Società | L'intervista

“Anoressia, malate già da bambine”

L’allarme di Vanzetta (Infes): casi anche fra le 12enni. Effetto pandemia, disturbi alimentari + 30%. Servizi sanitari, Alto Adige in affanno. Interrogazione dei Verdi.
Disturbi alimentari
Foto: upi

Tutti pensano a fare scorte di spesa, io continuo a contare le calorie”. Una frase, circolata online anonima, che spiega da sola uno dei tanti effetti dell’ansia causata da lockdown e stress diffuso della pandemia di Covid-19 che lascia i segni del suo passaggio. Negli ultimi mesi, a livello nazionale, si è registrato un incremento del 30% dei casi di disturbi alimentari. In Alto Adige, come riferisce Raffaela Vanzetta, psicoterapeuta e coordinatrice del centro specialistico per i disturbi alimentari Infes, è l’anoressia a colpire sempre di più le ragazzine. E, come in tanti altri ambiti sanitari in provincia, la carenza di personale sanitario specializzato rende ancora più ostica la battaglia contro la malattia. “Facciamo del nostro meglio con le risorse che abbiamo” attesta l’esperta.

Sul tema hanno presentato un’interrogazione i consiglieri provinciali dei Verdi Riccardo Dello Sbarba, Brigitte Foppa e Hanspeter Staffler ricordando che a Bolzano la dietologa dell’ambulatorio, la dottoressa Rita Trovato, “andrà in pensione a fine novembre e non si è ancora pensato a come sostituirla. Lei si è resa disponibile a continuare a seguire le pazienti con Dca (disturbi del comportamento alimentare, ndr) in fase di transizione, ma non si capisce quale transizione e verso che cosa. Con tutta la comprensione per la fase di acuta emergenza, nella quale si trova la nostra azienda sanitaria, sarebbe opportuno - esortano gli ambientalisti - non perdere di vista le soluzioni a problemi che potrebbero crollarci addosso dopo la pandemia”.

 

salto.bz: Dottoressa Vanzetta, partiamo da qui: è cambiato il nostro rapporto con il cibo durante il periodo del primo lockdown?

Raffaela Vanzetta: Direi di sì, da alcune indagini, seppur fatte frettolosamente dopo il lockdown di primavera, è emerso che la maggior parte delle persone ha dichiarato di aver mangiato di più, perché si stava più in casa, con le scorte sempre a disposizione, e anche perché si aveva più tempo libero. Molti dicono di aver usato il cibo per calmare la noia e l’ansia.

Oltre a un aumento dei casi di esordi dei disturbi alimentari e al peggioramento di quelli preesistenti, c’è stato dunque anche un aggravamento dei sintomi spesso correlati ai Dca, come appunto l’ansia.

Lavorando anche in ambulatorio privato e confrontandomi con le colleghe psicoterapeute, posso confermare che ultimamente rileviamo un gran numero di disturbi d’ansia. Le persone che vanno in ansia per paura di mangiare troppo e di ingrassare iniziano a controllare il cibo in maniera ossessiva. È come avere la sensazione di poter tenere sotto controllo qualcosa, in un momento in cui nulla abbiamo sotto controllo.
L’isolamento rende anche più facile dedicarsi alle proprie ossessioni. Allora può accadere che una ragazzina - che in tempi di pandemia non va a scuola, non incontra gli amici, resta fra le mura di casa con un mucchio di tempo a disposizione - si metta a contare le calorie, a studiarsi le ricette, a fare tutto quello che fanno le ragazze più grandi che soffrono di disturbi alimentari.
Dopo il lockdown siamo stati testimoni dei moltissimi effetti di questa reclusione su alcune persone, che ha sballato in qualche modo il loro rapporto con il cibo. È ovvio che chi ha preso quattro-cinque chili non si presenta al centro per i disturbi alimentari, ma quando ci sono ragazzine che hanno perso parecchio peso i genitori le portano da noi.

Le persone che vanno in ansia per paura di mangiare troppo e di ingrassare iniziano a controllare il cibo in maniera ossessiva. È come avere la sensazione di poter tenere sotto controllo qualcosa, in un momento in cui nulla abbiamo sotto controllo

Succede spesso in questa fase?

