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Generazione Yerevan, il riscatto armeno

L'ex repubblica sovietica guarda al modello Alto Adige per risolvere il conflitto del Nagorno Karabakh fra Armenia e Azerbaigian. E intanto l'economia inizia a galoppare.
Strada
Foto: Levon Vardanyan on Unsplash

In provincia di Bolzano gli armeni residenti sono pochissimi: una sessantina, su oltre 50.000 cittadini stranieri residenti (dati ISTAT aggiornati al 1 gennaio 2019). Ma la nostra regione dalla popolazione bilingue e dalla storia tormentata è stata qualche anno fa invocata dal dirigente del ministero degli Esteri azero Hikmat Hajiyev come modello per la zona del Nagorno Karabakh. Al centro di un conflitto militare sin dal 1988, la regione dell’Azerbaigian a maggioranza armena venne occupata dalle truppe di Yerevan subito dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica (1991) nella guerra del 1992-94. Proprio la persistenza di questo conflitto al confine è una delle ragioni per cui nell’ex repubblica sovietica esiste ancora la coscrizione obbligatoria.

Per i giovani armeni il servizio militare obbligatorio inizia a 18 anni e ne dura 2. Sin dall'età di 15 anni viene loro insegnato come armare e disarmare un kalashnikov

Insieme a Georgia, Bielorussia, Repubblica di Moldova, Ucraina e Azerbaigian, l’Armenia è uno dei Paesi extraeuropei che più stanno attivando partnership commerciali e accordi economici con Bruxelles. Anche per questo Cafèbabel - il portale europeo d’informazione che racconta l’Unione “in real life” - ha attivato a dicembre un portale dedicato alla “Generazione Yerevan”. Uno dei primi reportage pubblicati racconta l’esperienza di un giovane soldato armeno impegnato sul fronte del Nagorno Karabakh. Addestrati fisicamente, educati a come armare e disarmare un kalashnikov e indottrinati sulla storia militare del loro Paese sin dall'età di 15 anni, quando ne compiono 18 i giovani armeni iniziano 2 anni di leva obbligatoria. Per evitare ciò l'altro giovane intervistato, Achot, ha lasciato il suo Paese rifugiandosi in Francia dove è rimasto per 6 anni prima di poter tornare legalmente in Armenia grazie al pagamento di una multa, possibilità introdotta con una riforma nel 2018.

Il genocidio armeno costato la vita a 1,5 milioni di persone ha lasciato oggi lo spazio a una rinascita fatta di startup e investimenti nell'hi-tech

 

Stretta fra Turchia a ovest, Georgia a nord, Azerbaigian a est e Iran a sud, l’Armenia si conosce soprattutto per il genocidio perpetrato all’inizio del Novecento da parte del governo dei “Giovani Turchi” dell’Impero Ottomano, che costò la vita a 1,5 milioni di armeni e provocò la cosiddetta diaspora armena. In Italia la più conosciuta, forse, tra i figli illustri della diaspora è la scrittrice e accademica Antonia Arslan, nota al grande pubblico al più tardi nel 2007 quando i fratelli Taviani hanno portato sul grande schermo il suo primo romanzo “La masseria delle allodole” (Rizzoli, 2004). Ma l’Armenia sta conoscendo negli ultimi anni una metamorfosi che la sta trasformando in un Paese in corsa verso la modernità. Lo scorso ottobre ha ospitato entrambe le edizioni 2019 del Global Innovation Forum e del World Congress of Information Technology, settore sul quale il governo di Yerevan punta dal 2000 quando l’ha dichiarato prioritario per lo sviluppo della propria economia. Il piano organico di azioni mirate a questo scopo (riforme legali, cooperazioni con la Banca Mondiale, l’USAID, fondazioni, università e imprese private) sembra ora dare i primi frutti.

Con oltre 500 milioni di download, nel 2015 l'app PicsArt è stata incoronata da Forbes fra le 5 startup più innovative del pianeta. Intanto Google, Cisco e Microsoft hanno aperto una sede in Armenia

Secondo i dati della Banca Mondiale riportati da Cafèbabel, l’Armenia è il primo Stato del Caucaso per esportazioni dei prodotti manifatturieri dell’hi-tech. Un boom ha fatto registrare anche il numero di startup del settore ICT, pari al 344% fra il 2010 e il 2017 con un incremento in termini assoluti da 181 a 800. Il tasso di crescita delle startup attualmente registrato, pari al 23%, è fra quelli più elevati fra le economie nazionali dell’intero pianeta. Una di queste in particolare, PicsArt, nel 2015 è stata collocata da Forbes al quinto posto della classifica delle startup più interessanti del pianeta, dietro alle prime quattro tutte localizzate negli USA, con 500 milioni di download. Non tutto è roseo, certo. In Armenia la disoccupazione si attesta al 17,7% contro una media europea del 7,5%, e anche sulle diseguaglianze ancora non ci siamo. Il Gini Index europeo - introdotto dallo statistico italiano Corrado Gini come misura della diseguaglianza di una distribuzione – nel 2016 ammontava a 30,6, mentre in Armenia questo valore è costantemente aumentato dal 2011 in poi attestandosi oggi a quota 32,8. La diffusione del settore hi-tech e la modernizzazione dell’economia, accanto a misure per democratizzare il Paese, promettono però di ridurre le sperequazioni. Dagli anni 2000 gli sgravi governativi hanno convinto molte multinazionali dell’IT come Cisco, Microsoft, Oracle e Synopsys ad aprire una sede in Armenia, offrendo una valida alternativa all’espatrio per i giovani in un Paese dove negli ultimi 30 anni il saldo migratorio è stato costantemente negativo, con una emigrazione stabilmente superiore all’immigrazione.