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Viva l'antifascismo!

Emilio Lussu era uno dei principali esponenti dell’antifascismo italiano. Parliamo di lui, del suo capolavoro “Marcia su Roma e dintorni” e di Claus Gatterer.
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Foto: Museo Storico Emilio e Joyce Lussu

salto.bz: Recentemente è stata pubblicata una nuova edizione del libro “Marcia su Roma e dintorni” di Emilio Lussu in lingua tedesca. Che significato ha questo volume nella storia italiana?

Alberto Cabboi: “Marcia su Roma e dintorni” assume un grande significato nella storia del Novecento italiano. Si tratta certamente di una delle più belle memorie autobiografiche uscite fuori dalla resistenza al fascismo nel nostro Paese. Il libro fu scritto nel 1931, nei primi anni dell’esilio francese, pensato per un pubblico straniero come monito di fronte alla natura e ai metodi di sopraffazione dell’autoritarismo fascista. Portando la sua testimonianza, Lussu voleva mettere in guardia le opinioni pubbliche delle democrazie occidentali. Come sappiamo, nel secondo dopoguerra l’opera ha avuto un grande successo anche in Italia, soprattutto a partire dagli anni ’60. Credo che il merito sia da ricercare nella straordinaria capacità narrativa dell’autore. Con sarcasmo, sprezzante ironia e una straordinaria forza evocativa Lussu smaschera le miserie e le viltà del fascismo e dei tanti personaggi che ne animano le vicende. 

Il giornalista sudtirolese Claus Gatterer, tra il ’68 e il ’71, ha tradotto le opere principali di Lussu in Tedesco. Che legame c'era tra lo scrittore sardo Emilio Lussu e Claus Gatterer?

Gatterer si avvicinò a Lussu intorno alla metà degli anni ’60, quando stava lavorando alla sua opera storiografica più importante, Im Kampf gegen Rom. Con questo libro Gatterer voleva spiegare al pubblico tedesco la recente storia italiana, guardando soprattutto a quelle periferie etniche e geografiche che in un secolo di storia unitaria si erano mosse alla ricerca di autonomia in contrapposizione al centralismo romano. Nel 1965 scrisse quindi una prima lettera a Lussu, che sapeva essere uno dei maggiori federalisti italiani, convinto tra l’altro della necessità di un’autonomia speciale per l’Alto Adige. Ne nacque un rapporto di amicizia e stima reciproca che portò il giornalista sudtirolese a visitare la Sardegna e Armungia, a pubblicare diversi saggi sulla figura del politico sardo e a decidere infine di tradurne Un anno sull’Altipiano e Marcia su Roma e dintorni. Con i libri di Lussu Gatterer intendeva presentare al pubblico tedesco l’immagine emblematica di un’altra Italia, diversa da quella che si era sedimentata in Austria in oltre un secolo di contrasti e conflitti. 

Cosa è conosciuto delle visite di Claus Gatterer ad Armungia, il luogo congeniale di Emilio Lussu e di sua moglie Joyce Lussu?

Della visita di Claus Gatterer ad Armungia purtroppo non sappiamo tanto. Visitò la Sardegna nella primavera del 1968, viaggiando tra Armungia, Cagliari e Nuoro, incontrando molti pastori ed emigrati sardi rientrati nell’isola. Ne rimase profondamente impressionato e scrisse a Lussu che soltanto dopo questa visita era riuscito a comprendere pienamente l’autonomismo sardo e l’individualità sarda. Rientrando in Austria sentì la necessità di rileggere anche gli scritti di Antonio Gramsci che, soprattutto in certe sue lettere dal carcere, gli appariva adesso almeno altrettanto sardo quanto italiano. 
 


Quanto ha influenzato Joyce Lussu suo marito?

Emilio e Joyce Lussu furono uniti da un grande legame, fatto di amore, amicizia, valori e ideali condivisi. Credo pertanto che si siano influenzati a vicenda, arricchendo il proprio cammino in un percorso di vita comune ma ricco anche di esperienze autonome. Joyce ha scritto molto del suo rapporto con Emilio e le pagine della sua autobiografia – Portrait – che lo rievocano sono tra le più belle. Raccontava che Lussu aveva aggiunto all’antimilitarismo e all’anticolonialismo dei suoi genitori un’idea più precisa del ruolo del proletariato nella trasformazione della società. 

Tra le sue tante attività, cosa significava per Lussu scrivere?

Lussu non considerava sé stesso un uomo di lettere. Concepiva i suoi libri come saggi politici e autobiografici, come strumento di testimonianza e di conoscenza di fronte al fascismo e ai grandi avvenimenti del suo tempo. Rifiutava categoricamente che anche Un anno sull’Altipiano potesse essere considerato un romanzo. Diceva “se non avessi politica, non avrei mai scritto dei libri”. 

