Società | Identità culturali

Percezioni identitarie

Mangia-spaghetti o tedeschi privilegiati? I diversi modi in cui noi Sudtirolesi veniamo percepiti. Una complessa questione identitaria.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: http://www.nuovasocieta.it/identita-smarrita/

Sono sempre stata una vagabonda. Vacanze all’estero, soggiorni studio in Inghilterra e in Germania, Erasmus, tirocini e infine master all’estero. Ciò che questa vita nomade mi ha donato negli ultimi anni, oltre ai chiletti di troppo, sono innumerevoli conoscenze e amicizie straniere.

Ogni relazione è nata pressappoco allo stesso modo, con alcune frasi di ‘small talk’, volte a scambiarsi il maggior numero di informazioni possibile davanti a una birra o un bicchiere di vino. Perché sei qui, cosa studi, da dove vieni. È proprio quest’ultima domanda a suscitare in me una leggera esitazione ogni qualvolta mi venga posta. A un primo impatto sembra facile: sono nata in Italia, quindi sono italiana.

Le reazioni dei nuovi amici internazionali passano dall’estasi di chi conosce l’Italia per il suo mare e le sue località turistiche, alla tristezza di chi paragona la parola Italia all’immortale figura di Berlusconi o, forse peggio, alla mafia. C’è poi chi si sbizzarrisce parlando di pizza o definendoci ‘mangia-spaghetti’ e chi si esibisce in una patetica imitazione del tipico ‘gesticolare’ italiano. Per non parlare poi della barzelletta che rappresentiamo a livello politico noi italiani. E dell’indicibile frustrazione patita quando ti rendi conto che il tuo Paese è associato solamente a scandali politici, governi e ministri poco lodevoli, inefficienza e disoccupazione.

Diverso è però il confronto con altri italiani all’estero. Veri italiani. Dico veri, perché a parere di tutti gli italiani da me incontrati all’estero, noi altoatesini non siamo VERI italiani. Siamo mezzi tedeschi. Siamo privilegiati. Siamo ricchi. Viviamo in cima ai monti. Insomma, siamo tutto fuorché veri italiani. Si accorgono che parlo tedesco, che non gesticolo, che parte della mia famiglia è di madrelingua tedesca, che ho un fratello biondo e dagli occhi azzurri, che vado al mare solo una volta all’anno. Stupiti di questa mia diversità fanno presto a relegarmi in una concezione identitaria diversa dalla loro. Non lo fanno con disprezzo, ma con sorprendente naturalezza, senza alcuna esitazione.

E allora mi chiedo: Ma io, mi sento italiana? Di quale identità mi sento parte?

Mi torna in mente un libro letto da poco, scritto da una conterranea e mio idolo giornalistico, Lilli Gruber. In uno dei suoi ultimi romanzi, Eredità, considera la complicata questione identitaria altoatesina. Con una soluzione semplice e concisa si dichiara cittadina europea, soluzione da me condivisa appieno. Essere cittadina europea porta con sé un significato che va oltre la mera affiliazione a un singolo Paese, a una lingua parlata, a un insieme di tradizioni. L’identità europea si traduce in un’idea di libertà, di modernità e di globalizzazione che nessun’altra identità può garantire. Va infatti al di là dello Stato, supera confini, diversità linguistiche e culturali.

D’altro canto, non sono pronta a definirmi soltanto europea, a eludere ciò che mi contraddistingue da altri europei e persino da altri italiani. In fondo, ho anche un’altra identità: sono südtirolese. E in quanto tale rappresento la combinazione tra due culture, quella mediterranea e quella tirolese. Parlo bene il tedesco, ma sono mora e ho la pelle dorata. Adoro la pizza, ma sono ghiotta di Knödel. Amo il mare e la montagna in modo diverso ma ugualmente intenso e travolgente.

In Alto Adige/Südtirol tutto ha un punto di vista italiano e uno tedesco. Persino le città hanno due nomi, uno italiano e uno tedesco. La nostra storia è complessa e intrigante. È la storia di un territorio ampiamente combattuto, scivolato di mano in mano, a seconda delle potenze vittoriose dell’epoca. Prima austro-ungarico, poi italianizzato. I suoi abitanti costretti a scegliere tra la cittadinanza italiana e quella tedesca in occasione delle Opzioni. E ancora oggi obbligati a dichiararsi appartenenti a uno dei tre gruppi linguistici presenti sul territorio.

Insomma, essere altoatesini non è certo privo di complicazioni. È una continua alternanza e un continuo confronto. Ma in fondo, cos’altro è l’identità se non un confronto con sé stessi e con gli altri rispetto a ciò che ci contraddistingue e ciò che amiamo? E allora non ho più dubbi. Rispondo fiera alla domanda che mi viene posta: di dove sei? Sono sudtirolese. E orgogliosa di esserlo.