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Cultura | Avvenne domani

Ma Pons Drusi dov'è?

Definitivamente individuata sulla collina sotto il Guncina la sede del primo insediamento romano, ma c'è già chi contesta.

Se sappiamo che, all'incirca duemila anni or sono, nella zona dove oggi sorge Bolzano c'era una località denominata Pons Drusi, lo dobbiamo ad un documento conservato nel buio di un archivio viennese. Si tratta della famosa Tabula peutingeriana, una mappa realizzata nell'alto medioevo copiando una più antica carta romana nella quale erano raffigurate tutte le strade realizzate ai tempi dell'impero romano, con il loro tracciato e i nomi delle località situate lungo il percorso. È un documento preziosissimo perché permette di gettare uno sguardo su una realtà che le opere storiche, pur dettagliate come quelle realizzate ai tempi di Roma antica, non possono descrivere in tutta la sua completezza. Nella parte che ci riguarda più direttamente la tabula contiene tre nomi. Uno è quello di Tridentum, la Trento romana, centro più importante dell'intera zona, fondata ancor prima che Druso e Tiberio, della primavera dei 15 a.C., dessero inizio alla definitiva conquista di tutto il territorio alpino, per mettere al sicuro le vie di comunicazione tra la Pianura Padana e il Limes che correva lungo il Reno e il Danubio. Un altro nome è quello di Sublavione, località situata lungo la via del Brennero e identificata comunemente con l'attuale abitato di Chiusa. Tra i due si colloca la misteriosa Pons Drusi.

Sull'esatta collocazione di questo centro abitato si discute ormai da oltre un secolo. Aiuta poco il fatto che la denominazione dovesse indicare il luogo dove il condottiero romano Druso aveva fatto gettare un ponte per superare un fiume ad un torrente. All'epoca la conca bolzanina era una sorta di sterminato acquitrino sulla cui conformazione dettavano legge le piene improvvise e le alluvioni provocate dai tre corsi d'acqua principali che andavano a congiungervisi (Adige, Isarco e soprattutto Talvera), ma anche da altri corsi d'acqua più piccoli che poi, nel corso dei secoli, sono stati domati, incanalati e interrati e dei quali in buona parte si è persa addirittura la memoria. Furono dunque molti i ponti che gli abilissimi ingegneri romani giunti al seguito di Druso dovettero realizzare per trasformare in realtà il progetto che era alla base dell'intera impresa bellica: quello di avere una strada che permettesse alle legioni di spostarsi nel giro di pochi giorni da sud a nord delle Alpi. È la famosa Via Claudia Augusta che, con le sue diverse varianti, partendo da Altino vicino a Padova o da Mantova giungeva, in terra germanica, ad Augusta Vindelicorum (l'attuale Augsburg). Nella conca bolzanina, proprio a Pons Drusi probabilmente, la strada trovava un importante biforcazione. Il tracciato originario saliva lungo l'attuale valle dell'Adige e la Venosta, per superare il passo di Resia. Un altro ramo si dirigeva verso il Brennero e la valle dell'Inn, porta naturale aperta verso la pianura bavarese. Qui però c'era da mettere nel conto l'ostacolo costituito dalla gola formata, poco a nord della conca, dalle montagne, eternamente franose, che si stringono sul corso dell'Isarco. Inizialmente la soluzione trovata fu quella di spostare il percorso più a monte lungo le pendici di quello che oggi è l'altopiano del Renon, ma gli studiosi, oggi, sono concordi nel riconoscere che i bravi ingegneri romani riuscirono già nell'antichità a rendere praticabile un percorso meno faticoso nella gola sottostante.

Tutto questo per capire che la nostra Pons Drusi rappresentava all'origine qualcosa di molto simile a quelle aree di sosta che oggi seminiamo sulle nostre autostrade per permettere ai viaggiatori, ai commercianti e soprattutto, all'epoca, ai distaccamenti militari, di potersi fermare per riposarsi e rifornirsi del necessario per proseguire il cammino. È molto probabile che, attorno a questo insediamento, si sia formato col passare dei decenni un centro di dimensioni più ampie, anche perché, altrettanto certamente, nei secoli della dominazione romana, vennero ad ampliarsi le zone del fondovalle bonificate e adattate alla coltivazione e all'allevamento. Le scoperte archeologiche degli ultimi anni ad Appiano e Vadena non sono che due tra gli esempi che dimostrano come la zona fosse abitata ed ospitasse anche edifici di pregio.

