Sport | INTERVISTA

“Ho coronato il sogno olimpico”

Il bolzanino Riccardo Tonetti ha concluso la sua carriera di sciatore: ecco le tappe più importanti con uno sguardo al futuro del suo sport e anche alla sostenibilità.
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Foto: Foto Elvis

“Domani ultimo ballo, con il sorriso di sempre”. Riccardo Tonetti, classe ’89, sceglie di salutare così il grande pubblico del mondo dello sci. Lui che è stato da sempre appassionato di sport e che con la partecipazione alle Olimpiadi di Pyeongchang del 2018 ha coronato un sogno che aveva fin da bambino, sabato 25 marzo ha svolto la sua ultima gara a La Thuile.

 

Salto.bz: Partiamo dalla fine, com’è andata la giornata di sabato e perché ha optato proprio per questa gara per dire addio allo sci?

Riccardo Tonetti: Volevo concludere con una gara importante, e l’ho fatto con il campionato italiano. Purtroppo le condizioni non sono state delle migliori: ha nevicato e piovuto, quindi non c’è stata una conclusione di carriera con il sole e una festa finale. La gara poi non è andata bene, sono uscito in prima manche ma ho tagliato lo stesso il traguardo per l’ultima volta. Non è stato semplice, però sono riuscito a godermi questa “ultima volta”, durante la quale gli sguardi, i compagni e anche il traguardo hanno giocato un ruolo cruciale: l’emozione era forte e credo di poter dire che non si è mai davvero emotivamente preparati per concludere l’ultima gara.

In questo fine settimana ha avuto molto supporto sui social da compagni e simpatizzanti. Nonostante lo sci sia uno sport individuale c’è comunque un buon spirito di squadra?

La sera prima, in albergo, ho fatto un piccolo discorso con le Fiamme Gialle. È stato un momento toccante tanto per me quanto per gli allenatori, con cui ho condiviso molto quest’anno. Ad essere sincero non mi aspettavo tutta questa vicinanza, ne sono molto grato, anche perché nell’ultimo periodo non sono stato sotto i riflettori. Evidentemente anche io ho lasciato qualcosa al mondo dello sci...
Sullo sport individuale devo dire che lo è a tutti gli effetti: al cancelletto si parte da soli e per sé stessi. Siamo tutti molto competitivi, alcuni si sentono meglio in gruppo e altri meno. D’altra parte si passa tanto tempo insieme e si creano legami e amicizie che, personalmente, mi porto dietro anche dopo il ritiro. Essendo un altoatesino bilingue ho avuto più facilità di altri a legare con gli atleti di altri Paesi, specie con svizzeri e austriaci. Il bilinguismo mi ha dato una possibilità in più.

Alle Olimpiadi mi sono detto: “Sono qua per giocarmela, non devo fare la comparsa”. La medaglia di Windisch mi ha motivato

Per quanto riguarda la data del ritiro sarebbe stato troppo in là aspettare Milano Cortina 2026?

Assolutamente. Troppo lontano e troppi fattori in gioco. A gennaio la Coppa del mondo non è andata molto bene e sapevo che quella poteva essere l’ultima mia occasione con la maglia della nazionale. Il direttore tecnico era stato chiaro: doveva far andare i giovani. Per me le porte per la Coppa Europa e del mondo erano chiuse, quindi ho scelto di ritirarmi alla gara più importante che mi era rimasta.

Solitamente gli sciatori ad alti livelli provengono dalle Valli. Lei è cresciuto nel centro di Bolzano, come ha vissuto il rapporto con la città e lo sci?

I miei genitori mi hanno messo sugli sci abbastanza presto, a 3 anni. Loro non erano atleti, ma ci tenevano che imparassi a sciare. Rispetto a un “gardenese” ho sempre dovuto farmi 40 minuti di strada in macchina. Bolzano non ha gli impianti attaccati e la distanza è stata comunque uno sforzo in più da fare. La mia passione è nata grazie ai corsi di sci e si è evoluta con il tempo.

