Ambiente | Zoom #8

Ci sono specie rare anche tra i muschi

Raccontiamo il progetto BRIOCOLL del Museo delle scienze naturali dell'Alto Adige. Intervista con i ricercatori Petra Mair e Daniel Spitale.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Museo delle scienze naturali

All’inizio del 2018, il Museo delle Scienze Naturali dell’Alto Adige (a Bolzano), grazie al Fondo di ricerca dei Musei provinciali, ha avviato un progetto di ricerca per sistematizzare e analizzare i dati sulle briofite dell’Alto Adige, il progetto BRIOCOLL. Le briofite, comunemente chiamate muschi, sono piante non vascolari, ovvero non possiedono dei tessuti cavi per il trasporto delle sostanze nutritive ma assorbono acqua e nutrienti da tutta la loro superficie e sono quindi diverse dalle piante di cui abbiamo già parlato in questa rubrica lo scorso febbraio con Thomas Wilhalm - conservatore della sezione di Botanica del museo. A occuparsi del progetto BRIOCOLL, due ricercatori: Petra Mair, conservatrice della sezione di Briologia del museo e Daniel Spitale, biologo e consulente freelance. Petra Mair si è occupata principalmente di mettere in ordine la banca dati del Museo, sia per garantirne l’uniformità, sia per rendere accessibili le informazioni floristiche tramite il portale sulla distribuzione delle piante e degli animali in provincia: FloraFaunaAltoAdige; Daniel Spitale, invece, si è occupato di usare i dati per creare dei modelli ecologici, al fine di studiare la distribuzione delle briofite in Alto Adige e di cui vedremo le applicazioni.

Gli scopi del progetto sono due, dice Petra Mair: avere a disposizione molte informazioni nella banca dati digitale (e quindi aggiornare la banca dati già esistente) e avere dei campioni delle specie di briofite raccolte sul campo. La conservatrice ha immesso, valutato e corretto le informazioni sulle briofite nella banca dati. Queste informazioni provengono da diverse fonti: da ricerche sul campo, dalla bibliografia (recente e storica), da liste di specie prodotte durante escursioni di esperti di briologia e da collezioni presenti all'interno del museo e dall’estero, come l'Erbario del Museo di Storia Naturale di Vienna. Oggi, nella banca dati del museo, sono presenti circa 42.000 osservazioni, che corrispondono a più di 900 diverse specie: un numero abbastanza elevato, se si considera l’estensione della provincia. «Questa grande mole di dati non ricopre in maniera uniforme tutto il nostro territorio, e molte aree rimangono tuttora inesplorate», dice Petra Mair. «Diverse sorprese sono ancora attese nei prossimi anni» - continua - «se concentreremo i nostri sforzi nella ricerca sul campo». 

 

 

La valorizzazione della banca dati del museo non viene fatta soltanto tramite la raccolta e l'organizzazione dei dati, ma anche attraverso l’uso che se ne può fare: le applicazioni di cui si diceva prima. Da un lato, la raccolta dei dati può fornire informazioni utili sullo stato di conservazione degli habitat, dall’altro si può anche tenere traccia dei fattori che ne determinano il cambiamento e l’evoluzione. In questo contesto i dati possono essere usati per costruire dei modelli ecologici che siano in grado di testare l’importanza dei fattori ambientali, ma anche fornire indicazioni affidabili sulla probabilità di trovare le specie in una data area che si intende esplorare.

L’esplorazione è una componente essenziale del lavoro di Daniel Spitale, il quale tra il 2018 e il 2019 ha fatto, insieme a Petra Mair, dei rilievi in alcune valli dell’Alto Adige, come la Val Venosta (e in altre valli laterali) e anche sulle Dolomiti, per verificare la distribuzione delle specie di briofite in alta quota. «Abbiamo selezionato degli itinerari, in larga parte corrispondenti a dei sentieri tracciati, che salivano da circa 2200 fino ai 2900-3000 metri sul livello del mare. Ogni 100 metri di dislivello abbiamo effettuato dei rilievi di briofite, che consistevano nella raccolta di campioni e nella misurazione dei principali fattori ambientali», dice Spitale. I dati acquisiti durante i rilevamenti hanno fornito dei risultati interessanti. «Le informazioni sulla distribuzione delle specie in alta quota sono molto scarse, e sono state trovate specie molto rare le cui uniche segnalazioni risalivano anche a più di un secolo fa», dice Daniel Spitale.