Politica | L'intervista

“I cittadini vanno trattati da adulti”

Mirco Tonin, prof. di Economia comportamentale all’unibz, sul confusionismo politico ai tempi della seconda ondata di Covid, il potere arbitrario e la logica paternalista
Mirco Tonin
Foto: unibz

Macchine social, “infodemia”, disinformazione da immunizzare, annunci a reti unificate, una catena di dpcm in risposta all’incremento dei contagi su tutto il territorio italiano. Nella cornice comunicativa della mutevole fase pandemica il minimo che si rischia è una grande confusione. Quando invece bisognerebbe spiegare “in maniera chiara qual è la situazione attuale, il motivo per cui si introducono certe misure e non se ne introducono invece altre, quali sono i piani in caso di peggioramento della situazione epidemiologica” afferma Mirco Tonin, docente di Economia Comportamentale e Politica Economica alla Libera Università di Bolzano, nonché co-autore dello studio “Compliance with COVID-19 social-distancing measures in Italy: the role of expectations and duration”, mirato a comprendere le aspettative delle persone rispetto a quanto dureranno le regole di auto-isolamento.

 

salto.bz: Professor Tonin, partiamo proprio dalla gestione delle misure di contrasto al Covid-19. Due dpcm a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, la prospettiva di nuove strette, e l’impressione generale è che si stia inseguendo il virus facendo scelte di severità crescente in base alle pressioni ricevute dai vari interlocutori. Che ne pensa?
 
Mirco Tonin: L’impressione spesso è che si navighi a vista. Mentre questo era tutto sommato comprensibile a marzo, non lo è più adesso, quando siamo in possesso di conoscenze più approfondite sulle modalità di diffusione del virus e avendo avuto i mesi estivi a disposizione per predisporre delle misure di contenimento.

A proposito di misure anti-contagio, da cosa dipende la loro efficacia? Certo non solo dal comportamento individuale…
 
Il comportamento individuale è certamente fondamentale, ma il successo nel limitare la diffusione del virus dipende molto dalle politiche che vengono messe in atto. Avere la capacità di effettuare un numero elevato di test in maniera molto rapida sarebbe essenziale per contenere la pandemia. Lo stesso dicasi per un sistema efficace di tracciamento dei contatti. Non bisogna poi dimenticare che comportamento individuale e politiche pubbliche interagiscono. Un cittadino si responsabilizza maggiormente se viene messo nelle condizioni di farlo in maniera accettabile, ad esempio senza dover aspettare giorni per un tampone. Se l’impressione è che le autorità non abbiano sotto controllo la situazione e agiscano in maniera incerta, è più difficile fare appello al senso di responsabilità individuale.  

Un cittadino si responsabilizza maggiormente se viene messo nelle condizioni di farlo in maniera accettabile, ad esempio senza dover aspettare giorni per un tampone

 Ma perché questa avversità, da parte di una quota di popolazione, al rispetto delle regole?
 
A parte fenomeni patologici come il negazionismo riguardo alla pericolosità del Covid-19, esiste un problema reale di atteggiamento di chi fa le regole. I cittadini andrebbero trattati da adulti, spiegando in maniera chiara qual è la situazione attuale, il motivo per cui si introducono certe misure e non se ne introducono invece altre, quali sono i piani in caso di peggioramento della situazione epidemiologica. Al contrario, l’atteggiamento attuale è paternalistico, per cui si calano annunci dall’alto su provvedimenti di cui spesso sfugge la ratio e ci si riserva di modificarli al bisogno. Questo dà l’impressione di essere soggetti ad un potere arbitrario, cosa che non favorisce il rispetto consapevole delle regole. Ovviamente non è sempre facile per i decisori politici spiegare e documentare le proprie scelte, soprattutto in un momento come questo, ma è uno sforzo che andrebbe fatto in quanto se ne guadagna in credibilità e reputazione.
 
Spostando l’attenzione sul territorio altoatesino, quando la Provincia decide di non recepire un dpcm per poi fare marcia indietro nel giro di un paio di giorni, non rischia di creare stonature nella comunicazione e quindi di innescare reazioni e comportamenti controproducenti?
 
Questo tipo di scelte andrebbero giustificate in maniera approfondita, altrimenti possono effettivamente generare confusione.

L’atteggiamento attuale è paternalistico, per cui si calano annunci dall’alto su provvedimenti di cui spesso sfugge la ratio e ci si riserva di modificarli al bisogno

Ancora sulla comunicazione: oggi alla pandemia si associa una “infodemia”, ma che conseguenze ha questa diffusione di ingenti quantità di informazioni (non tutte peraltro accertabili) sulla regia dell’emergenza?
 
La qualità dell’informazione è essenziale. Esistono vari studi sugli Stati Uniti, ma anche sul Brasile, che mostrano come l’esposizione a informazioni distorte (nel caso degli USA, a Fox News) induce a tenere comportamenti pericolosi, con conseguenze potenzialmente drammatiche. Ne ho scritto di recente in questo articolo.
 
E per quel che riguarda la situazione in Italia?

In un paper che ho appena finito mostriamo come durante la prima ondata della pandemia ci sia stato un aumento significativo dello share per i telegiornali nazionali e, in misura proporzionalmente ancora maggiore, per quelli regionali, legato non alla situazione epidemiologica locale, ma a quella nazionale.

Cosa indica questo?

Una forte domanda di informazione da parte della cittadinanza, in questo caso fortunatamente verso organi di informazione tutto sommato di qualità.

Un prolungamento ulteriore della crisi e la creazione di fasce di popolazione in gravi difficoltà può creare forte instabilità politica e, potenzialmente, anche il consenso per derive autoritarie

È d’accordo con chi dice che la crisi legata al Covid-19 aumenta il rischio di autoritarismo in Europa?
 
A mio avviso dipende molto dalla gravità e dalla gestione delle conseguenze economiche della crisi. Un prolungamento ulteriore della crisi e la creazione di fasce di popolazione in gravi difficoltà può creare forte instabilità politica e, potenzialmente, anche il consenso per derive autoritarie. Per evitare questo rischio, è fondamentale una gestione attenta delle risorse disponibili, senza interventi mirati ad ottenere consenso di breve termine o cedimenti a gruppi di pressione. Vorrei sottolineare poi un’altra cosa.

Quale?

Ritengo che non esista una contrapposizione tra esigenze sanitarie ed esigenze economiche. Senza una soluzione della condizione sanitaria, non ci si può aspettare nessuna ripresa economica. È però importante che le restrizioni che vengono attuate siano mirate e proporzionate, in modo da evitare devastazioni economiche.
 
Come pensa che cambieranno le nostre vite dopo questa cupa esperienza, visto che, fra memoria corta ed empatia di rapido consumo, la pandemia non è sembrata finora una “occasione per ripensare tutto”, come si dottoreggiava durante i mesi del lockdown?
 
Ripensare tutto mi sembra francamente difficile, forse, adattando la frase di Tomasi di Lampedusa, si potrebbe dire “ripensare tutto per non ripensare niente”. Alcuni sviluppi con conseguenze potenzialmente importanti nel lungo termine ci sono già stati, ad esempio in ambito europeo, grazie al venir meno di reticenze che forse non sarebbe stato possibile senza la crisi. Altre cose possono cambiare, ma penso sia necessario focalizzarsi su pochi aspetti importanti, senza illudersi che “niente sarà più come prima”.