale e che sta provocando discussioni che non si vedevano da tempo. Al centro del dibattito c'è il ruolo dell'Europa in questo campo in mezzo a due superpotenze economiche come gli Usa e la Cina.

Di fronte a queste cose una nuova politica economica e industriale lungimirante ha bisogno di scelte precise che si concentrino sull'occupazione e sui prossimi cambiamenti strutturali e che veda uno Stato nuovamente partecipativo. Questo vale soprattutto per regolamentare il mercato, come pure per intervenire e partecipare direttamente in settori considerati vitali e strategici. La Francia pensa per esempio ad una partecipazione dello Stato nei settori dell'economia di piattaforma e dell'intelligenza artificiale. Oltre agli interessi economici, che sono secondari, si vuole, attraverso lo strumento di partecipazione diretta nelle attività, garantire la sicurezza delle infrastrutture strategiche di fronte ai tentativi di acquisizione da parte di paesi terzi. E' cosa nota che la Huawei cerchi di implementare la rete 5G in diversi paesi sviluppati come la Germania. La discussione che si è aperta in quel paese è sulla reale indipendenza dell'azienda in oggetto dallo Stato cinese e i rischi che si possono correre ad affidare la proprietà e la manutenzione di una tecnologia fondamentale a un paese straniero concorrente.

Anche una nuova politica sul clima, ormai non più rinviabile, avrà bisogno di forti investimenti. Uscire dal carbone e dall'energia fossile e riconvertire il settore energetico con le rinnovabili è una sfida enorme, dal punto di vista sia tecnologico che economico. In Germania questa sfida rimette in discussione il pareggio di bilancio statale, di fronte alle necessità di forti investimenti in infrastrutture e tecnologie, che con l'attuale politica economica sono irrealizzabili. Un allentamento tedesco su questo fronte avrebbe innegabili riflessi su tutta la Comunità europea. L'Italia ne avrebbe indubbi vantaggi, a condizione che le risorse nuove siano indirizzate verso la creazione di posti di lavoro qualificati e investite in innovazione e infrastrutture, ambiti che, a causa della politica economica pubblica restrittiva, sono rimasti per troppo tempo al palo.

A livello europeo si sta finalmente facendo largo l'idea di invertire il processo di deindustrializzazione in Europa. L'intenzione è quella di portare la quota industriale al 20% dall'attuale 16%. Per questo non mancano critiche al diritto europeo in materia di aiuti di Stato e di concorrenza, a tutt'oggi per la nostra industria penalizzanti, rispetto ai concorrenti stranieri. Forse, con lo scenario politico ed economico mutato di recente, andrebbero ripensate le nostre regole sulla concorrenza. Mancano purtroppo in questa discussione, orientata soprattutto sulle imprese e sugli interessi commerciali, i lavoratori, i consumatori e i cittadini, spesso lasciati soli con le loro preoccupazioni. Di fronte ai grandi profitti, basta pensare alle aziende che lavorano sui dati e sulla vendita online, come Amazon, aumentano le diseguaglianze e il disagio sociale. Spetta alla politica pensare ad un nuovo equilibrio sociale e trovare nuove forme di tassazione per incrementare le entrate pubbliche per le multinazionali e ricreare una concorrenza equa ed elevati standard ambientali e sociali.

Se gli Stati Uniti credono fermamente nella forza del mercato e se la Cina sta già attuando una versione autoritaria del futuro digitale, l'Europa deve pensare a una terza via, orientata verso le persone e i consumatori per frenare una crescente logica dello sfruttamento. Dietro ad questi sviluppi ci sono purtroppo anche nuovi rapporti di lavoro non regolamentati e il lavoro autonomo precario e senza regole. Per questo motivo la politica non può lasciare mano libera alle aziende. Per contrastare i rigurgiti autoritari oggi in campo bisogna creare e garantire soprattutto la sicurezza sociale che in questi tempi di incertezza e di cambiamenti è andata persa. Il miglioramento delle prospettive per le aziende deve perciò andare di pari passo con la creazione di buoni posti di lavoro e con una buona conciliazione tra lavoro e vita privata per entrambi i sessi. Ciò impone in primis una lotta efficace contro il dumping salariale e sociale. Va ribadito con forza che la digitalizzazione incentrata sull'uomo e una transizione climatica ed energetica sono le sfide che abbiamo davanti, a prescindere da chi vince alle prossime europee. Va deciso se devono essere la Ce o i singoli stati a regolare i mercati oggi sempre più insofferenti alle regole. Va deciso anche se serva una maggiore massa critica per affrontare le sfide in campo o se valga la regole dell'ognuno per sé e la competizione con il vicino sia invece la formula giusta.

Senza ombra di dubbio le forze politiche finora al Governo risentono pesantemente delle scelte fatte. La politica dell'austerity riduce le spese, taglia gli investimenti necessari in infrastrutture e in servizi di interesse generale. La tassazione favorevole alle società impone un peso sempre maggiore sul fattore lavoro. Solo se cambia la politica, ritornando quindi a svolgere il suo ruolo ed essendo in grado di individuare e gestire le priorità, cambierà anche l'economia. Oggi sono richieste strategie su come affrontare i cambiamenti climatici e, legati a questi, anche la sfida energetica, ma fin da subito bisogna intervenire su come governare la digitalizzazione per garantire un benessere diffuso. Significa che oltre a tutti gli sforzi per affrontare i problemi legati alle nuove tecnologie ci sono anche enormi sfide sociali e di ridistribuzione della ricchezza. La nuova era va letta come l'interazione tra tecnologia, economia e sociale. La via maestra è quella di invitare tutta la società a progettare insieme un futuro che promette prosperità e sicurezza.