Società | Il progetto

Un detective per le fake news

askPinocchio: come stanare le bufale in poche semplici mosse grazie all'intelligenza artificiale. Il ricercatore Moret: “Alta attendibilità, un aiuto per i fact checker”.
Pinocchio
Foto: Disney

Gli internauti lo sanno bene. Districarsi nella giungla delle fake news sul web, fra titoli sensazionalistici e foto ambigue corredate da tesi complottistiche - spesso per lucrare un dividendo in termini di clic - è diventato un laborioso esercizio quotidiano. Data la portata del fenomeno che affligge di fatto la nostra contemporaneità, per stanare le bufale che si propagano a folle velocità in rete e in particolare sui social network, è scesa in campo anche l’intelligenza artificiale. Una “contromossa” elaborata da Eugenio Tacchini e Marco Della Vedova (Università Cattolica), Stefano Moret (Politecnico di Losanna), Gabriele Ballarin, Luca de Alfaro (University of California) e Massimo Di Pierro (De Paul University, Chicago), un gruppo di ricercatori italiani che lo scorso 28 giugno ha lanciato askPinocchio, un software, dal nome ispirato al celebre burattino di Collodi, che utilizza algoritmi innovativi per riconoscere le fake news. 

 

 

salto.bz: Moret, ci illustra la genesi della vostra idea?

Stefano Moret: Siamo in sei fra ricercatori e professori universitari, quasi tutti informatici (io mi occupo nello specifico di ricerca in ambito energetico e insegno al politecnico di Losanna), e ci unisce una passione per il fenomeno delle fake news. Dato che lavoriamo con algoritmi di intelligenza artificiale in diversi settori ci siamo messi a tavolino per capire se questa intelligenza artificiale potesse essere usata anche nell’ambito delle notizie false e così è nato askPinocchio, progetto che stiamo portando avanti da due anni.

È così semplice scovare una bufala?

Basta collegarsi al sito e incollare il link della news o di un post Facebook di cui si vuole verificare l’attendibilità sulla barra dell’URL. Applichiamo algoritmi di machine learning, che permettono ai computer di imparare dall’esperienza. In altre parole: io do in pasto all’algoritmo delle notizie vere e delle fake news e questo, attraverso varie analisi, riuscirà nel tempo, “fagocitando” sempre nuove news, a caratterizzarne determinati aspetti per stabilire se sono vere o false. In pratica l’algoritmo sviluppa una specie di capacità predittiva, fornisce un certo output di probabilità sulle nuove news che gli vengono sottoposte. 

L’algoritmo di askPinocchio sviluppa una specie di capacità predittiva, fornisce un certo output di probabilità sulle nuove news che gli vengono sottoposte

E che tipo di analisi, basate sull’intelligenza artificiale, conducete?

In primis valutiamo come la news si diffonde sui social network. Il primo articolo scientifico che abbiamo pubblicato nel 2017 era basato sull’ipotesi secondo cui una notizia vera e una fake news si diffondano sui social network in modo differente, ad esempio valutando se gli user che condividono o ritwittano la notizia sono sostanzialmente diversi. L’altra analisi è invece basata sul contenuto e sullo stile della news.

Qual è l’attendibilità del risultato relativamente al riconoscimento delle fake news?

Nel primo studio che abbiamo realizzato basandoci su un insieme di dati scientifici riuscivamo a individuare delle fake news con una accuracy sorprendente, superiore al 99%. Per farlo abbiamo utilizzato un dataset di fake news disponibili in letteratura e testato i nostri algoritmi su questo specifico dataset. Poi abbiamo fatto un altro tipo di test, molto più difficile, fornendo all’algoritmo delle news provenienti da fonti e siti che non aveva mai analizzato prima e in questo caso ci siamo basati da una parte su delle notizie provenienti da quotidiani e dall’altra su delle fake news già identificate da bufale.net, sito con cui abbiamo una collaborazione. La accuracy degli algoritmi stavolta è stata dell’82%. 4 news su 5. Peraltro sul sito è presente l’opzione “verifica” e “segnala” proprio perché, visto che gli algoritmi imparano dall’esperienza, ci servono anche dei feedback rispetto a possibili errori o malfunzionamenti del caso, in modo da poterli usare, i feedback, per allenare nuovamente gli algoritmi.

 

 

Qual è stato il riscontro da parte degli utenti?

Nell’arco di pochi giorni, dopo aver messo online il sito, ci sono state varie migliaia di link condivisi e ora stiamo valutando in che modo sviluppare ulteriormente in futuro questo progetto, di cui vediamo il grande potenziale.

Cosa avete in mente? 

Diciamo che il nodo sostanziale è capire la forma di finanziamento più adeguata da mettere in campo. Vorremmo cercare di mantenere il sistema più pubblico possibile, e quindi pensiamo a soluzioni come i bandi pubblici. L’obiettivo è potenziare e migliorare questa piattaforma e mantenerla gratuita. Non c’è alcuna forma di finanziamento esterno, non abbiamo pubblicità, si tratta di un progetto a cui finora abbiamo dedicato il nostro tempo libero, autofinanziato e senza scopo di lucro, perché non vogliamo certo guadagnare sulle informazioni.

Va da sé che la quantità di notizie che circola sul web è enorme ed è impossibile poterle verificare tutte...

Fare attività di debunking è un lavoro a tempo pieno. È vero, non si riesce manualmente a star dietro a questo fenomeno e noi non vogliamo certo sostituirci al lavoro di un giornalista o di un fact checker che va ad analizzare nel dettaglio la news, però pensiamo che questo tipo di algoritmi possa dare una mano per fare uno screening iniziale. In futuro forse anche l’intelligenza artificiale arriverà a livelli tali da poter sostituire addirittura l’essere umano in determinate azioni. Come detto al momento il nostro progetto è semplicemente un ausilio al lavoro del fact checker che resta comunque molto prezioso.

 

 

Oltre al conclamato business delle fake news c’è anche da considerare che sono spesso gli stessi media ad alimentare il fenomeno di diffusione delle notizie false.

Ci sono degli attori all’interno dei social network e del web che intenzionalmente propagano fake news per ottenere clic e guadagnarci. E poi c’è tutta una categoria di giornalisti che lavora in buona fede ma a cui capita involontariamente di diffondere fake news. Vede, in ambito scientifico lavoriamo su notizie manifestamente false e molto spesso prodotte intenzionalmente come false, occorre tuttavia fare attenzione a come si usa il termine fake news perché è facile sconfinare nel dominio delle opinioni accedendo a delle zone grigie. E in queste zone naturalmente i nostri algoritmi non vogliono entrare. Il punto non è fare un ranking delle opinioni ma attenersi a quelli che sono definibili come dati e fatti.

Dal punto di vista normativo il rischio è che agendo in questo ambito si possa limitare la libertà di espressione e opinione, si tratta di un terreno minato

Crede che sia necessaria una base normativa ad hoc per arginare il fenomeno delle fake news?

Posso dire che abbiamo già avuto un incontro con alcuni membri della Commissione europea che si occupano del tema delle fake news. Nei prossimi mesi ci saranno investimenti importanti da parte dell’Unione Europea su questo tema. Credo che dal punto di vista normativo il rischio è che agendo in questo ambito si possa limitare la libertà di espressione e opinione, si tratta di un terreno minato e il ruolo del legislatore, e della politica, è molto complicato e delicato. 

Le bufale più strampalate in cui vi è capitato di imbattervi?

Ce ne sono tante, ma quelle sulle scie chimiche e sulle teorie della terra piatta sono decisamente le mie preferite.