Dalle prime gare a 8 anni, agli Slalom speciali e giganti…

Ma non solo! Anche i Super G e la combinata. Certo, nello slalom gigante mi sono espresso meglio, però è nella combinata che ho colto i miei migliori risultati. Fare discipline diverse è stata la cosa che più mi è piaciuta. Concentrarsi solo su una non mi forniva gli stimoli giusti. Dello sci ho amato la diversità delle discipline.

Nel 2015 si aggiudica la Coppa Europa generale, nel 2016 conquista il titolo nazionale assoluto a Monte Pora. Che ricordo ha di quelle due stagioni?

Molto belli. La Coppa Europa è di importanza minore rispetto a quella del mondo, però è necessario fare punti in tutte le discipline. È un risultato di cui vado orgoglioso ed è stato un trampolino di lancio per entrare nei Top 30 mondiali. Mi ha dato sicurezza e consapevolezza.
Il campionato italiano invece è stato un motivo di orgoglio anche per le Fiamme Gialle, in quanto è l’unico che si corre per il Gruppo Sportivo di appartenenza. È un modo per essere riconoscente anche a loro.

E poi sono arrivati i XXIII Giochi Olimpici invernali di Pyeongchang. Ha partecipato individualmente allo Slalom gigante e in team alla gara a squadre, dove insieme avete raggiunto il quinto posto. Qualche aneddoto?

Allo slalom partivo intorno ai 20, non ero favorito. Dopo pochi giorni, però, Dominik Windisch ha fatto medaglia di bronzo nel biathlon e quell'episodio mi ha motivato un sacco, mi sono detto: “Sono qua per giocarmela, non devo fare la comparsa”. Sono arrivato quarto nella prima manche, per poi uscire nella seconda. Me la sono giocata.

Ha coronato un sogno…

Già. Fin da bambino vedevo le Olimpiadi come la massima manifestazione sportiva. Guardavo anche atletica, non solo sci. Trovarmi decine di anni dopo a sfilare e rappresentare l’Italia è stata un’enorme emozione, la realizzazione di uno dei miei più grandi sogni.

L’anno successivo, ai Mondiali di Åre ha vinto la medaglia di bronzo nella gara a squadre, partecipando come riserva... com’è andata?

È andata che la medaglia l'ho portata a casa, ma di mio ha gran poco. Non ho partecipato attivamente e neppure gareggiato in pista, ho solo dato un supporto. D’altra parte la riserva qualcuno la deve fare… quella volta è toccata a me.

Lo sci favorisce il turismo, ma non si può dire che sia sostenibile

Quando si parla di sci viene in mente anche il futuro di questo sport, che per molti italiani è anche un modo per passare le vacanze natalizie. E quando si parla di futuro non si può che non pensare ai cambiamenti climatici, con cui lo sci ha molto a che fare. Questo inverno è stato sotto gli occhi di tutti: molto degli impianti a bassa quota non sono riusciti ad aprire. La domanda è inevitabile: ha una opinione in merito al tema sci e sostenibilità?

Sarebbe troppo scontato dire che c’è un problema. Credo che lo sci come lo intendiamo oggi non sia sostenibile ed ecologico. Qui in Sudtirolo è senz’altro una fonte economica, che favorisce il turismo, però non si può dire che sia sostenibile. Ognuno di noi dovrebbe cercare di compiere delle scelte consapevoli, perché gli effetti dei cambiamenti climatici sono evidenti: per esempio, ho visto con i miei occhi la riduzione del ghiacciaio in Val Senales. Qualcosa bisogna fare. Lo si dice spesso, ma poi non si prendono delle scelte coerenti.            

Crede che questa sua consapevolezza si possa allargare anche ad altri atleti?

Sì, credo di sì. E ci aggiungerei anche alle Federazioni. Si sa però che la sostenibilità ha un costo e spesso le scelte intraprese vanno in altre direzioni. Serve fare di più.

Piani per il futuro?

In realtá sul futuro non ho ancora preso una decisione. Ho una laurea in economia e management quindi se fosse possibile trovare qualcosa dove sfruttarla e allo stesso tempo usare la mia esperienza da sportivo sarebbe il massimo! Ma non escludo niente al momento..