Società | Islam

"Ordinaria tradizione maomettana"

Nell'immaginario comune occidentale sembra quasi che la donna musulmana sia assoggettata all'uomo, che sia il padre, il marito o il figlio...
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

Sono realmente i precetti islamici a dettare la violenza?

Oggi parliamo di Hina, protagonista della storia che ci racconta Jimmy Milanese. Un articolo su una ragazza che conduce ad una realtà raccapricciante: la violenza sulle donne. Divenuta oramai consuetudine e non più una novità!

In Italia una donna su tre è vittima di violenza e questo ce l'hanno ricordato tutte le donne morte negli ultimi mesi, tra cui Sara ventiduenne arsa viva dal fidanzato. Segregata, picchiata, minacciata di morte dal padre, Hina vuole scappare ma non sa come fare dal momento che il padre le ha confiscato i documenti e la libertà a Casablanca.

Ci vuole dire che Hina è soggiogata dal padre, da un padre "credente e violento". Violento perché credente o vuol farci credere che è credente perché violento? L'autore sembra essere più interessato a diffamare la comunità islamica che ad aiutare la ragazza..

La notizia bomba per tutti i media, viene riscritta ben in due versioni differenti dallo stesso giornalista, una prima volta su salto.bz e una seconda su Il Giornale. Il signor Milanese non solo ci racconta questa storia famigliare ma ci presenta anche una comunità musulmana cattiva, violenta e misogina. Uomini padroni, donne schiave, sottomesse e maltrattate.

Da musulmana posso assicurare che secondo gli insegnamenti islamici tutti gli esseri hanno pari dignità indipendentemente e dal loro genere. Donne come Khadija, moglie del profeta, Aicha, figlia di quest'ultimo, Sumayya, prima martire dell'Islam, la prima atleta con il Hijab alle olimpiadi Ibtihaj Muhammad hanno dato un grandissimo contributo non solo all'Islam ma anche alla loro società..

Ciononostante la donna oggi più che mai sembra essere nel mirino di ogni uomo, indifferentemente dalla sua nazionalità, religione o indirizzo politico. Ma denunciare una violenza domestica riconducendo i motivi di tale violenza alla religione e diffamando un'interna comunità aumenta i lettori.

Sembra quasi che l'avanzamento professionale di un giornalista sia direttamente proporzionale alle sue menzogne. E questo ce lo dimostra Jimmy Milanese.

Leggiamo attentamente l'articolo in questione: "Un padre balordo con il quale perfino la comunità marocchina ammette che è difficile confrontarsi, che pretende di imporre alla propria figlia la religione". Dio è chiaro nel Suo Sacro Libro ed esplicita all'uomo che: Non c'è costrizione nella religione. (Corano 2:256).

In primo luogo Jimmy ammette che questo padre è un personaggio incompreso e accantonato dai suoi stessi connazionali, tuttavia però procede col denigrare la comunità islamica e col sottolineare che quest'ultima trascura il caso.

C'è da precisare un punto rilevante: Jimmy Milanese si è rivolto a me chiedendomi di intervenire per aiutare Hina e minacciandomi che se la comunità non avesse fatto nulla avrebbe fatto scoppiare un caso nazionale. Questo vuol dire essere un giornalista serio, imparziale e corretto?

Mi ostinai a dirgli che i precetti islamici non dettano la violenza e che non è opportuno citare in causa l'intera comunità in una faccenda famigliare, ma lui lo schiaffo me lo diede comunque. E aggiunse: "Spero che il fatto che non sia una musulmana modello non sia un ostacolo per aiutarla". Mi promise di aspettare la nostra risposta ma screditò tutti i musulmani senza che la risposta gli fosse data. Quando gli dissi che nessun musulmano è per la violenza mi disse che questa era una menzogna così come nessun cristiano è violento.

L'articolo sottolinea la gravità della situazione, specificando che la ragazza non è più raggiungibile da venerdì scorso, tuttavia la ragazza è disponibile sui social network.

Inoltre l'autore preme sul fatto che a Casablanca è imprigionata. Eppure risulta che il Marocco sia una monarchia costituzionale ed un paese in cui vige la libertà individuale. Pertanto la ragazza può sporgere denuncia anche ad associazioni o istituzioni marocchine, dal momento che l'associazione di Zorzi ha le mani legate in questa situazione.

Riuscii dunque a contattare Hina, ma dopo aver chiesto alla ragazza il suo stato di salute, quest'ultima mi ha invitato a chiedere più informazioni a Francesco Zorzi. A chi è soggiogata dunque? Al padre o ai giornalisti? O all'uomo in generale, forse?

Ci avvisa che Hina "non vuole sposare un uomo preconfezionato da Maometto" e che, sempre la nostra protagonista, "non vuole piegarsi al velo".

Ed ecco che per l'ennesima volta si discute del velo. Quando non si sa di che parlare si tira in questione il Hijab.

Per eventuali prossime incomprensioni apriamo una parentesi e chiariamo che il velo islamico non ha nessun ruolo nell'interazione sociale delle donne, non è sinonimo di prigionia bensì di libertà e che presenta la donna per le sue doti intellettuali e non il suo aspetto fisico. Siamo libere di indossare il velo, ridicolo continuare a parlare di sottomissione. Parentesi chiusa.

Il Profeta (pbsdl) ha comandato alla sua comunità di non maltrattare nemmeno una pianta, figuriamoci i figli. Nell'epoca preislamica, gli arabi sotterravano vive le figlie, l'Islam mise fine a questa tradizione misogina e atavica.

Vi sembra dunque una questione religiosa?

Il noi e il voi genera solo odio da ambedue le parti: i musulmani si sentono vittime e quindi puntano il dito contro "l'oppressore", e l'Occidente si sente minacciato da una realtà islamica, reputandola un pericolo, con cui in realtà ha sempre convissuto.