Sono tutti elementi importanti, ma che non ci aiutano più di tanto a fissare con precisione sulla carta geografica la posizione originaria di questa benedetta Pons Drusi. Le ipotesi avanzate nel corso del tempo, come detto, sono tra le più diverse. Qualcuno l'ha addirittura immaginata molto più a sud dell'attuale Bolzano. Altri la volevano ai piedi dello sperone di roccia dell'attuale Castel Firmiano, altre ancora nella zona di Rencio, dove ancor oggi un'antichissima vera da pozzo segno forse il luogo dove la strada romana iniziava a inerpicarsi sulla montagna verso nord. Un'altra collocazione ipotizzata è quella dell'attuale via Cappuccini, dove, secoli dopo doveva sorgere il nucleo primigenio della Bolzano medioevale. Da non dimenticare infine l'ardita ipotesi avanzata alcuni anni fa da alcuni ricercatori, secondo i quali ad avere un'origine romana sarebbe proprio l'intera città di Bolzano con il classico incrocio  delle due vie principali (cardo e decumano) ancor oggi visibile in piazza delle Erbe.

Un florilegio di ipotesi molto ampio, come si vede, che oggi sarebbe stato spazzato via all'improvviso dalla scoperta avvenuta due anni fa durante i lavori di scavo del nuovo edificio situato sul lato ovest del vecchio albergo Grieserhof, durante i lavori di trasformazione di quello che fu uno dei gioielli della Gries turistica nella Belle Epoque, trasformato poi in ospedale da guerra e clinica privata, e che ha ritrovato nuova vita come centro per anziani.

Non che la scoperta, nel sottosuolo, di reperti romani sia stata del tutto una sorpresa. Già quando furono realizzate le abitazioni vicine erano stati trovati i resti di una casa romana di grande pregio. Nel caso del Grieserhof, tuttavia, come raccontammo su queste pagine già all'epoca della scoperta, si andò ben oltre. Le caratteristiche architettoniche delle fondamenta e il materiale rinvenuto permisero subito di capire si trovava di fronte ai resti di un edificio pubblico, un tempio o un palazzo, e non semplicemente a quanto rimaneva di uno dei tanti edifici privati che dovevano sorgere all'epoca, su un versante più alto del piano di campagna soggetto le alluvioni e attraversato sicuramente da una strada di collegamento tra i due rami della Claudia Augusta. Diviene così certezza, in un mondo che di certezze non neconta molte come quello dell'archeologia, l'ipotesi avanzata due anni fa. La Pons Drusi romana era situata ai piedi della montagna su cui oggi si inerpicano le passeggiate del Guncina.

A celebrare l'importanza del ritrovamento anche un risultato di non poca importanza: quello di aver permesso che gli scavi, una volta completato il lavoro degli archeologi, non siamo stati ricoperti per dar corso ai lavori di costruzione del nuovo edificio. Si è riusciti, con molta buona volontà e un discreto ingegno, ad integrare nei sotterranei della nuova ala una grande sala che permette di osservare quanto ritrovato sia a livello di opere murarie che di reperti esposti in una serie di vetrine.

Un piccolo museo che ora sarà aperto al pubblico con visite guidate a pagamento (ma la somma non è eccessiva) previa prenotazione. "Credo che questo sia l'unico caso al mondo - ha affermato con grande soddisfazione durante la cerimonia di inaugurazione il Presidente della Fondazione St Elisabeth Christian Klotzner - nel  quale un museo, sia pur piccolo, viene inserito in una struttura dedicata all'accoglienza degli anziani", ed ha aggiunto come sia notevole che una scoperta potenzialmente inquietante per chi doveva portare a termine rapidamente la ristrutturazione del complesso, sia stata trasformata in un fattore positivo, che aumenta gli elementi di apertura verso il resto del quartiere e della città di una struttura che ospita tra l'altro già un asilo nido, ambulatori medici e un bar e che offre anche un ampio giardino aperto al pubblico..

Il nuovo piccolo museo che arricchisce l'offerta culturale di Bolzano è stato ovviamente realizzato, come ha sottolineato soddisfatto Arno Kompatscher, con il contributo determinante della Provincia, che ne ha curato, attraverso l’Ufficio beni archeologici l'allestimento. Alla direttrice Catrin Marzoli il compito di spiegare il valore di quanto rinvenuto durante gli scavi.

Qui è tornato in primo piano il caso Pons Drusi. Secondo Marzoli l'attribuzione è praticamente certa.

Questione risolta? Difficile crederlo. C'è già, nel giro di qualche giorno, chi contesta ed afferma che la vera Pons Drusi era da tutt'altra parte. L'indovinello archeologico continua.