Karl Golser
Foto: Diocesi Bolzano-Bressanone
Società | Avvenne domani

Il Pastore e il suo gregge

Lacrime sulle mani di Karl Golser in un pomeriggio di ottobre, a Bressanone.

Nel tardo pomeriggio del 9 ottobre 2011, nel Duomo di Bressanone, era appena terminata la lunga funzione con la quale Monsignor Ivo Muser era stato consacrato vescovo della diocesi di Bolzano Bressanone. La cerimonia proseguiva all'esterno della cattedrale, con il saluto del nuovo Presule ai fedeli che lo applaudivano, con gli indirizzi di omaggio delle autorità, con il sottofondo sonoro di una banda musicale.

Avevo commentato l'avvenimento assieme ai colleghi della RAI di lingua tedesca e ladina e mi affacciai in quegli istanti all'interno della cattedrale, dove si erano spente le luci della diretta televisiva.

Alla cerimonia aveva assistito, pietrificato dalla malattia, il vescovo emerito Karl Golser. Ora davanti al suo seggio si snodava una silenziosa processione. Donne, uomini, anziani, giovani. Venivano avanti, uno alla volta, e si inginocchiavano con le lacrime agli occhi davanti a quella statua vivente, a quell'uomo di Dio nel cui grembo consegnavano, con un gesto, con un sorriso, con una preghiera tutta la loro comprensione umana.

Una processione che nessuno aveva organizzato, ma che nasceva spontanea dalla profondissima pietà per la sorte di uno dei religiosi dall'intelligenza viva, dalla cultura più profonda, dal sentimento religioso più marcato che la Chiesa altoatesina avesse mai annoverato tra le sue file. Karl Golser era stato vescovo della Diocesi di Bolzano Bressanone solo per pochi mesi, ma il suo carisma pastorale aveva fatto in tempo a toccare l'anima dei suoi fedeli e la sua personalità a suscitare l'interesse e l'ammirazione anche tra i non credenti.

Una sorte crudele gli ha riservato un destino terribile: quello di vedere la fiamma di una profonda umanità rinchiusa nella prigione di un corpo rapidamente congelato dalla malattia nell'immobilità.

Quel giorno di ottobre, a Bressanone, assistevo, immobile e profondamente commosso, all'addio del gregge al suo pastore, dei figli ad un padre, conosciuto per poco tempo eppure profondamente amato.

La lunga fila si snodava davanti all'uomo seduto, immobile. Per un attimo l'istinto professionale mi suggerì di riaccendere le telecamere, di testimoniare in qualche modo a tutti quel che stava avvenendo. Poi capii che occorreva rispettare la profonda umanità di quel momento, lasciare che, nel buio della Cattedrale, si consumasse, lontano da occhi indiscreti, un doloroso commiato.

Il lungo addio di Monsignor Golser è durato sino a questa notte di Natale. Io continuerò a rivederlo in quel pomeriggio di ottobre, con le mani giunte in grembo, bagnate dalle lacrime della sua gente.