Società | Cooperative sociali

Un modello di inclusione sociale

La cooperazione altoatesina secondo Eleonora Vanni, presidente di Legacoopsociali, in visita a Bolzano. “Qui qualità professionale e sociale, un esempio per il Paese”.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Legacoopbund

Eleonora Vanni, presidente nazionale di Legacoopsociali, è venuta a toccare con mano le esperienze della cooperazione altoatesina aderenti a Legacoopbund. Cosa l’ha colpita in particolare?

Mi hanno piacevolmente colpito le attività che vengono svolte includendo nel mondo del lavoro le persone svantaggiate. Ho visto la sede di alcune cooperative sociali e poi ho avuto un incontro con un numero più ampio di realtà. Nella mensa che ho visitato, quella della cooperativa Mensa Clab di Bolzano, ho apprezzato l’offerta di servizio che integra anziani, disabili, immigrati, operai e cittadini nel rispetto dei bisogni e delle differenze. Si nota la capacità di gestire con competenza e qualità servizi complessi e anche innovativi rispetto all’esperienza storica della cooperazione di tipo B. E mi ha colpito molto anche l’attenzione per la qualità professionale e sociale. Investire risorse in assistenti sociali, psicologi del lavoro che accompagnano il reinserimento lavorativo è segnale di questa particolare vocazione.

Dove è stata di preciso oltre alla Mensa Clab?

Sono stata alla cooperativa sociale Clab, dove gli utenti realizzano oggetti con la carta, soprattutto riciclata, che vengono venduti nel negozio della cooperativa o realizzati su ordinazione. Nell’incontro con il Presidente Mattarella a cui ho partecipato con il Forum del Terzo Settore ho portato proprio uno di questi complessi origami a testimonianza della perizia e della creatività del lavoro di tutte le nostre cooperative di inclusione lavorativa. Ho poi fatto visita a due cooperative sociali che si sono unite recentemente, la Novum e la Aquarius, che gestiscono una falegnameria, un laboratorio per le biciclette e un bar annesso. Mi è piaciuto molto l’ambiente inclusivo di cui beneficiano gli utenti che sicuramente, per le persone coinvolte, è un potente strumento di superamento  dello stigma dell’esclusione dalla società.

Le esperienze che ha visto possono essere un suggerimento per la cooperazione a livello nazionale?

Credo proprio di sì. Lo spunto può essere dato sia dallo spirito di intraprendenza che riguarda attività nuove o comunque il modello di organizzazione e gestione di attività anche più diffuse nel settore a livello nazionale, sia dal fatto che, aldilà delle differenze collegate alle autonomie regionali, si rilevano tratti di interesse comune assai significanti. Per favorire questo scambio serve un confronto più diretto tra le esperienze locali altoatesine e le altre cooperative presenti nel territorio italiano. Legacoopsociali favorirà tale processo, nel percorso che stiamo portando avanti per riflettere al nostro interno sia sull’innovazione culturale nella cooperazione che sulle nuove attività e sul modo di gestirle.

Quanto vale in Italia la cooperazione sociale?

Noi siamo circa 2.000 cooperative, solo quelle iscritte a Legacoopsociali, oltre 130.000 addetti, con un fatturato di 4 miliardi e mezzo.

Una ricchezza quindi: non si tratta solo di un’attività, passi il termine, “assistenziale”?

Certamente non si può parlare di assistenza, ma di promozione umana sia dal punto di vista sociale che economico collegato a produzione di lavoro e quindi creazione di risparmi e di ricchezza diffusa. Va tenuto presente che oltre il 70% degli occupati sono donne e si registra un’alta percentuale di lavoro a tempo indeterminato. Si coniugano quindi questi due aspetti nel lavoro della nostra realtà: da una parte la capacità di garantire un’occupazione stabile e qualificata, dall’altro quella di offrire un modello economico inclusivo, aperto. Il nostro settore promuove un’attività fortemente sociale, che tende all’equità e sostenibilità anche dal punto di vista economico-imprenditoriale.

Come persone servite e utenti, quanti sono?

