Economia | Turismo

“Il turismo slow avrà uno slancio”

Come si sta trasformando la mobilità turistica oltre il Covid-19? Salvatore Monaco e l’osservatorio Out. “La crisi morde, ma l’Alto Adige ha una forza in più: la natura”.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Salvatore Monaco
Foto: Privat

salto.bz: Salvatore Monaco, il turismo è uno dei settori più colpiti dall’emergenza Covid-19. Da dove si parte per provare a capire quali sono le conseguenze su questo ambito, ora che è in atto la Fase 3 del virus?

Salvatore Monaco: Il virus si è diffuso a livello globale attraverso la mobilità delle persone e questo è il principale motivo per il quale il turismo ha vissuto una battuta d’arresto prima ancora che gli spostamenti fossero vietatati dalle misure di contenimento straordinarie. Tuttavia, mi sento di dire che già prima dell’avvio della Fase 3 la domanda turistica ha iniziato timidamente a farsi nuovamente sentire, rendendo evidente l’ambiguità della mobilità, che se da un lato spaventa, dall’altro si caratterizza per il proprio essere una esigenza sociale. È chiaro che l’emergenza Covid-19 in qualche modo rappresenta uno spartiacque tra quello che è stato fare turismo fino a pochi mesi fa e quello che sarà viaggiare da qui ai prossimi tempi. Ritengo che per capire quali siano le conseguenze che si registreranno nel breve-medio periodo sul comparto turistico sia necessario intercettare esigenze, timori, aspettative e intenzioni dei viaggiatori e delle viaggiatrici, che sono i principali protagonisti della mobilità. In questo, la sociologia costituisce certamente l’ambito di studio e di analisi privilegiato per intercettare gli scenari futuri.

 

Lei fa parte del comitato scientifico dell’Osservatorio universitario sul turismo (OUT) dell’Università di Napoli “Federico II”. Questa partecipazione accademica permette di avere una prospettiva più ampia, sul contesto nazionale e internazionale, che non si limita solo a Bolzano?

Certamente. OUT nasce nel 2017 sotto la direzione del docente Fabio Corbisiero in seno al Dipartimento di Scienze Sociali della “Federico II” come piattaforma scientifica orientata a studiare il fenomeno turistico a tutto tondo da una prospettiva sociale in ottica multidisciplinare. Il comitato scientifico del centro di ricerca accoglie infatti studiose e studiosi di discipline ed atenei diversi presenti su tutto il territorio nazionale, ma anche al di fuori dell’Italia stessa. Si tratta di una scelta finalizzata sia a studiare e comprendere il fenomeno turistico utilizzando approcci e strumenti di ricerca che provengono da aree disciplinari differenti (come la sociologia, la storia, l’economia, la statistica), sia per permettere di avere una prospettiva più ampia sul fenomeno turistico che contempli i singoli territori, il contesto nazionale nel suo insieme e anche quello internazionale.

 

La ricerca sociale che valore aggiunto può dare all’analisi?

Molto spesso, soprattutto in Italia, il turismo è studiato da una prospettiva essenzialmente economica. Tuttavia, come anticipato, fare turismo è anche e soprattutto una pratica sociale. I consumi e il tempo libero, ivi comprese le esperienze turistiche, contribuiscono in maniera sostanziale alla formazione delle identità degli individui. Nella società postmoderna, infatti, le persone costruiscono le proprie biografie e scelgono chi realmente vogliono essere anche attraverso i viaggi che compiono. In questo complesso scenario si inserisce la ricerca sociale, che rappresenta certamente una delle lenti analitiche del fenomeno maggiormente appropriate per studiare forme e significati del turismo in maniera critica ed anche previsionale. D’accordo con la cosiddetta teoria delle nuove mobilità promossa da Urry, ritengo che i flussi sconfinati, costanti, continui e incessanti che caratterizzano la società odierna rappresentino l’elemento principale che le scienze sociali devono considerare per comprendere pienamente la realtà. In tal senso, la sociologia deve riconoscere nella mobilità l’unità centrale della ricerca, valorizzando il dinamismo e l’instabilità dei processi globali. Tale tipo di analisi rappresenta un arricchimento in termini di conoscenza del fenomeno che può consentire a studiose e studiosi di prendere in considerazione esperienze individuali e collettive con la consapevolezza che esse sono il risultato dei flussi, animati a livello globale, che li vedono protagonisti.

 

Come si attua il monitoraggio costante del fenomeno nel corso del tempo e attraverso quali strumenti?

Le iniziative condotte da OUT per analizzare il fenomeno turistico sono diverse. Ci interfacciamo spesso con gli stakeholder presenti sui diversi territori per ascoltare dal basso le istanze e monitorare costantemente il turismo nel corso del tempo mediante un dialogo aperto con associazioni, enti, centri e molti dei diversi attori impegnati nel comparto. Contestualmente, l’Osservatorio realizza in maniera sistematica una serie di indagini, su target specifici (ad esempio turisti, esercenti, ma anche enti pubblici) che si servono di metodologie e tecniche di ricerca diverse, dai focus group alle interviste in profondità, sia in presenza, sia a distanza. Inoltre, OUT, grazie alla collaborazione con l’Istituto di ricerca Mediacom, già da tempo è attivo nella realizzazione di alcune ricerche nazionali online. Si tratta di indagini di tipo survey promosse attraverso il sito www.osservatorioturismo.com, mediante le quali si intende fotografare il fenomeno turistico, rilevando dati ed informazioni utili a porre in risalto i principali cambiamenti in atto.

