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Web tax, pressione su Bruxelles

L’europarlamentare Dorfmann sui colossi del digitale: “Devono prestare un contributo equo al finanziamento della ripresa”. Moser (Unione): “Aziende locali sfavorite”.
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Foto: upi

Nell’era del coronavirus a macinare utili sono stati soprattutto i grandi giganti dell’online. Con le restrizioni anti-covid e solo nei mesi di chiusura forzata del commercio al dettaglio stazionario, ma non solo allora - fa notare l’Unione commercio turismo servizi Alto Adige - enormi quote di fatturato sono migrate nella loro direzione.

Ritorna dunque al centro del dibattito l’introduzione di una web tax (la tassa sulle attività digitali) internazionale; del tema hanno recentemente discusso, nell’ambito di una videoconferenza, i vertici dell’Unione-hds e della Camera di commercio di Bolzano, insieme ad Herbert Dorfmann, europarlamentare e membro del sottogruppo del Parlamento europeo per le questioni fiscali.

“La grande problematica sta nella tassazione di questi giganti online. I grandi agglomerati digitali, a tutt’oggi, grazie a ottimizzazioni fiscali e trasferimenti in paradisi fiscali, pagano importi fiscali ridicoli sui fatturati realizzati - afferma in una nota il presidente dell’hds Philipp Moser -. In questo modo le nostre aziende locali risultano fortemente sfavorite, e devono fare i conti con questo enorme svantaggio fiscale e concorrenziale verso i giganti online”.
 

A Bruxelles

 

Sostiene Dorfmann che sebbene la competenza in ambito fiscale sia dei singoli stati membri, e la Ue, in questo settore, abbia solo competenze limitate, “qui a Bruxelles il tema sta diventando sempre più importante. Anche la pandemia ha riportato alla ribalta la richiesta di maggiore equità fiscale. L’Europa si trova sottoposta a un’enorme e inedita pressione per riflettere sulla tassazione delle aziende digitali, soprattutto se vuole ridurre l’immenso indebitamento necessario alla ripartenza e generare ulteriore gettito fiscale per gli investimenti nella ricostruzione”. Anche Eurochambers, la federazione internazionale delle Camere di commercio, della quale Michl Ebner è vicepresidente, considera il tema prioritario e sta esercitando pressione su Bruxelles in tal senso.

“Le aziende online devono prestare un contributo equo al finanziamento della ripresa. In fin dei conti il pacchetto strutturale Ue da 750 miliardi di euro deve anche essere ripagato”, così Dorfmann. Per questo motivo gli stati Ue e i capi di governo, già nel luglio 2020 avevano approvato le proposte della Commissione Ue mirate a generare ulteriori fonti di gettito, tra le quali anche una digital tax.

La Commissione europea, a partire dal 2023, dovrebbe quindi riscuotere gettito tramite un’imposta digitale. A causa della limitata finestra temporale, si dovrebbe poter contare su una proposta di legge per un prelievo fiscale in ambito digitale già nel giugno 2021. Allo stesso tempo si sta discutendo in seno al G20 e all’OECD circa la ricollocazione delle norme fiscali e l’introduzione di una tassazione minima globale. Con la ricollocazione del substrato dell’imposta sugli utili agli stati sede dei mercati, in futuro i gruppi internet dovrebbero essere tassati laddove vengono realizzati i profitti. Una soluzione globale e approvata universalmente dovrebbe poter essere trovata entro l’estate 2021.

Per raggiungere questo obiettivo, la Commissione Ue sta attualmente valutando diversi scenari, per riuscire, da un lato, a portare avanti il lavoro a livello OECD e, dall’altro, ad assicurare che, indipendentemente dall’esito del confronto nell’OECD, sia reso disponibile un efficace strumento europeo. “E il momento - dice Dorfmann - sembra ormai maturo”.
 

 

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Gianguido Piani Ven, 05/21/2021 - 18:09

Si alla Web Tax, ma l'Europa dovrebbe puntare in ben altra direzione. Costruire propri siti. Le competenze ci sono, finanziamenti non sarebbero un problema, manca solo la volonta' di farlo. Dobbiamo copiare da Cina e Russia. Dov'e' una carta di credito europea? Le nostre banche dormono? Dove sono sistemi operativi alternativi a Windows? Dov'e' un social alternativo a Facebook, un sito professionale che non sia LinkedIn? E' necessario abitare a Mosca o a Pechino per non dovere dipendere da poche grandi mega aziende il cui vero knowhow non e' tecnologico, ma di spregiudicatezza giuridica e fiscale? Potrei continuare, ma il senso e' chiaro. Ah, anche la Provincia di Bolzano, nel suo piccolo, si affida a Microsoft e non cerca alternative. Vogliamo iniziare dal basso o dobbiamo aspettare che a Bruxelles qualcuno si svegli?

Ven, 05/21/2021 - 18:09 Collegamento permanente