Che significato ha la figura Lussu oggi? In Sardegna? All’estero?

La figura di Lussu rappresenta una componente fondamentale del patrimonio storico e politico della Sardegna del Novecento e nella nostra isola viene sicuramente percepita come tale. La sua figura si associa all’epopea della Brigata “Sassari” nella Grande Guerra, alla fondazione del Partito Sardo d’Azione e alla stagione di rinnovamento politico di cui esso fu protagonista, alle battaglie per il progresso della Sardegna. L’episodio del 31 ottobre del 1926, che lo vide difendersi nella sua abitazione a Cagliari dall’aggressione fascista, rimane come uno dei più grandi avvenimenti della nostra storia contemporanea. Certo, però, guardare maggiormente al suo percorso e alle sue idee potrebbe aiutarci a capire meglio quale idea di futuro vogliamo costruire per la nostra regione. 

 

Lei conosce molto bene la zona delle Alpi. Ha visitato i luoghi che descrive Emilio Lussu nel suo romanzo di successo “Un anno sull'Altipiano”?

Sì, la volontà di conoscere i luoghi che costituiscono il teatro degli avvenimenti rievocati da Lussu nelle pagine del suo libro mi ha portato sull’Altopiano di Asiago diverse volte. Visito periodicamente l’Altopiano, che fu travolto dagli eventi bellici nel maggio del 1916, con l’inizio dell’offensiva austroungarica sul fronte del Tirolo meridionale. Sulle pendici di Monte Zebio, sopra Asiago, è stato tra l’altro recuperato un cimitero di guerra dove nel 1916 trovarono sepoltura 218 soldati della Brigata “Sassari”. Attualmente sono in fase di realizzazione altri interventi di recupero che consentiranno di preservare la memoria di quei luoghi e di quegli avvenimenti.

Lei dirige il “Museo Storico Emilio e Joyce Lussu“. Quanto è radicata l'eredità storica di Lussu?

Il Museo vuole essere un luogo di esposizione, narrazione e testimonianza della sua esperienza umana e politica ma mira anche a fornire gli strumenti per analizzarne le idee e i convincimenti e la loro attualità nel mondo di oggi. Della sua eredità storica rimangono sicuramente le battaglie per la libertà, per la democrazia e l’autogoverno, per i diritti dei più deboli, per la difesa della Sardegna contro ogni progetto di sfruttamento colonialista. 

Lussu è stato uno dei principali esponenti dell’antifascismo italiano, con il Partito Sardo d’Azione, con il movimento di Giustizia e Libertà e come membro della Resistenza.

Quanto e quando ha usato la lingua sarda Emilio Lussu?

In Sardegna e ad Armungia, nella vita quotidiana, Lussu parlava abitualmente la lingua sarda nella sua variante del sud dell’isola. Era consapevole dell’importanza della lingua come strumento di salvaguardia dell’identità del suo popolo. Per questo, negli anni ’60, cercò di sostenere la causa per l’insegnamento del sardo nelle scuole elementari della nostra regione. 

Che cosa ha ottenuto a livello politico?

Lussu è stato uno dei principali esponenti dell’antifascismo italiano, con il Partito Sardo d’Azione, con il movimento di Giustizia e Libertà e come membro della Resistenza. Credo che a lui e alle grandi figure politiche che si opposero al regime fascista vada riconosciuto il grande merito della lotta per la libertà e la costruzione della democrazia in Italia. La Costituzione della Repubblica italiana è sicuramente il grande frutto di quella lotta. Da senatore socialista, nel secondo dopoguerra, condusse battaglie di minoranza e i grandi obbiettivi del suo impegno politico rimasero in parte irrealizzati. E’ interessante osservare, in proposito, come lo stesso percorso di ricostruzione della figura di Lussu che Claus Gatterer sviluppava nelle postfazioni alle edizioni in tedesco dei suoi libri si concludesse con una riflessione amara. La Sardegna non aveva avuto la possibilità di svilupparsi secondo le sue specifiche esigenze. L'Italia era una repubblica, ma non la repubblica per la quale egli si era battuto. La nuova costituzione aveva creato le regioni autonome, ma il paese era ancora lontano dal federalismo e dall'autogoverno reale. I grandi pilastri capitalisti sui quali si era retto il fascismo erano rimasti in piedi diventando più potenti.

Perché anche i giovani dovrebbero leggere Marcia su Roma e dintorni?

Per comprendere meglio il tragico processo che portò alla nascita e al definitivo imporsi del fascismo, conoscere le storie di chi seppe opporsi al regime e cogliere così pienamente il valore delle libertà democratiche. Vorrei concludere con un riferimento a Gatterer, che auspicava che il libro potesse essere letto anche nelle scuole sudtirolesi.