Economia | La fase 2

“Il centralismo ci sta strangolando”

Franz Staffler, proprietario dell'Hotel Laurin, sprona il governo locale a reagire per contenere i danni che le misure di chiusura stanno portando alla nostra economia.
Franz Staffler
Foto: Parkhotel Laurin

Come noto, in Alto Adige/Südtirol l'indirizzo dato dal premier Giuseppe Conte alla ripresa delle attività economiche (la cosiddetta “fase 2” nella lotta al contenimento della diffusione del Coronavirus) ha suscitato un diffuso malumore, provocando una reazione che potrebbe addirittura portare ad uno strappo politico, vale a dire alla promozione di uno specifico “Sonderweg” fortemente voluto dai vertici del partito di maggioranza (Svp), ma anche dal partner di governo (Lega) e da non pochi politici dell'opposizione (a cominciare, ovviamente, dall'ala autodeterministica e anti-italiana di default).

In pratica, la Provincia intenderebbe anticipare i tempi della riapertura fissata dal governo in due tappe (18 maggio e primo giugno) puntando all'approvazione in Consiglio provinciale – il prossimo 7 maggio – di un disegno di legge che riecheggia il vecchio slogan “Los von Rom”. Con le parole di Arno Kompatscher: “Nelle numerose videoconferenze avute con gli esponenti del Governo avevo più volte chiesto che a livello statale per la Fase 2 fossero emanati solo criteri e linee guida. Si sarebbe dovuto lasciare alle Regioni e alle Province autonome la decisione finale su quali provvedimenti e regole adottare, sulla base delle rispettive situazioni epidemiologiche e delle specifiche esigenze dell’economia locale. Purtroppo qualche presidente delle altre Regioni ha adottato solo per pochissimo questo approccio autonomista, per poi dichiararsi d’accordo con regole dettagliate e centralizzate, probabilmente per evitare di doversi assumere direttamente la responsabilità delle decisioni”. Un atteggiamento passivo non apprezzato dal governatore altoatesino, deciso dunque ad agire forzando la mano.

Molti esponenti del mondo economico e imprenditoriale locale sono apertamente sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda del Landeshauptmann. Tra questi, anche Franz Staffler, proprietario dell'Hotel Laurin di Bolzano, al quale abbiamo rivolto alcune domande su questo delicato passaggio e, più in generale, sulla difficile situazione che stanno vivendo tutte le imprese legate al turismo e alla ristorazione.

Salto.bz: Franz Staffler, anche lei fa parte di chi critica l'indirizzo del governo centrale relativamente alle misure che dovrebbero portarci alla “fase 2”?

Franz Staffler: Guardi, parlare di “indirizzo” mi sembra azzardato. Io vedo soprattutto molta confusione, incertezza, indicazioni contraddittorie e il ricorso a formule incomprensibili, basti pensare alle assurde discussioni che si sono avute sul significato della parola “congiunti”. Tutto ciò non può che causare un fortissimo imbarazzo, direi pure una comprensibile irritazione da parte dei cittadini.

Una confusione percepita in particolare dal mondo economico?

Certo, perché è il settore più colpito. Al riguardo credo che l'impostazione data dal governo alla gestione della crisi abbia sottovalutato moltissimo i danni che il blocco pressoché totale delle attività causerà nei prossimi mesi: i risultati negativi di questa strategia comporteranno un forte calo dell'occupazione e molte aziende non riusciranno a ripartire. Bisogna assolutamente invertire questa tendenza.

Ma non pensa che governo si sia trovato nella necessità di stabilire delle priorità, mettendo al primo posto la salute dei cittadini?

La salute dei cittadini non dipende soltanto dai provvedimenti che si possono – e ovviamente si devono – applicare in campo sanitario. Lo sbaglio è stato proprio questo: non vedere che anche l'economia è un fattore che contribuisce alla salute pubblica, e che se la blocchiamo alla fine ci sarà una perdita secca anche sul piano sanitario: si tratta di fenomeni strettamente legati.

Eppure anche altri Paesi hanno seguito in un certo senso l'esempio italiano, cercando in prima istanza di frenare l'avanzata del contagio.

Innanzitutto non è vero che tutti i Paesi europei abbiano seguito l'esempio italiano. In Europa i Paesi nordici, la Germania, ma anche i nostri vicini austriaci hanno proposto un'altra linea, evitando la paralisi totale. In molti casi la chiusura è avvenuta dopo, non in modo così drastico, e si è cominciato per tempo a pensare come organizzare la ripartenza. Da noi ha vinto invece la linea della paura e, ripeto, le conseguenze – purtroppo temo assai dolorose – le vedremo sul medio e lungo periodo.

Quali sono, a suo avviso, gli sbagli più evidenti che sono stati commessi?