Ho modo di consultarmi periodicamente con i colleghi della società scientifica per la riabilitazione e prevenzione dei disturbi alimentari (SIRIDAP), di cui faccio parte, e tutti, dal Piemonte alla Sicilia, confermano che sono aumentati molto i disturbi alimentari fra bambine e ragazzine.

L’età media?

In Alto Adige si comincia a parlare di casi di anoressia già nelle fasce d’età dei 12, 13 e 14 anni. Ne abbiamo viste tante soprattutto dopo che è iniziata la scuola. La mia impressione è che durante il lockdown queste ragazzine abbiano iniziato a mangiare poco, facendo scattare dei meccanismi di controllo, tuttavia, dato che si trattava di una situazione di emergenza, i famigliari risolvevano con un “passerà”. Poi è arrivata l’estate, con quella parvenza di ripresa, e a settembre l’aspettativa era questa: ricomincia la scuola e la vita tornerà a scorrere più o meno normalmente. Ma non è stato così, e anzi i genitori si sono resi conto che la situazione è diventata seria.

Principalmente si tratta di casi di anoressia, dunque?

Quando ci si presenta al nostro centro è per via di perdite consistenti di peso. A un’età così giovane è difficile che inizino ad abbuffarsi e, se lo fanno, prima che le famiglie chiedano aiuto passa molto tempo perché pensano sempre che sia "solo" una questione di forza di volontà, che bisogna impegnarsi a non esagerare, stare più attente. Il mangiare troppo non viene visto, insomma, come un problema così grave.

Non c’è solo il coronavirus, e sarà più evidente con le pesanti conseguenze che pagheremo dopo

Nel trattamento dei disturbi del comportamento alimentare cosa significa avere a che fare con la carenza dei servizi sanitari?

Le carenze sono anch’esse una conseguenza della pandemia. Al momento la direzione sanitaria è impegnata sul fronte Covid e occuparsi di sostituire la dottoressa Trovato che va in pensione appare come una cosa secondaria. Ovviamente per chi soffre di disturbi alimentari e per chi lavora in questo ambito ciò vuol dire che viene a mancare l’unico medico che copre tutto il distretto di Bolzano. Ed è un grande problema. Perché quando al centro Infes arrivano delle ragazzine con un indice di massa corporea di 12, che significa un sottopeso gravissimo, io ho bisogno di un medico che la veda immediatamente e faccia una valutazione clinica.

Lo scenario post-Covid non è altrettanto rassicurante.

No, perché le situazioni che verranno a galla dopo si saranno nel frattempo anche aggravate. Quando si presentano disturbi alimentari soprattutto nelle ragazzine piccole è molto importante arginarli in fretta perché, com’è scientificamente provato, soprattutto per quel che riguarda l’anoressia più a lungo esse restano sottopeso più difficile diventa tirarle fuori da quella condizione.

Cosa suggerisce, allora?

Tutte le persone che lavorano nel campo stanno dando il meglio di loro considerando i limiti noti. Le risorse umane nella sanità scarseggiano dappertutto in Alto Adige. Due colleghe psicoterapeute, Karin Torri e Irene Berti, con cui ieri abbiamo fatto un live talk su Facebook, mi raccontavano che mentre nel primo lockdown era vietato fare colloqui in presenza, ora - anche se le direttive dell’azienda sanitaria sono di limitarli al massimo - loro tengono i primi incontri dal vivo così da innescare una relazione che consenta poi di fare qualche seduta online. Trovo che questo, ad esempio, sia molto importante. Del resto si è capito dal lockdown di primavera che certe cose di fatto non hanno funzionato. Purtroppo in questa situazione i problemi restano, con la dottoressa Trovato in pensione, uno dei due dietisti che si è offerto volontario per lavorare nei reparti Covid, e senza le sostituzioni, cerchiamo di barcamenarci come possiamo, ma è dura. Non c’è solo il coronavirus, e sarà più evidente con le pesanti conseguenze che pagheremo dopo.