Società | L'intervista

Quando il papà fa sparire la mamma…

…di Wonder Girl. Erix Logan e Sara Maya, performers di fama mondiale, ci parlano del duro lavoro dell’illusionista e dell’innata voglia di illudersi.
Erix Logan e Sara Maya
Foto: Diego Mondini

Questo sabato, 21 settembre alle ore 21, si rinnova l’appuntamento annuale con il Merano Magic Festival: al Kursaal di Merano si esibiranno maghi, illusionisti e performers internazionali. Quest’anno ci sono anche Erix Logan e Sara Maya, italiani residenti in Canada, che hanno già incantato oltre 10 milioni di spettatori in giro per il mondo e sono considerati gli illusionisti più innovativi del momento. Salto.bz ha intervistato la coppia, che un anno fa ha dato il benvenuto alla piccola Isabella, occhioni neri e già le mani da prestigiatore, con le quali durante l’intervista fa sparire il cappello di papà. 

 

salto.bz: Erix Logan e Sara Maya, vi posso chiedere il nome all’anagrafe o un mago non rivela mai la sua vera identità?

Erix Logan: Certo, io all’anagrafe sono Enrico Del Buono, lei Sara Tosi e la nostra bimba Isabella Wonder Del Buono. Il suo secondo nome è Wonder perché lei è la nostra meraviglia più grande. 

Lei Erix è originario di Brescia, Lei Sara di Pietrasanta. Come vi siete conosciuti? 

Sara Maya: Io ho studiato canto lirico e ai tempi facevo la cantante nell’orchestra dello show televisivo “Passa Parola” con Jerry Scotti. Era il 2002 e ci siamo conosciuti a un casting; ma la cosa buffa è che io ho sempre sognato di fare l’assistente del mago, fin da quando vedevo il mago Alexander in tv da bambina.

Erix: Io sono convinto che nella vita niente accada per caso e vale anche per il mio incontro con Sara. La cosa è andata così: dopo tanti anni ero ritornato a fare due settimane di spettacolo con la Costa Crociere e avevo bisogno di ingaggiare un’assistente ad hoc. Nonostante tre settimane di casting, non avevo ancora trovato nessuna ragazza adeguata. Tramite un’agenzia di spettacolo ebbi il contatto di Sara. L’agenzia mi disse: “Questa ragazza è molto brava, sentila, ma può essere che non ha tempo perché lavora per la tv.” Invece la fortuna volle, che le registrazioni dello show di Sara fossero due settimane sì e due no e che lei fosse libera proprio le due settimane che servivano per la crociera. Ci tengo a sottolineare che Sara è molto più poliedrica della classica assistente del mago. Il suo personaggio scenico ha tante sfaccettature e contribuisce moltissimo allo spettacolo, quindi “assistente” non è neanche più il termine giusto. È la mia partner anche sul palco e ha un ruolo molto attivo nella drammaturgia del nostro spettacolo. Una caratteristica dei nostri show sono infatti gli interludi con le performance canore di Sara. 

 

 

Voi per lavoro girate il mondo. Com’è cambiata la quotidianità di performers ora che avete una figlia piccola?

Sara: è cambiata moltissimo la quotidianità ma abbiamo adattato anche la programmazione delle tournée. Prima eravamo molto più “d’assalto”, adesso cerchiamo di adattarci il più possibile alle sue esigenze, di „fare le persone un po’ più serie“ (ride). Una cosa bella di questo lavoro però è che ci permette di stare comunque tanto insieme, la bimba è sempre con noi con l’aiuto di una babysitter. Infatti la piccola ha già il passaporto, il visto per gli Stati Uniti ecc.. Almeno finché non deve andare a scuola Isabella potrà girare con noi, dopo vedremo. 

Domanda semi-seria: come reagisce la piccola quando papà mette mamma in una scatola e la fa sparire o infila le spade nella cassa?

Erix: Per lei il palcoscenico è un luogo familiare, ci è salita la prima volta quando aveva 20 giorni. Per ora si diverte a guardare lo spettacolo perché è ancora incosciente, è lei stessa ancora in un’età e uno stato di coscienza magico. La prima volta ci ha guardati a Riccione lo scorso gennaio: in braccio alla babysitter ha seguito tutto lo spettacolo dall’inizio alla fine, rideva e sgambettava, in particolar modo quando la mamma usciva e entrava dalla scatola. 

