Società | L'intervista

“Legge insidiosa e anacronistica”

L’avvocata del centro antiviolenza GEA di Bolzano e membro direttivo “WAVE Women against violence Europe” Marcella Pirrone sul controverso ddl Pillon e le sue pecche.
Marcella Pirrone
Foto: Marcella Pirrone

salto.bz: Avvocato Pirrone, il ddl Pillon sull'affido condiviso sta avendo ampia risonanza mediatica attirando le critiche (con tanto di petizione e manifestazione di piazza prevista per il 10 novembre) di chi sostiene che con questa legge si tornerebbe al Medioevo del diritto di famiglia. Cosa ne pensa?

Marcella Pirrone: Premetto che è un momento particolare dal punto di vista europeo, e dunque non solo italiano, in materia di legislazioni, si cerca infatti di normare tutti quei “fenomeni” che intaccano la sfera familiare tradizionale. Da tutto il discorso sulle tematiche gender alla messa in discussione dell’aborto. E il ddl Pillon, che si inserisce in questo quadro, è insidioso e manipolatore, oltre che anacronistico. 

Eppure il senatore leghista sostiene che al centro dell’iniziativa legislativa ci sia il bene dei figli.

Quale persona non vuole il bene dei figli? Il disegno di legge vuole apparire seduttivo e convincente. Il messaggio che sta passando è che finalmente questa nuova legge garantirà che i padri separati si occupino dei figli, ma sarebbe opportuno che circolassero maggiori informazioni sulla questione al di là della mistificazione ideologica. Ci sono oggettivamente alcuni punti di questa normativa non praticabili, e che sono potenziali fonti di maggiori conflittualità fra i due coniugi che intendono separarsi. 

Si fa finta che nella nostra società padri e madri siano ugualmente impegnati nella cura dei figli, ma non è così

La mediazione obbligatoria, per esempio?

Ecco. La mediazione può essere una risorsa quando due genitori non riescono a trovare un accordo utile nell’interesse dei figli e il giudice allora raccomanda questa soluzione. Ma la mediazione non può essere, per definizione, obbligatoria. Né può essere applicata nei casi di violenza domestica, ed è anzi vietata dalla Convenzione di Istanbul (valida in Italia). È molto grave l’imposizione della mediazione familiare e lo è anche per quel che riguarda contesti familiari non violenti. Separarsi è sempre una decisione ponderata e nel momento in cui questa viene presa si vuole costringere le parti a seguire un percorso che ritarda questa stessa decisione, dilata inutilmente i tempi.

Alla base c’è il tentativo di dissuadere le coppie a separarsi o divorziare?

È prima di tutto un “discorso di portafoglio”. L’alloggio familiare oggi vale oro e spesso si trasforma in un campo di battaglia dopo la separazione dei genitori. Ma chiediamoci: quanti uomini in Italia chiedono il congedo parentale per fare davvero il genitore al pari delle madri? E perché è salita del 20% la quota dei padri che non pagano il mantenimento dei figli? Si fa finta che nella nostra società padri e madri siano ugualmente impegnati nella cura dei figli, ma non è così. I modelli educativi familiari e genitoriali sono talmente vari che è assurdo imporre una gabbia legislativa a tutte le famiglie, senza distinzione alcuna, considerando identici tutti i casi. Un buon giudice deve applicare una legge che dia una cornice a delle situazioni reali, concrete, e con il ddl Pillon questa possibilità vuole essere eliminata. 

Questa legge tratta i cittadini italiani come degli incapaci

Non si sottovaluta nel quadro d’insieme anche la disparità economica in ambito professionale ancora persistente fra uomini e donne?

Ci sono anche famiglie in cui il padre vorrebbe restare a casa con i figli ma poi semplicemente si fanno i conti e si prende atto che è meglio che sia la donna a sacrificarsi perché di fatto, molto spesso, guadagna meno del partner. Questa legge tratta i cittadini italiani come degli incapaci, non riconosce la competenza genitoriale, né la maggior parte delle situazioni in cui due persone si separano senza imposizioni dall’alto.

Poniamo il caso di una donna che abbia subito violenza e che finalmente decida di separarsi, cosa cambierebbe se entrasse in vigore questa legge?