La fisica ci insegna che due poli di segno concorde si respingono e non si attraggono.

Se vogliamo convivere e amarci iniziamo col conoscerci.

Come conclude Milanese "si vedrà se la religione non c'entra veramente" Sì, se ognuno di noi impara a conoscere l'altro, il "diverso", si vedrà che le religioni non c'entrano nulla. Il male viene dall'uomo, non da Dio.

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jimmy milanese Sab, 08/20/2016 - 20:43

Ti cito e rispondo, limitatamente a quando mi tiri in ballo:

1.“L'autore sembra essere più interessato a diffamare la comunità islamica che ad aiutare la ragazza.”
L'autore, dopo avere scritto gli articoli, si sta impegnando in prima persona per aiutare la ragazza. Ma su questo non posso dire altro, per ora.

2.“Il signor Milanese non solo ci racconta questa storia famigliare ma ci presenta anche una comunità musulmana cattiva, violenta e misogina. Uomini padroni, donne schiave, sottomesse e maltrattate”:
Ho parlato di un caso specifico, non di comunità, non dell'universo musulmano. La tua generalizzazione è fuoriluogo.

3.“Ma denunciare una violenza domestica riconducendo i motivi di tale violenza alla religione e diffamando un'interna comunità aumenta i lettori”. Ho spiegato i motivi delle violenze, tra i quali ci sono anche delle comportamenti che traggono origine dalla religione islamica, ti piaccia o no è così.

4.“Sembra quasi che l'avanzamento professionale di un giornalista sia direttamente proporzionale alle sue menzogne. E questo ce lo dimostra Jimmy Milanese”.
Non ho raccontato menzogne, ma un caso. Tu, invece, mi hai diffamato professionalmente,.

5.“...procede col denigrare la comunità islamica e col sottolineare che quest'ultima trascura il caso”.
Se la comunità marocchina non risponde, e non ho chiesto solo a te, io rilevo il fatto, e lo dico. Punto e basta.

6.“Jimmy Milanese mi si é rivolto chiedendomi di intervenire per aiutare Hina e minacciandomi che se la comunità non avesse fatto nulla avrebbe fatto scoppiare un caso nazionale. Questo vuol dire essere un giornalista serio, imparziale e corretto?”
Io non ho minacciato, ma ti ho chiesto se la conoscevi e se la tua comunità poteva contattare la famiglia, mi hai detto che avresti parlato col tuo direttivo e io ti ho scritto:”Speriamo perché io porto il caso alla stampa nazionale e se la comunità marocchina bolzanina non fa nulla, dovrò sottolinearlo. Tu la ragazza la conosci”.
Questo non significa affatto minacciare.

7. “Mi promise di aspettare la nostra risposta ma screditó tutti i musulmani senza che la risposta gli fosse data”
La tua risposta non è mai arrivata, e io non ho screditato “i musulmani”, ma ho raccontato un caso e i suoi risvolti.

8. “Quando gli dissi che nessun musulmano è per la violenza mi disse che questa era una menzogna così come nessun cristiano è violento”
No, io ti ho risposto così:”"Nessun musulmano è per la violenza" è una cazzata tanto quanto "nessun cristiano è per la violenza" ma non è ora di questo che mi interessa parlare”, che è ben diverso.

Sab, 08/20/2016 - 20:43 Collegamento permanente
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gorgias Dom, 08/21/2016 - 10:30

Corano 4:34. Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro beni. Le [donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse. Allah è altissimo, grande.

Secondo questo verso, il padre ha fatto bene a picchiare la figlia. Infatti si parla esplicitamente di punizioni corporie. A donne musulmane anche è proibito di sposare uomini di fede diversa. Forse il padre voleva solo far conto a questa cosa. E se la viglia fosse stata una "donna virtuosa e devota che protegge in segreto quello che Allah le ha preservato" invece di frequentare raggazzi e avrebbe invece obbedito al padre, esso non avrebbe dovuto seguire questo ordine divino. Povero padre che viene costretto dalla figlia a picchiarla per farla trovare la retta via.

Dom, 08/21/2016 - 10:30 Collegamento permanente
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Mensch Ärgerdi… Dom, 08/21/2016 - 13:12

Interessante l'articolo; a quando un pezzo sulla non nocività del fumo di sigaretta? Eh caspita! Il cancro lo prendono anche i non fumatori e tutti in famiglia hanno almeno un nonno o zio o antico parente che ha campato fino a 90 anni con la sigaretta in bocca. E ora di finirla con i pregiudizi!

Dom, 08/21/2016 - 13:12 Collegamento permanente
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Maximi Richard Lun, 08/22/2016 - 14:06

Il fatto che il velo islamico serva a presentare la donna per le sue doti intellettuali e non per il suo aspetto fisico è una cretinata.
Tutte le ostentazioni di simboli religiosi, ad esempio il velo islamico o anche la kippah ebraica, mandano il messaggio: "io non sono come te, io sono migliore di te".
Dovrebbero vergognarsi anche tutti quelli che vanno in giro con grosse crocione d'oro appese al collo e poi certamente non si comportano da cristiani.
Salverei solo gli "abiti da lavoro". Un prete va in giro vestito da prete, un imam va in giro con il turbante in testa, un pompiere va in giro vestito da pompiere.

Lun, 08/22/2016 - 14:06 Collegamento permanente
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Martin Daniel Lun, 08/22/2016 - 14:29

Il succo pare essere quello che, come al solito, il tutto naturalmente non ha niente a che fare con l'Islam. Come i fatti di Colonia e molto altro ben più grave che qui é meglio nemmeno nominare.

Lun, 08/22/2016 - 14:29 Collegamento permanente