Sono più difficilmente calcolabili, ma siamo intorno a un milione di persone se oltre agli utenti diretti calcoliamo i nuclei familiari.

Siete presenti in tutto il Paese?

Si va dalla val d’Aosta alla Sicilia, con una presenza numerica importante anche al sud. Nel centro-nord le cooperative sono un po’ più consolidate a livello di numeri e patrimonio, al sud sono più numerose, ma soffrono in maniera assai più importante il rapporto con la pubblica amministrazione soprattutto in relazione ai tempi di pagamento.

Alla luce di questa presenza radicata nell’economia, nella società e nella geografia di tutta Italia, che ruolo potranno ricoprire le cooperative sociali per il cambiamento culturale e la società del futuro?

Noi siamo convinti che possano ricoprire un ruolo importante, anche alla luce della riforma del terzo settore. Con questi numeri la cooperazione sociale è l’impresa sociale più diffusa e presente nel Paese. Dal punto di vista culturale per noi l’obiettivo è rinnovare l’impegno sui temi dell’equità, della lotta alle diseguaglianze, dell’inclusione delle differenze. Questo tema del far coesistere risultato economico e impatto sociale positivo è un elemento di forte qualificazione. Vogliamo puntare non solo a una crescita dimensionale delle imprese, ma a uno sviluppo sostenibile, coniugando aspetti sociali, economici e ambientali.

Quali sono le criticità da affrontare?

Uno dei problemi da superare è una certa percezione errata presente nell’opinione pubblica. Alcune vicende cooperative e ma anche il lavorare per l’accoglienza e l’inclusione per esempio di migranti non sono temi che aiutano una narrazione positiva soprattutto se inseriti nel clima attuale. Dobbiamo quindi fare in modo che i cittadini capiscano l’esatto valore delle attività svolte dalla cooperazione sociale. Inoltre, c’è un tema di risorse “finite” a fronte di bisogni crescenti.

La contrazione dei bilanci pubblici è una tendenza consolidata ormai, ci sono soluzioni innovative per farvi fronte?

Occorre andare verso un sistema capace di integrare risorse differenti. Dalla spesa del privato cittadino, alla sanità integrativa di derivazione contrattuale (ormai presente in moltissimi contratti di lavoro), alle opportunità di confrontarsi e sviluppare progetti con la finanza a impatto sociale, fino alla prospettiva di poter lavorare in partnership con più soggetti. Finora abbiamo lavorato molto con la pubblica amministrazione, ora dobbiamo riuscire a promuovere un lavoro che sia di partnership con la PA, ma che possa mettere assieme anche risorse diverse.

Riguardo al tema che ha sollevato prima, i fenomeni come Mafia capitale e in generale gli scandali nell’utilizzo dei fondi per l’accoglienza hanno alimentato il mantra del “business dell’immigrazione”, utilizzato dai partiti critici sull’accoglienza. La cooperazione sociale si è però sempre detta estranea a questo presunto “affare per le cooperative”, giusto?

Sì. Per fare chiarezza, la cooperazione sociale ha dovuto affrontare situazioni spiacevoli negli ultimi anni. A partire dal caso di Mafia capitale, nel quale per altro il tribunale anche in appello ha riconosciuto Legacoopsociali parte lesa. Il comportamento criminoso di alcuni dirigenti di cooperative non è il comportamento criminoso della cooperazione. C’è anche da dire che nell’ambito delle attività per i migranti sull’onda dell’emergenza molti operatori si sono improvvisati o hanno utilizzato strumentalmente la forma cooperativa, offrendo attività che non hanno niente da spartire con gli standard del nostro settore. Si sono dunque create le cosiddette “cooperative spurie”, che sono un’altro tema rispetto al quale l’Alleanza delle cooperative si è mobilitata con la raccolta di firme per una legge che le contrasti poiché questo penalizza tutte le realtà sane del movimento.

A che punto è questa proposta di legge?

Diverse specifiche su alcuni strumenti di controllo sono state parzialmente accolte. Inoltre si è aperto un dialogo anche col nuovo governo per andare verso una legislazione specifica. Ci auguriamo che si proceda in modo proficuo e celere.