Cultura | Poesia

Voce del verbo: essere umani

Da non credente penso che dovremmo vedere il corpo di Gesù crocifisso, con gli occhi del presente, nei molti, troppi corpi che esso rappresenta.
dapunt anvidalfarei
Foto: Quelle: Schloss Tirol

* Alcuni anni fa in Svizzera mi è stato chiesto di leggere uno tra i trenta articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Ho scelto la lettura in italiano dell’Articolo 25. Dichiara il diritto dell’uomo e della donna ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia. Dichiara inoltre che ognuno ha il diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, di malattia, di invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà. E così i bambini, dovranno godere della stessa protezione sociale.

 

Ho letto con gioia sentendomi onorata di poterlo fare, poiché questo Articolo riassume tutti gli altri articoli, nel segno della dignità integrale della persona. Come tale, esso non è soltanto credibile, ma ci obbliga a renderlo “azione”. Agire, operare dentro alla cornice di una prospettiva vitale, che va oltre alla sopravvivenza di persone e popoli. Esso ci parla infatti di un tenore di vita che produca e alimenti il benessere integrale della persona fatta di anima e corpo, di spirito e materia.

Cerco di mettere a fuoco un verbo, che in grammatica non esiste, esiste bensì nella condizione sociale, dentro alla quale mi muovo, ci muoviamo

Tuttavia l’esperienza che facciamo ogni giorno è l’inabilità all’uguaglianza. La capacità di essere cittadini del mondo è una disciplina che non abbiamo imparato. La conferma di ciò, ci guarda negli occhi continuamente, ci succede tutto intorno e per tanto inevitabilmente nell’animo.

Nella priorità di ciò che consiste il mio operato letterario, cerco di mettere a fuoco un verbo, che in grammatica non esiste, esiste bensì nella condizione sociale, dentro alla quale mi muovo, ci muoviamo. Ebbene, nella realtà della società, agli occhi del poeta, esiste la voce del verbo: essere umano.

Poiché “essere” è il verbo primo, in esso la facoltà sensoriale e spirituale dell’esistenza. Essere è la parola più necessaria a qualunque nostra espressione. Differisce da ogni altro verbo, perché il suo uso è assoluto e conferma, mantiene saldo il valore indiscutibile, che qualunque soggetto è innanzitutto esistente. Uso il verbo essere? Esprimo l’esistenza, l’essenza in sé, l’atto puro, senza ulteriore determinazione.

Che sia questo solo un proponimento umanistico? Detto oggi, in questo tempo drammatico, sembra di sì, sembra infatti la formulazione di un assetto politico, sociale e religioso che non troverà riscontro nella realtà. Eppure nel comportamento dell’essere umano attraverso i tempi, rimane facoltà suprema, qualità della mente e dell’animo rivolta al bene.

Che l’espressione di questa facoltà sia scritta in poesia, composta in musica, formata in una scultura o dipinta su tela, fissata in una fotografia o portata su uno schermo, non fa differenza. Poiché è l’insieme della cultura la maggiore qualità della mente. Se questa qualità ha la possibilità di esprimersi, di rivelarsi, non può che finire nella sede dell’animo, che è per sua natura portatore del pensiero e della memoria.

Ora, io da una che frequenta i versi per esprimersi, uso la parola e dico: essere umano. Ma cosa succede quando è la scultura a dire: essere umano. Ebbene, succede una forma, inizia così la scultura, necessita di un’espansione, un aumento di volume che può verificarsi in varie condizioni.

 

Lois nel suo operato, converge l’espressione nel corpo dell’essere umano. Lo fa da quando era bambino e guardava il corpo di un uomo inchiodato ad una croce nella Stube della sua casa. Per lui è stata questa la prima immagine di un corpo scolpito, rivolto allo sguardo di chi gli stava di fronte. Nacque lì l’esercizio della facoltà di guardare e osservare, da lì il corpo in tutte le sue dimensioni tra il bene e il male, tra il bello e il brutto.

Eppure rimane un corpo traviato, torturato e crocifisso. È un corpo che rappresenta molti, troppi corpi, ogni giorno della storia e senza sospensione

E seppure nella concezione di un valore alto e supremo, così difficile e sofferto nella sua accettazione, nel suo accoglimento. Guardare la scultura, accoglierla e provare a capire che lei è ciò che sei tu, tu e la società intorno, poiché il primo valore di un’opera implica una dimensione etica, sociale, politica e filosofica.

E in questa opportunità del guardare e osservare se stessi, la constatazione purtroppo che quel corpo nudo e inchiodato ad una croce sembra poter essere plasmato solamente in un’effigie idealizzata, quasi fosse un’immagine di perfezione ideale. Eppure rimane un corpo traviato, torturato e crocifisso. È un corpo che rappresenta molti, troppi corpi, ogni giorno della storia e senza sospensione. Credo di poter dire anche da non credente, che dovremmo saper vedere e riuscire a guardare quel corpo con gli occhi del nostro presente, riuscire a raccontarlo qui e ora, e dare fidanza al tempo presente, al potenziale della contemporaneità e accogliere ciò che il “qui e ora” sa e riesce ad esprimere. Dare fidanza, splendido, antico termine per dire: io ti do ferma speranza, credo in ciò che fai.

Ebbene, questo è un po’ il riassunto dei valori che Lois ed io proviamo a comunicare attraverso l’arte e la letteratura. E ringraziamo per questo premio che ci viene conferito.  È un premio che ci onora. Ma soprattutto, al di là della nostra gratificazione, crediamo che questo riconoscimento vuole considerare l’importanza e il valore fondamentale della cultura. Senza di essa saremmo persi.

Grazie dunque. Danke. Giulan.

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Karl Trojer Lun, 05/23/2022 - 09:53

Noch nie haben mich Skulpturen so tief berührt, wie jene , die Lois Anverdelfarei im Lanserhaus in Eppan ausgestellt hat. Sie drücken all die Schwere menschlichen Leids aus und bleiben dabei voller Würde und Demut. Dem Lois großen Dank für soviel authentischer Menschlichkeit !

Lun, 05/23/2022 - 09:53 Collegamento permanente