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Viaggio a Lampedusa

13 ragazzi altoatesini hanno fatto tappa sull'isola siciliana per approfondire il tema del fenomeno migratorio. Ecco il racconto del loro primo giorno.
Giovani
Foto: Samira Mosca

Questo diario nasce dall’esperienza vissuta da un gruppo di 13 ragazzi e ragazze che, su iniziativa del Centro Giovani Villa delle Rose di Bolzano, hanno intrapreso un viaggio a Lampedusa. L’esperienza fa parte di un lungo percorso iniziato lo scorso febbraio che ha dato la possibilità ai giovani partecipanti di approfondire le tematiche dei diritti umani e dell’accoglienza. Per una settimana il gruppo incontrerà autorità politiche, volontari, operatori sociali e cittadini dell’isola, simbolo dell’accoglienza e delle criticità legate al fenomeno migratorio. Ogni giorno i ragazzi riporteranno, attraverso racconti e fotografie, le loro impressioni ed esperienze vissute a Lampedusa.

 

Il capitano dell’aereo comunica all’altoparlante che siamo pronti per partire: destinazione Lampedusa. Ci aspetta una settimana sull’isola più a Sud d’Europa che, per la sua posizione geografica, è stata storicamente porto franco e luogo d’incontro per navigatori provenienti da culture e continenti differenti. Dai finestrini dall’aereo vediamo in lontananza l’isola dai colori caldi in netto contrasto con il blu del Mediterraneo. La vegetazione è quasi completamente assente, primeggiano il giallo e il marrone. Nonostante l’isola si presenti brulla e priva di flora, le persone sono tutt’altro che aride: ci attendono all’aeroporto con allegria, per noi strette di mano calorose e sorrisi sinceri.

 

 

Dare una mano non è niente di straordinario. È una cosa che dovrebbe essere istintiva. La cosa straordinaria di Lampedusa è che non ha perso la sua umanità

 

Appena arrivati sull’isola ci dirigiamo presso la sede del’Archivio Storico dove ci attende Antonio Taranto, detto Nino, fondatore e presidente dell’associazione. Ci racconta la storia di Lampedusa, caratterizzata da continue colonizzazioni e teatro di naufragi da quando se ne ha memoria. Nino ci racconta che il nome Lampedusa, dagli arabi chiamata Lampaduza, deriva dalla radice greca “lamp” che indica la presenza di luce. Per questo si attribuisce a Lampedusa il significato di luminosa. Molto probabilmente fa riferimento ai fuochi che durante la notte venivano accesi per evitare che i marinai si incagliassero sulle coste dell’isola.

 

 

Nino racconta: “Ancor prima dell’impero romano, l’isola ha nel proprio DNA l’accoglienza e la convivenza pacifica”. Ci elenca innumerevoli vicende che testimoniano questa propensione, come ad esempio il Santuario della Madonna di Porto Salvo, luogo sacro condiviso da cristiani e musulmani, che seppur nemici nelle loro terre di appartenenza, sull’isola vivevano nel rispetto reciproco. Inoltre, in antichità, chi sostava nei pressi del Santuario lasciava attrezzatura per la pesca, vestiario e viveri per eventuali naufraghi, di qualsiasi religione e cultura, che sarebbero potuti approdare sull’isola.

Dopo un excursus storico e politico, Nino ci confessa che spesso i media enfatizzano le gesta eroiche dei lampedusani. Ma per Nino non c’è nulla al di fuori dell’ordinario nell’aiutare il prossimo. “Dare una mano non è niente di straordinario. È una cosa che dovrebbe essere istintiva. La cosa straordinaria di Lampedusa è che non ha perso la sua umanità”.

 
 

 

di Patrick Saltori e Veronica Tonidandel 

Centro Giovani Villa delle Rose