Dopo aver messo in pratica il cosiddetto piano di sicurezza per togliersi da una situazione pericolosa per sé e per i figli la donna si troverebbe a dover andare da un mediatore, per mesi verrebbe sospesa una decisione che le permetterebbe di allontanarsi, con i figli, dal suo maltrattatore che, secondo la legge, sarebbe considerato uguale a tutti gli altri padri. Senza dimenticare tutte quelle situazioni terribili in cui i figli vengono utilizzati per perpetrare ulteriori abusi, stalking, in cui si usa violenza stessa sul figlio o c'è violenza assistita. 

In caso di violenza domestica non ci può essere affido condiviso, dice Pillon. 

E quand’è che c’è violenza secondo loro? Quando il reato è passato in giudicato, che senza raccontarci frottole significa attendere 10 anni, ed è possibile aspettare tutto questo tempo per separarsi quando si vive in un contesto di violenza? Questo è l’interesse del minore che si vuole tutelare? E poi non va trascurato un altro fattore.

Quale?

Se guardiamo gli ultimi dati Istat sulla povertà in Italia fra gli indigenti al primo posto troviamo le donne sole, poi le donne con figli, e le famiglie con più di quattro figli, mentre l’uomo solo, separato, arriva molto dopo nel “ranking”. La separazione comporta un cambiamento economico per tutti, ma chi rischia davvero di cadere in povertà sono le donne con figli, nonostante ci sia attualmente una legge che prevede il mantenimento a carico dell’altro genitore. I mantenimenti sono bassissimi, sono progressivamente meno quelli che non rispettano l’impegno economico e c’è evidentemente un’impunità totale verso chi non paga. Se dunque molte coppie decidono di vivere da separati in casa è perché sanno che in caso contrario non riceverebbero il mantenimento, non riuscirebbero a sopravvivere coi figli a carico. Questa legge vuole abolire l’attuale assegno di mantenimento e questo andrà soprattutto a scapito delle donne, perché non dimentichiamoci che la maggior parte delle separazioni parte da loro in termini di percentuale. Si vuole togliere loro il diritto di gestire l’economia del nucleo familiare, perché? Per questa trovata di dividere il sostegno per capitoli di spesa, cosa che denota una volontà di controllo pazzesca. Non solo, dal punto di vista giuridico non è stato previsto nemmeno un meccanismo di eseguibilità se l’ex coniuge non paga, a differenza della legge vigente secondo cui il datore di lavoro può essere obbligato a sopperire all’inadempimento dell’ex versando la somma dovuta per il mantenimento trattenendola direttamente dalla busta paga.

Ora le donne ci penseranno due volte prima di segnalare una situazione critica o di potenziale pericolo per il figlio

Anche la cosiddetta alienazione parentale, un fenomeno che questo ddl vorrebbe contrastare, ha sapore ideologico, si insiste da più parti.

La sindrome di alienazione parentale (pas) non esiste hanno confermato fior di psicologi. Nei casi di violenza domestica, una volta che la coppia si separa, può accadere che il figlio non voglia vedere il padre per paura. Peraltro va detto che la fase in cui i due ex coniugi sono costantemente in contatto per accordarsi sulle visite coi figli sono quelle in cui avviene la maggior parte dei femminicidi. Ebbene, con la nuova legge, se il giudice decide che la denuncia fatta non è così grave, può condannare la parte che ha sollevato la questione al pagamento delle spese processuali. Ciò significa che le donne ci penseranno due volte prima di segnalare una situazione critica o di potenziale pericolo per il figlio. Torno a chiedere, è così che si vogliono tutelare i minori? Il ddl è anche incostituzionale, prevede infatti lo stop al mantenimento dei figli oltre i 25 anni che non sono economicamente indipendenti, una disparità di trattamento - e quindi in contrasto con il principio di uguaglianza della Costituzione - rispetto ai figli di “non separati” che continueranno a essere mantenuti senza limiti di età (a patto che non siano dei “fannulloni”).

In sostanza nulla di questo ddl è salvabile a suo parere?

Semplicemente non è necessario, perché abbiamo già leggi che funzionano in merito al diritto di famiglia. Se i padri vogliono dedicarsi di più ai figli non vedo perché il mezzo dovrebbe essere innescare una battaglia contro le madri.