Cultura | ritratto

In Memoriam Scott Johnson

Aveva 70 anni. Con “John Somebody” aveva innovato la composizione, e trasformato la chitarra elettrica in uno strumento della musica d’arte.
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Foto: Patricia Nolan
Scott Richard Johnson era nato a Madison, nel Wisconsin, il 12 maggio 1952. Aveva iniziato a suonare il clarinetto prima di imbracciare la chitarra elettrica durante gli anni del liceo. La sorella Susan ha ricordato che "i suoi gruppi si esercitavano nella cantina di famiglia, e le sessioni di prova facevano tremare la casa".
L’ascolto della "Sagra della primavera" di Stravinskij lo portò a studiare musica classica all'università. Lo stile compositivo seriale che dominava nel mondo accademico indusse Johnson a laurearsi all'Università del Wisconsin in arti visive. Era il 1974. L’anno seguente guidò taxi a Madison per finanziare il suo trasferimento a New York.
 
A New York Johnson si mantenne demolendo e ristrutturando loft insieme a Scott Billingsley, un amico di Madison. Prese parte alla Love of Life Orchestra di Peter Gordon, riprese a comporre, collaborò anche con Laurie Anderson.
 
 
"A volte Scott impiegava giorni per riuscire a usare le dita per la chitarra, dopo aver levigato pavimenti tutto il giorno", ricorda Peter Gordon.
 
"John Somebody", ha scritto Johnson , è nato "quando gli elementi parzialmente sviluppati disposti sul mio tavolo hanno incontrato l'idea animatrice della suite di danza barocca, episodica ma unitaria".
 
E' un'opera per chitarra elettrica sola e nastro magnetico, elaborata tra il 1980 e il 1982 e incisa nel 1986. La musica è basata sulla rielaborazione di una conversazione telefonica che aveva registrato nel 1977 : "Sai chi c'è a New York? Ti ricordi di quel tizio, John qualcuno? Era un... era una specie di…".
Sul nastro alla voce femminile che ripropone il testo con l'intercalare di altri frammenti e qualche risata, Johnson sovrappose linee di chitarra elettrica, sassofono e percussioni. Il nastro era lo sfondo per una parte solista di grande virtuosismo, ideata per la sua chitarra elettrica. Tutta la musica prendeva forma dalla voce registrata.
 
Per Robert Palmer del New York Times "John Somebody" è “un connubio irresistibile di elementi rock e formalismo classico, che non fa difetto a nessuno dei due".
Per Mark Dancingers, chitarrista e compositore di New York, la musica di Johnson ha aperto la strada ai compositori più giovani altrettanto inclini all'ibridazione. "La prima volta che l'ho sentito presentare la sua musica", ha detto, "ho pensato: questo ragazzo è un po' in anticipo sui tempi".
 
Tra questi giovani inclini all’ibridazione vi era anche David Lang, e il gruppo di interpreti e compositori di Bang on a Can.
Dopo il fortunato esordio discografico si sono succeduti molti titoli. Con le musiche per il film dedicato a Patty Hearst iniziò la collaborazione con l’ etichetta Nonesuch, e  Kronos Quartet incise i suoi lavori per voce e quartetto d’archi.
 
 
Scott Johnson: Soliloquy (1991) From How It Happens (The Voice of I.F. Stone), per Kronos Quartet
 
In anni recenti Johnson ha utilizzato la sua tecnica di manipolazione del parlato per affrontare temi sociali e filosofici. In "Americans",  pubblicato da Tzadik nel 2003,  ha campionato le voci di immigrati nel Queens per riflettere sull'isolamento e l'assimilazione culturale. In "Mind Out of Matter", una composizione di 75 minuti per Alarm Will Sound terminata nel 2015 con la voce del filosofo Daniel Dennett, il tema è la storia della religione.

Nei suoi ultimi mesi di vita, Johnson ha completato una composizione  per quartetto d'archi e mezzosoprano. "Map" ha quale fondamento un suo breve testo che traduco così:
 
Ogni percorso è un destino ramificato
un sentiero ben consumato o una partenza
autostrade condivise ereditate
uscite progettate
o sterzate non segnalate
incidenti, errori, scoperte.
 
 
Scott Johnson—The Cultural Version of DNA Mixing, per New Music USA
 
 
A Scott Johnson era stato diagnosticato un cancro ai polmoni nel maggio 2021. E’ morto venerdì 24 marzo per polmonite.
Nello stesso giorno sua moglie Marlisa Monroe, musicista che lavorava nel campo dell’editoria, è stata trovata priva di sensi nell'appartamento a Manhattan che condividevano da molti anni, ed è  deceduta nelle ore successive.
 
Scott Johnson era stato in Alto Adige nel 2002. Era di passaggio verso Bellagio, per un “grant” della Rockfeller Foundation. Lo avevo accolto alla stazione di Bolzano, era carico di due zaini, uno per le apparecchiature musicali, l’altro per l'attrezzatura di montagna. Per una settimana si immerse nei paesaggi dolomitici. Sostava talvolta nei rifugi, era a suo agio in compagnia anche ad intonare canzoni dei Beatles e canti popolari, mentre altre giornate preferiva concluderle solitario nella natura, riparandosi nei piccoli igloo che si costruiva.
Gli dispiaceva molto che Marlisa non avesse potuto ammirare le Dolomiti. 
 
La sua è stata una vita che credo si possa indicare in modo appropriato con una frase in lingua tedesca: “Ein erfülltes Leben”.
 
Le dichiarazioni della sorella, di Peter Gordon, Robert Palmer, e Mark Dancingers sono riprese dal lungo articolo che il New York Times ha dedicato alla scomparsa del compositore.