Società | La ricorrenza

Un giorno fuori dal tempo

Il 25 Luglio corrisponde al 365° giorno dell'anno nel Calendario delle 13 Lune dei Maya. Un giorno per donare senza aspettarci nulla in cambio.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Paesaggio
Foto: upi

I Maya, con il loro calendario delle 13 Lune, dividevano l'anno solare in 13 mesi di 28 giorni ciascuno e quindi in 52 settimane perfette, per un totale di 364 giorni. Ne rimaneva uno, il 365° giorno. Eccolo il Giorno Fuori dal Tempo che in corrispondenza con il nostro calendario cade Il 25 luglio. Per la civiltà Maya il giorno fuori dal tempo è un giorno di completamento e perdono, di celebrazione della vita e dell'esistenza. Abbiamo già scritto del perdono, e allora cos’è questo perdono? L’uomo, a differenza di tutte le altre creature, non è consapevole della straordinarietà del dono che ha ricevuto. Non riconoscendolo fa peccato mortale, si fa quindi mortale. L’uomo è un animale strano: è l’unico a non accogliere naturalmente il manifestarsi di Dio. Tutte le altre creature lo fanno, perché Dio si loda manifestandosi in loro. Solo noi impediamo di accogliere il dono di essere a immagine di chi ci ha creato. Non uguali, ma simili. Solo noi esseri umani non abbiamo la capacità di pensare che “la radice di ogni peccato è la mancanza di accoglimento”, come diceva una volta un poeta russo. Accogliere è fondamentale e si può solo accogliere se prima ci si svuota. Svuotarsi per ricevere. Solo così potremo donare. Nella nostra forma mentis, però, è il do ut des il presupposto dominante: doniamo se riceviamo. Eppure dare è divino: ma quante volte il dare è condizionato dalla aspettativa di ricevere? 

“Se non mi ringrazi se ingrato, in-grato. Non mi rendi grazia”. Eccolo ancora lo schema radicato in noi: se sono pieno non avrò spazio e sarò legato al contro-dono, imprigionato in un modello statico in cui il mio dare è condizionato e di conseguenza non sarò libero. Non sarò un uomo libero. Qualcuno potrebbe obiettare: cosa dono se, svuotato, sono vuoto? Una risposta c’è: dono me stesso, cioè per-dono. Colui che perdona è chi dona se stesso, la sua libertà! Il sommo dono che ci è stato dato lo doniamo. È un pensiero fantastico, di un altro mondo, immortale. Mi piace ripetere questi pensieri, che non sono farina del mio sacco, risalgono all’insegnamento di San Francesco. Sono semplici e nello stesso tempo così difficili da mettere in atto. Però ci fanno capire che quello che accade intorno a noi, sono peccati mortali. Non solo perché in terre non lontane ci si uccide con ostinata follia. Ci fanno capire che chi non riesce a perdonare non è un uomo libero.           

In questo giorno fuori dal tempo potremmo provare a fare una cosa semplice e straordinaria. Fare la cosa che più ci sgomenta, atterrisce e terrorizza! Donare senza aspettarci nulla in cambio. Donare svuotandoci, vale a dire per-donare. Perdonare anche chi ti odia e cerca di distruggerti! Sono vette siderali, nascoste dalle nubi sotto le quali tutti ci sentiamo piccoli e miseri. Perdonare chi ti ha fatto malissimo è un lusso che avvicina a Dio. Sì, forse si può cercare di portare questo tema immane sulla terra! Forse è l’unica strada percorribile, l’unica soluzione che può aiutarci a risolvere i conflitti nel mondo. 

Forse un giorno esisterà davvero un giorno fuori dal tempo.