 

Veniamo all’indagine online avviata proprio per capire gli effetti sulla mobilità territoriale e quindi sul turismo della fase post-emergenza. Può spiegarci più nel dettaglio come si svilupperà la ricerca?

Per comprendere quali impatti sta avendo ed avrà la pandemia sul futuro del turismo, il gruppo di ricerca di OUT si è impegnato durante il lockdown per predisporre una ricerca specificamente volta a rilevare opinioni, atteggiamenti e propensioni future dei viaggiatori e delle viaggiatrici d’Italia. Chiunque abbia tempo e voglia di contribuire allo studio, può farlo in maniera volontaria compilando anonimamente il questionario (qui disponibile, ndr). Le domande sono finalizzate a confrontare le abitudini turistiche degli italiani e delle italiane prima della pandemia con i comportamenti futuri, rilevando non solo le intenzioni, ma anche fattori che possono incentivare o ostacolare la loro mobilità. Un focus particolare è dedicato all’uso delle nuove tecnologie, sia nelle pratiche quotidiane, sia come strumenti che in qualche modo possono aumentare la portata del fattuale, attraverso la realizzazione di viaggi virtuali. Siamo consapevoli che le ricerche in rete producono, per la propria natura, risultati che non sono rappresentativi. Tuttavia, crediamo che la diffusione ormai capillare di Internet tra la popolazione italiana consenta di raggiungere target eterogenei che, per questo, sono anche in grado di fornire uno spaccato assai attendibile degli orientamenti. Aggiungo, inoltre, che in questo particolare periodo storico, l’interrogazione diretta della domanda turistica si configura come una strategia non soltanto utile a “quantificare” il fenomeno (in termini di presenze, disponibilità di spesa, ecc…), ma necessaria soprattutto per ripensare al sistema turistico nel suo insieme. Di fatto, l’attuale crisi potrebbe rappresentare un momento importante per la realizzazione di quei percorsi di innovazione turistica, già previsti dal piano strategico nazionale del turismo 2017-2022, in grado di orientare la crescita locale e nazionale.

 

Lei personalmente ha qualche considerazione/anticipazione sulle trasformazioni in atto? Ad esempio, in che modo valuta l’estate del turismo sia altoatesino sia nazionale che è alle porte? E per i prossimi anni?

Il Covid-19 è intervenuto in maniera importante su due dei principali elementi che caratterizzano il turismo, ossia gli spostamenti fisici e le interazioni sociali. Con molta probabilità le persone continueranno a mantenere le distanze fisiche per molto tempo e ad utilizzare i dispositivi di sicurezza come mascherine o caschi. Sul piano empirico, nel post-covid credo che viaggiatori e viaggiatrici preferiranno principalmente effettuare viaggi di breve durata, in siti poco affollati, all’aperto, con una bassa affluenza. In tal senso, ritengo che l’Alto Adige abbia un vantaggio competitivo non indifferente, grazie ad una offerta turistica sostenibile, in grado di salvaguardare la salute per tutti. Allargando lo sguardo al contesto nazionale, sono del parere che occorra ripensare al modello turistico fino ad ora adottato, ponendo al centro l’ambiente. Nei prossimi mesi i territori intenzionati a riattivare la macchina turistica dovranno impegnarsi nella predisposizione di un turismo più sostenibile, da coniugare ad un ripensamento dei servizi e dell’offerta nel loro insieme. Tale riconfigurazione può in qualche modo ricucire la lacerazione che si è registrata negli ultimi anni tra centri e periferie. Le statistiche di settore ci dicono infatti che il turismo italiano ha certamente registrato un incremento nel corso del tempo, caratterizzato però da una pressione verso i grandi centri urbani e le città d’arte, spesso a sfavore dei piccoli centri rurali. Oggi, più che mai, la sostenibilità diventa quasi una necessità per la crescita economica e lo sviluppo turistico, oltre ad essere la principale strada da perseguire per poter riattivare gradualmente la mobilità.

 

In conclusione, il settore si risolleverà oppure sarà costretto a fare i conti con scarse affluenze e quindi bassi guadagni e livelli occupazionali?

Osservando il drammatico crollo dei viaggi nel mondo, non è azzardato ipotizzare che, almeno nelle prime fasi post-pandemia, la mobilità sarà limitata. È ancora troppo forte il timore da contagio. In generale, ciò avrà come principali ripercussioni la cancellazione di molte prenotazioni, un calo di presenze nei molteplici luoghi del turismo, con un conseguente aumento del tasso di disoccupazione, che riguarderà in particolar modo i lavoratori stagionali, e ripercussioni negative sui consumi e, dunque, sul Pil. Al tempo stesso, però, credo che l’escursionismo e la vita turistica a contatto con la natura possano invece trovare uno slancio. Se fino a qualche mese fa il cosiddetto “turismo di prossimità” e quello “slow” interessavano una nicchia ristretta di viaggiatori e viaggiatrici, credo che adesso questi turismi possano attirare lo sguardo di molte più persone, rappresentando, in tal senso, una opportunità in grado di bilanciare, almeno in parte, la crisi globale che ha toccato il settore.