Politica | Compromessi sposi

La parabola discendente della politica

Con l’aiuto di mass media addomesticati la politica disconosce platealmente la coscienza delle responsabilità e dei valori, di cui una comunità ha bisogno per evolversi.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: upi

Con un’opinione pubblica distolta da un attento e coerente monitoraggio delle vicende della comunità la politica si aggroviglia sugli stanchi riti della propria autocelebrazione. Lo fa con compiacimento, se non con ardore ed accanimento, fissata sugli obiettivi egoistici suggeriti da vanità e clientelismo oppure da freddo calcolo machiavellico, manipolando i meccanismi della democrazia e gli strumenti di informazione. Inizialmente, i vincitori della tornata elettorale pretendono l’insediamento al trono, gli sconfitti si chiamano fuori dal gioco. Che pretesa balorda di M5S e Lega voler far convergere aspri concorrenti sul rispettivo programma dipinto come unica ancora di salvezza del paese: Tutti sanno che bisognerà scendere a compromessi, accettando vicendevolmente di ingoiare alcuni rospi. Quello più grosso toccherà alla cittadinanza: Si rischia che il prossimo governo, ancora, non intervenga su problematiche cruciali per lo sviluppo perché per affrontarle seriamente servirebbero misure incisive e di lungo respiro.

Senza un accordo sulle strategie a lungo termine non è possibile impostare cambiamenti veri. L’orizzonte della pianificazione, invece, sarà dettato dalla ricerca di compromessi necessari per coprire le cariche amministrative di vertice delle società partecipate, per approntare il prossimo bilancio di previsione e trovare un intesa sui conti pubblici con l’Unione Europea. I compromessi sofferti spacciati per „passi di riforma“ probabilmente avranno l’effetto di produrre interventi zoppi e senza sostenibilità economica e sociale nel lungo periodo. Sotto la perenne spada di Damocle di nuove elezioni tutti nella coalizione di governo cercheranno di accontentare la propria clientela e di far vedere che, rispettivamente, si è riusciti a realizzare qualcosa dei programmi elettorali. Le improvvise aperture reciproche tra il centrodestra ed M5S segnalano la disponibilità di dividersi la torta, quale che sia stata la ricetta rispettivamente proposta, e smascherano quanto siano dettate dalle strategie elettorali le insuperabili contrapposizioni professate durante la campagna elettorale. D’altra parte sembrano goffi i proclami di rifondazione di una sinistra frantumata e senza guida, stando all’opposizione: Come sempre, appena dopo le elezioni iniziano sotterrranee trattative sulle possibilità di ritagliarsi un ruolo instituzionale e di riproporsi per la prossima consultazione elettorale fagocitando liste improvvisate andate a picco.

Regole partitocratiche in un periodo di sfiduciamento

Grazie ad una legge elettorale partitocratica durante la campagna elettorale prima si gusta la soddisfazione antidemocratica di un casting secondo le preferenze del leader del partito e poi si pregusta quella della distribuzione delle diverse cariche chissà secondo quali criteri di competenza e di merito. La sensazione deve essere quella della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Non c’è da meravigliarsi che taluno si senta un dio. C’è chi parla solennemente di discesa in campo, quando la sua è soltanto una partecipazione virtuale, ma sempre efficace. C’è chi si propone come forza nuova levando l’epiteto fondante della identità originaria, proiettandosi in una tanto avventurosa quanto riuscita campagna lungo tutto lo stivale. C’è chi si ostina ad imporre una leadership sgomitante e non si accorge che il suo protagonismo non riesce a cogliere gli umori della gente. Altri sfondano grazie alla parvenza di una missione di innovazione di gente incontaminata dai geni dello sperpero e della corruzione ed alle solite tergiversazioni elettorali di massa nel sud. Chi fino adesso é riuscito a frenare la caduta dei capelli si ritrova ridimensionato nelle sue aspirazioni verticistiche, ma è comunque riuscito a piazzare chi gli potrebbe spianare la strada verso il colle, aspirazione alla quale non ha mai rinunciato. È sprofondato persino chi di vela se ne intende, assieme ai suoi compagni sulle navicelle improvvisate dell’orgoglio sinistro, memori dell’Achille, mai salpati verso il mare aperto.

Il chiasso rassicurante della libertà di parola

E adesso, come si fa? Nessuno, a parole, vuole scendere a compromessi sulla formazione del governo. Bisogna pur dimostrare coerenza per un certo tempo. Ai vincitori non gli va giù dover considerare partner chi era avversario bollato di far franare il paese e men che meno considerano partner chi ha perso. Gli innummerevoli talk show mattutini, pomeridiani e serali offrono quotidiane analisi delle dichiarazioni di vincitori e vinti ed illustrano strategie e possibili scenari. Producono un chiasso continuo ed assordante, ma anche rassicurante perché sono una dimostrazione della libertà di parola e di critica che altrove è stata brutalmente soffocata, ad esempio in Turchia ed in Russia, o comunque ha subito forti limitazioni, come in Ungheria e Polonia. Per fortuna solo in parte, anche da noi i mass media funzionano alla perfezione come catalizzatore e moltiplicatore delle lamentele e come acritica tavola di risonanza del fare politica senza pretesa di servire il bene comune. Se la cittadinanza che cambia opinione dimostra di avere fiducia in essa, qualcuno vede adesso il momento di insistere sulla diffusione del dubbio di fronte alle incertezze del voto. Seguendo i dibattiti in tv sembra quasi che l’instabilità politica fosse colpa dell’elettorato che non ha adottato scelte più nette per la guida del paese, seguendo i suggerimenti ricevuti.