Le faccio solo un esempio. Nella stessa via abbiamo un negozio di frutta e verdura, che è sempre rimasto aperto, e una cartoleria o un altro esercizio che vende prodotti artigianali. Perché le norme di sicurezza, il contingentamento degli accessi, la distanza da rispettare e quant'altro può funzionare nel primo caso e nel secondo no? Bastava organizzarsi, chiedere che tutti rispettassero determinati protocolli di comportamento e i rischi sarebbero stati contenuti.

Si è forse pensato che così la frequenza degli spostamenti si sarebbe ridotta, abbassando la soglia del rischio.

Ma escludere completamente il rischio è impossibile. Pensiamo all'ipotesi che venga annunciata l'eruzione di un vulcano come il Vesuvio, a Napoli. Che facciamo? Evacuiamo tutta la città oppure cerchiamo di distinguere, permettendo che vengano prese delle misure che comunque evitino di aggiungere una catastrofe all'altra? Vivere significa sempre rischiare, ma non si può smettere di vivere credendo di non rischiare più. È un paradosso.

Molti cittadini hanno però apprezzato le decisioni del governo, appoggiando la linea della prudenza.

Be', direi che l'hanno accettata in particolare coloro i quali possono comunque contare su un reddito garantito, anche rimanendo inattivi. Ma ci sono anche molte altre persone che non possono attendere, che hanno bisogno di ripartire e anche alla svelta. Del resto, come le dicevo, in una società come la nostra tutto si tiene, e non è affatto detto che anche sulle categorie apparentemente meglio equipaggiate per resistere poi non ricadano i problemi che gravano adesso su altre categorie più sfavorite.

Cosa pensa di ciò che si sta profilando nel settore in cui lei opera, con tutte le precauzioni che verranno prese quando si riaprirà?

Anche in questo caso ci muoviamo più in una foresta di incognite che su un piano che offre chiarezza. Le precauzioni ci devono essere, ovviamente. Va benissimo il distanziamento, l'aumento dei provvedimenti igienici, vanno benissimo anche le mascherine... ma se vogliamo che certi esercizi sopravvivano è impensabile di progettare una riapertura, per di più tardiva, snaturando completamente il profilo delle nostre attività. Ogni giorno se ne sente una diversa. Abbiamo bisogno di chiarezza, ripeto, e di fiducia. Io posso, per dire, anche tenere i tavoli lontani gli uni dagli altri, ma è assurdo che non si possa prevedere di servire due persone alla volta. Così non avrebbe senso neppure tentare di riaprire. Ci dicano che dobbiamo fallire e amen.

In fondo a questo tunnel non possiamo scorgere neppure una piccola luce?

Ovviamente sì. Personalmente confido molto nella ricerca scientifica, e sono anch'io dell'avviso che solo la scoperta di un vaccino possa togliere di mezzo questo virus che adesso ha paralizzato il mondo. Ma la scienza richiede i suoi tempi, e intanto noi dobbiamo darci da fare per continuare la nostra vita nel modo migliore possibile. Il governo di una società complessa ha bisogno di reggersi su un equilibrio che non penalizzi troppo i settori che di fatto la fanno funzionare.

In questo senso come giudica le recenti posizioni espresse dal Landeshauptmann, crede che perseguire a livello provinciale una strategia autonoma rispetto al resto del Paese ci possa aiutare?

Sono assolutamente convinto che sia l'unica scelta da fare, ma non solo qui. Anche altri governatori, in altri territori, dovrebbero opporsi al centralismo che ci sta strangolando. Kompatscher ha mostrato coraggio e, per quel che vale, io lo sostengo apertamente.

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Massimo Mollica Gio, 04/30/2020 - 07:37

Io sono un convinto autonomista, lo sono nel mio DNA. Però faccio presente che la paura non la puoi eliminare con alcuna legge. Oggi come oggi un conto è lavorare da casa o in ufficio da solo, cosa che non implica alcun rischio o rischio minimo, un altro è andare al bar o in pizzeria. E questo stato di cose è presente in Italia così come in Germania (in Austria non lo so) e in praticamente tutti il MONDO. Non si salva nessuno! Lo stesso articolo della testata austriaca pubblicato qui su Salto interrogava un esercente che aspettava i turisti italiani. Può aspettare quanto vuole ma difficilmente arriveranno! E certo che ci si possa scordare pure dei turisti germanici quest'anno. Quindi che sia il 4 o 18 maggio onestamente non so che differenza faccia. Se poi i morti e relativi contagiati dovessero risalire anche di poco ripenseremo alle immagini dei camion militari che portavano via le bare e allora più che una passeggiata fuori casa non faremo aspettando questo benedetto vaccino, sempre se verrà!

Gio, 04/30/2020 - 07:37 Collegamento permanente
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Markus Lobis Gio, 04/30/2020 - 18:10

Quello che ci sta strangolando è un sistema economico malato. Che vive di giorno in giorno e cerca di ricattarci tutti.
E ci ammazzerà tutti, Staffler incluso...

Gio, 04/30/2020 - 18:10 Collegamento permanente