Siete residenti in Canada. Da quando e perché?

Erix: Io sono venuto a vivere in Canada nel 1996, prima di conoscere Sara. È stata un’occasione di vita. Dopo quattro anni di residenza in Canada hai diritto alla cittadinanza, e nel 2000 sono diventato cittadino canadese, ma ho mantenuto anche la cittadinanza italiana. Il fulcro del mio lavoro è stato il Canada, con molti sviluppi e sbocchi negli Stati Uniti, perché lì ho consolidato la mia carriera e ho fatto le mie scelte artistiche. Infatti tutte le mie attrezzature, i miei effetti magici sono stati sviluppati proprio a partire dagli anni 90 con la collaborazione dei più grandi artigiani di Los Angeles e Las Vegas specializzati in spettacoli di magia; sono gli stessi artigiani che hanno costruito le scene e le attrezzature per David Copperfield. 

Quanto è importante l’attrezzatura, la tecnologia per uno spettacolo magico? 

L’effetto magico costruito bene è uno strumento molto importante ma secondo me la cosa più importante è lo stile del mago, la presentazione che sa dare all’effetto magico. È come per un musicista, lo strumento è sicuramente importante, ma la vera differenza la fa chi lo suona. Oggi con internet anche il mondo della magia si è un po’ appiattito perché lo spettacolo è pensato soprattutto per funzionare in video. Quando il focus dell’esibizione è solo sull’effetto magico, manca la comunicazione col pubblico, non c’è un crescendo drammaturgico che va a coinvolgere le emozioni delle persone. Quando invece la cosa più importante è proprio questo: toccare dentro le persone, risvegliare la loro voglia innata di stupore. È una cosa naturale e ancestrale e per questo sia bambini sia adulti rimangono incantati da uno spettacolo magico.

Concretamente cosa vuol dire, come si fa a coinvolgere interiormente gli spettatori? 

Ogni nostra attività parte da un’idea, da un’impressione e illusione soggettiva. Dico illusione, perché l’idea che ci facciamo di una cosa non corrisponde mai esattamente alla realtà. L’uomo è però programmato ad analizzare e capire la sua illusione. Noi negli ultimi anni abbiamo lavorato molto su questo aspetto che io chiamo “disillusionismo”. Parte di questo pensiero è già presente in un numero di “reality magic” che facciamo fin dai primi anni 2000: Sara porta con sé una videocamera accesa dentro al box, così il pubblico vede in diretta lei e l’interno del box trafitto dalle spade. Tutti quelli che hanno visto uno spettacolo di magia si sono sempre chiesti: „Cosa succede là dentro nella cassa, chissà come si sta in uno spazio così angusto?“. Paradossalmente, mostrare con la videocamera l’interno del box in diretta, non rovina la magia o l’illusione, anzi, crea una magia ancora più forte. Perché a questo punto lo spettatore, che prima poteva tentare di razionalizzare, di darsi spiegazioni speculando sui meccanismi all’interno del box, ora che Sara sparisce veramente in diretta video, rimane a bocca aperta. 

Erix, come si diventa mago, quando ha deciso di diventare mago?

L’ho sempre detto fin da bambino. Quando la gente mi chiedeva “cosa vuoi fare da grande?”, ho sempre risposto „il prestigiatore“; ero molto attratto dal mondo del circo, dell’arte visuale. Io ho sempre giocato a fare il mago, il mangiatore di fuoco ecc. A 16 anni ho incontrato una compagnia di teatro di piazza e nella pausa estiva scolastica sono partito con loro per una tournée in Emilia-Romagna, dove il pomeriggio facevamo spettacoli per bambini nelle colonie estive e la sera spettacoli all’aperto nelle località della costa e dell’entroterra. 

 

 

Qual è stato il momento in cui ha capito che avrebbe potuto vivere della sua passione, che fare il mago poteva essere un vero progetto di vita?

