Società | rifugiati

Ospitarli a casa propria

Da un anno è attivo anche in Italia il sito "Refugees Welcome", un Airbnb per rifugiati nato nel 2014 in Germania. Un esempio per il Sudtirolo?
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Foto: Refugees Welcome Italia

Perché allora non li ospiti a casa tua?” è tra le obiezioni che incontriamo più frequentemente nelle accese discussioni sull'accoglienza dei migranti. Qualcuno però ha deciso di rispondere in maniera affermativa a questa domanda. Da un anno, chi in Italia è disposto a ospitare in casa un rifugiato può infatti registrarsi alla piattaforma “Refugees Welcome Italia” (Benvenuti rifugiati) che mette in contatto chi offre ospitalità con i richiedenti asilo e rifugiati presenti nelle strutture territoriali. Il periodo di accoglienza varia dai tre ai sei mesi, prorogabili in caso di volontà o particolari necessità, con un costante monitoraggio da parte dei volontari della start-up, al momento attiva in Lazio, Lombardia, PiemonteVenetoEmilia-Romagna, nelle Marche e in Abruzzo grazie ai rapporti instaurati con gli enti locali. Benvenuti rifugiati – presentato anche alla Camera dei Deputati lo scorso maggio – si sta attivando per coprire tutto il territorio nazionale (l'obiettivo è raggiungere a breve Toscana, Puglia, Calabria e Sardegna) attivando forme di crowdfunding per il supporto economico dei soggetti ospitanti. Per le richieste provenienti da altre Regioni italiane, l’associazione si mette immediatamente in contatto con le strutture d'accoglienza in loco che possa dialogare con quanti desiderano conoscere e ospitare chi ha ottenuto lo stato di rifugiato. E anche quest'ultimi possono usufruire della piattaforma web, come fosse una sorta di “Airbnb” ma senza scopi di lucro.

Quello che desideriamo è un cambiamento a 360° della modalità di accoglienza, vogliamo mettere al centro la persona accolta e la comunità accogliente. La prima non può essere lasciata nel limbo del processo di richiesta senza un supporto amicale, la seconda non può essere spettatrice di una politica di inclusione. Solo nel dialogo tra ospite ed ospitante la nostra società potrà crescere e fiorire” Germana Lavagna e Matteo Bassoli, co-fondatori di Refugees Welcome Italia

Aggiungi un posto a tavola

Le storie raccontate da chi ospita sono una più eloquente dell'altra. C'è quella del pittore Tommaso, ventottenne, che accoglie in casa un coetaneo di origini africane e gli ha offerto di lavorare insieme a lui. Oppure Alberto e Silvia, coppia romana che – come mostra un servizio de Le Iene – ha dato le chiavi di casa al 25enne Reza dall'Afghanistan sin dal primo giorno di convivenza e per accoglierlo non riceve alcun contributo statale, pur essendo in affitto e con entrate familiari quantomeno altalenanti: “Si spera che qualcun altro faccia la stessa cosa, non dimentichiamo che venendo accolta in una famiglia italiana la persona si rende conto dei problemi che abbiamo anche qui nel nostro paese, e il suo modo di pensare comincia a cambiare, quella è l'integrazione. Se si conosce, la paura sparisce”. “Clara, pensionata settantenne, ha appena accolto Khan in casa, e mi ha confessato che non ha il coraggio di dirmi quanto sia bello stare con lui” racconta a Internazionale la giornalista del Corriere della Sera Germana Lavagna, che dopo un'intervista a una delle fondatrici del network internazionale Refugees Welcomenato in Germania nel 2014 e diffusosi in Austria, Grecia, Portogallo, Spagna, Svezia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Irlanda del Nord – ha pensato di “importare” l'idea in Italia. Sulla piattaforma, online dal 21 dicembre 2015, ci si può iscrivere e proporre una stanza in condivisione, “può essere una famiglia, dei pensionati o degli studenti: noi ci premuriamo di presentare loro una o un rifugiato, grazie alla fitta rete di associazioni ed enti gestori che si occupano di accoglienza, con i quali stringiamo dei patti di collaborazione. In tal modo, oltre alle famiglie che offrono ospitalità, conosciamo personalmente richiedenti asilo e rifugiati che possono beneficiare di questo progetto. Il governo spende molti soldi per l'accoglienza delle persone, ma senza l'ultimo passo dell'inclusione non sono spesi bene: lo Stato si ritrova persone magari uscite dai centri di accoglienza con una protezione, ma prive di una rete solida lavorativa e abitativa. La nostra necessità, quindi, è di concludere un percorso di accoglienza che resterebbe incompleto e di offrire alla popolazione residente la possibilità di conoscere meglio gli stranieri, di uscire da una logica emergenziale e scoprire che ogni persona ha una storia, diventando parte più vicina alla nostra comunità”.

Da tutta Italia sono arrivate oltre 430 adesioni di famiglie disponibili ad accogliere, più della metà dai piccoli centri, e sulla piattaforma vi sono più offerte di accoglienza che domande di ospitalità. Per ora, le convivenze attivate in tutta Italia sono una ventina, le famiglie già giudicate idonee circa il doppio. Forte del successo internazionale dell'iniziativa, Refugees Welcome Italia ha proposto al Ministero degli Interni di collaborare alla definizione delle linee guida (e a migliori standard qualitativi) dell'accoglienza, attraverso un maggiore coordinamento tra i prefetti delle diverse province. “L'attuale sistema istituzionale crea poca coesione sociale” spiega al Sole 24 ore Fabiana Musicco, co-fondatrice della piattaforma web, che oltre alla formazione delle famiglie ospitanti ritiene fondamentale l'attivazione immediata di corsi di formazione professionale per i migranti nonché la creazione di impieghi e attività di volontariato, attraverso il coinvolgimento dei Comuni. Un processo quanto mai auspicabile anche in Sudtirolo, dove le difficoltà delle istituzioni nell'accoglienza e inclusione dei migranti sono di strettissima attualità.