Non avendo più sul radar la società civile, con l’attenzione unicamente rivolta alle quotidiane esternazioni dei rappresentanti politici i mass media rendono omaggio ai partiti nonostante sia già chiara la sceneggiatura del film. Le consultazioni andranno avanti per mesi, o perlomeno fino a quando, esauriti i tentativi di formare una coalizione stabile di governo, il Presidente della Repubblica avrà la comprovata sensazione di uno spiraglio per una soluzione temporanea, il famoso governo di scopo.

La candida convinzione di avere ragione

Chi ricorre a poco sapere è avvantaggiato nella contesa del potere perchè nulla è più persuasivo della candida convinzione di avere ragione e volere il giusto, affinata ed accresciuta dalla retorica durante il lungo viaggio della campagna elettorale che ha fatto constatare la sintonia del comune sentire della gente un po‘ ovunque da Trieste in giù. La spedizione di uno, oggi, raccoglie un milioni di voti e ciò senza fucili.

Giù la testa è il motto dentro al Pd, con qualche eccezione che intravvede in una coalizione con il M5S una possibilità di pronta resurrezione, data la maggiore esperienza politica di governo. La caduta libera non ha fatto scattare effetti di ravvedimento nella testa del segretario, già sgonfiato dall’esperienza referendaria, ma sempre convinto che i compagni avrebbero dovuto lasciarlo fare di testa sua. Se l’elettorato gli ha voltato le spalle ora tenta di consolarsi con i pretoriani fedeli del partito, bloccando l’indispensabile rinnovo. C’è chi specula che quelli allineati fino a qualche momento fa possano essere già pronti a fare da entourage al prossimo leader. L’immobilismo espone il Pd al rischio di finire in disparte per molto tempo.

In un periodo di rimodulazione delle forze politiche in campo è avvantaggiato chi riesce a rinnovare quanto prima programma, organizzazione e leadership ed a sintonizzarsi con la volontè gènèrale. Il problema di fondo è che mancano antenne e corpi intermedi in grado di intercettarla e darle una configurazione tale che rispecchi una consapevolezza civica degna delle nostre tradizioni democratiche e delle attuali esigenze di responsabilità e solidarietà. È in queste situazioni che occupano il campo le task force delle lobby e si scatenano think tanks, nerds ed influencer.

I mass media come acritica tavola di risonanza

Di fronte al giudizio di un elettorato sempre meno prevedibile si fa presto ad essere scaraventati giù dai piedistalli eretti dagli ingegneri della comunicazione. La politica opera su un campo scivoloso, su cui è difficile tenersi in equilibrio. Se il paese è in affanno, è perché molta gente acclama soltanto politici che gli promettono di fargli fare le cicale e ripudia chi gli suggerisce di fare la formica. Ormai tale attitudine è diventata una componente abitudinaria del fare politica e del reputarsi cittadini da asservire. Tutti sono d’accordo di prendere la strada in discesa ed inveiscono contro i disservizi di uno stato non sorretto da ideali condivisi e da un impegno comune nell’intento di risalire la china.

Molte insidie sul cammino del nuovo governo

Cavalcare l’onda del successo vuol dire stare sull’orlo di un precipizio: Chi indovina il salto da fare potrà planare su Palazzo Chigi, chi lo sbaglia o chi tentenna potrebbe schiantarsi sugli scogli delle troppe promesse a causa degli spintoni di malefici partner di coalizione o dei cambiamenti di casacca già oggetto di frenetiche trattative. Non sono esclusi dei cambiamenti di umore imprevedibili dell’opinione pubblica stuzzicata da produttori di scandali e fake news delegittimanti: Chi assumerà la guida del governo potrebbe perdere la fiducia della gente, se non riesce a ridurre la disoccupazione e rilanciare la produttività del sistema economico. Potrebbe finire sconfitto a seguito di imboscate parlamentari affrontando tematiche ostiche come la legge elettorale, le privatizzazioni oppure la riforma del mercato del lavoro e del welfare. E potrebbe anche cadere in disgrazia per avere intaccato le molti posizioni di rendita (vitalizi, urbanistica, appalti…) costruite in decenni di sperpero e malgoverno. Forse sono già in atto delle trame sotterranee per la ricomposizione dello status quo, mai perso d’occhio da arguti orditori. I novizi non sanno quanto è profondo il transatalantico e quelli che sperano in un ripescaggio grazie agli interventi della flotta crociata che ha calcolato il delta tra le forze in gioco, sanno che l’attesa paga e alla fine diranno che non è andata male, in fondo.

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Karl Trojer Mer, 04/11/2018 - 10:49

Rimango affascinato della qualità eccellente di questa analisi e la condivido. Si, la politica è l´arte del possibile, l´arte di proporre e costruire dei compromessi utili al bene comune. E pertanto, se non si intende scivolare all´indietro, in voragini di celebrazione di egoismi nazionalistici, gli italiani devono accettare di operare come formiche e non farsi lusingare da canti di cicale. A mio parere tocca ora alle due forze M5S e PD a costruire l `Italia futura; ritengo essere irresponsabile racchiudersi ognuno nella propria nicchia ed attendere delle nuova elezioni, che tutto peggiorerebbero.

Mer, 04/11/2018 - 10:49 Collegamento permanente