Avevo promesso ai miei genitori - che erano un po’ preoccupati che volessi fare veramente il mago di professione - che avrei provato a studiare e fare il mago contemporaneamente. Ho mantenuto la promessa per diversi anni, poi però ho iniziato a lavorare facendo le stagioni sulle navi da crociera e lì ho capito che avrei potuto mantenermi con la professione del mago. Ricordo infatti che l’ultimo testo di giurisprudenza lo comprai a Messina, durante una sosta della nave, perché Messina ha una facoltà di giurisprudenza e quindi sapevo che avrei trovato i libri. Ho comprato il libro e avevo l’illusione (ride) di potermi preparare all’esame mentre lavoravo sulle navi. Alla fine della stagione, dopo quattro mesi, sono sceso dalla nave che quel libro non l’avevo neanche aperto ed è stato il momento in cui ho deciso che avrei fatto questo nella vita. 

La vostra specialità, le grandi illusioni, è la disciplina magica più faticosa a livello fisico. Dovete allenarvi molto, fate una preparazione atletica?

Erix: Sì, di solito si pensa che i maghi debbano allenarsi soprattutto con le mani e questo sarà anche vero per la cartomagia o per i prestigiatori. Ma per fare l’illusionista ci vuole molta forza fisica e grande agilità, bisogna allenarsi come gli agonisti. Noi ci alleniamo tre volte a settimana. 

Sara: io devo assumere posizioni difficilissime durante lo spettacolo, per esempio quando devo rimanere sospesa sopra alle lame, ci vogliono degli addominali e una tensione corporea fortissimi; per la scatola invece ci vuole la flessibilità di una contorsionista. Anche Erix, che mi deve sollevare sopra la sua testa per posizionarmi sull’attrezzatura, deve avere braccia, addominali e dorsali molto allenati. 

Erix: La differenza di qualità di uno spettacolo di illusionismo si vede anche da questo: se ci sono due assistenti che sollevano la ragazza sopra all’attrezzatura è come un cantante che a un certo punto del concerto mette il playback perché non arriva a fare i toni acuti. Più è difficile il compito, più è ardua la performance e più si riesce a stupire e incantare il pubblico. La stessa cosa vale per la flessibilità della ragazza: un conto è usare un tavolo magico o una scatola di dimensioni tali, che per l’occhio umano sembra impossibile che una persona ci sia nascosta dentro. Ma proprio quando le dimensioni sono piccolissime, quando il trucco diventa impossibile, quando quello che succede è inspiegabile razionalmente, allora si crea la magia delle grandi illusioni.  

Per quanto tempo siete in giro per spettacoli durante l’anno?

Circa una volta al mese per singoli spettacoli. Poi ci sono le grandi tournée, che sono molto più lunghe e hanno un’organizzazione logistica più complessa: bisogna richiedere i visti, preparare le attrezzature, spedire il cargo ecc.  Per esempio abbiamo fatto una tournée di un anno in Korea in cui abbiamo fatto 600 spettacoli. Un mese di prove sul posto, poi dieci mesi di repliche con due spettacoli al giorno, tutti i giorni, senza giorni di riposo. Oppure a Hanoi, in Vietnam, abbiamo fatto quattro spettacoli in una giornata, ognuno della durata di un’ora e mezza. A livello fisico e mentale è uno sforzo pazzesco, perché una performance non è un lavoro normale. È come una partita di calcio: sei concentratissimo, hai davanti 1.500-2.000 persone e anche a livello fisico dai tutto te stesso.  

Parlando dell’Asia: in un pubblico culturalmente così diverso, immagino che dovete adattare il vostro spettacolo al target audience?

Assolutamente sì, ed è molto importante. L’arte e la cultura magica nascono in Asia ma in alcuni paesi, con l’avvento dei regimi, sono stati distrutti alcuni valori e hanno un po’ perso la parte “spirituale” della magia. Quindi sono molto affascinati dalla magia, però la stanno riscoprendo come se fossero dei bambini. Hanno bisogno di effetti molto veloci, vivaci, apparizioni, fuoco, campi di luce, sorprese. Il pubblico occidentale invece è più incline a capire un effetto magico costruito su una base teatrale, con una drammaturgia. Infatti il nostro nuovo spettacolo di “disillusionismo” per adesso lo abbiamo pensato per il pubblico occidentale. Sarà un concetto molto teatrale, molto ragionato e lo stiamo sviluppando in particolare per New York, dove debutteremo l’anno prossimo.