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“Creativi, l’Italia deve valorizzarli”

Migliorano le opportunità per i laureati in cultura e design, ma molti fuggono all’estero. L’esperienza di Beatrice Tamagnini, da Bolzano all’Economist di Londra.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Beatrice Tamagnini
Foto: Beatrice Tamagnini

I laureati nelle materie culturali e della creatività. Una risorsa che l’Italia, attraverso il suo sistema universitario, è capace di formare, ma a cui invece non dà tutte le risposte in termini di prospettive di carriera e di vita. Anche se ci sono dati positivi. Secondo il recente rapporto di Almalaurea, focalizzato sui diplomati nelle discipline “Alph” (“Art, Literature, Philosophy and History”), i laureati attivi nelle professioni in ambito culturale sono aumentati negli ultimi 8 anni, passando da 10,2% a 10,9%.

A 5 anni dalla fine degli studi, dice l’indagine, occupano con più facilità ruoli di alto livello, come imprenditori o alti dirigenti. Inoltre, mostrano un cv più ricco di esperienze maturate durante l’università, e in misura superiore alla media lavorano all’estero. Segnali incoraggianti, che invitano il sistema Paese a valorizzare ancora di più i professionisti delle industrie culturali e creative che sono un volano, come nota anche Almalaurea, per l’economia in una nazione con un’enorme eredità storica. Per conoscere da vicino l’esperienza in una disciplina molto attuale e con grandi potenzialità come il design, salto.bz ha parlato con Beatrice Tamagnini, laureata alla Facoltà di Design e Arti di Bolzano, passata poi a Berlino e ora a Londra dove ha fondato lo studio creativo BBLS e lavora come designer al prestigioso giornale The Economist.

Beatrice, oggi 29enne, a 18 anni ha lasciato Roma, la città dove è nata e cresciuta, per trasferirsi a Bolzano, con l’obiettivo di iniziare il percorso accademico in “Design&Art”. La sua è una delle tante storie che si nascondono dietro alla realtà descritta da Almalaurea.

Il consorzio interuniversitario, al quale partecipa anche la Libera Università di Bolzano, rileva come in Italia il 42% degli occupati nel sistema produttivo culturale e ricreativo sia laureato. Una percentuale quasi doppia rispetto agli occupati di tutti gli altri settori. Investire in cultura, si rileva nell’indagine, conviene: “Infatti, per ogni euro prodotto dalla cultura se ne attivano 1,8 negli altri settori satelliti”.

A cinque anni dal titolo, in ambito culturale emerge che sono più diffuse non solo le professioni di alto livello (imprenditori e alta dirigenza) ma anche quelle ad elevata specializzazione (tipicamente, le professioni che prevedono la laurea). Altro punto molto importante, i laureati occupati a cinque anni dal titolo in ambito culturale evidenziano un livello più elevato di efficacia della laurea: il titolo risulta molto efficace o efficace per il 69,2% rispetto al 65,3% rilevato per il complesso degli occupati. Ancora, tra le professioni in ambito culturale è più alta della media la quota di chi ha cinque anni dal titolo lavora all’estero: è il 10,3% rispetto al 6,8% del complesso degli occupati.

Fino a qui i dati. Per capire il valore dei professionisti dell’industria culturale, e comprendere qual è la posta in gioco a livello anche economico per il sistema Paese, basta conoscere l’esperienza di Tamagnini. Dalla formazione in una realtà trilingue, qual è l’università di Bolzano, fino all’approdo a Berlino e a Londra. Assieme al successo della propria esperienza c’è però un rimpianto: il pensiero che l’Italia nel suo complesso non faccia abbastanza per trattenere tutti i suoi creativi, preferendo che vadano ad accrescere le economie degli altri Paesi.

“La cosa che mi attraeva di più del corso a Bolzano - esordisce la designer -, rispetto ad altri in altre città, è stato il trilinguismo e quindi l’internazionalità, la curiosità di provare cosa significhi vivere in una piccola città. All’inizio ero attratta dalla fotografia e dalla figura di Francesco Jodice, fotografo che al tempo insegnava nella Facoltà di Design e Arti. Suo padre, Mimmo, aveva insegnato a mio padre non solo la tecnica, ma anche la filosofia dietro all’immagine. Come succede molte volte nella vita, le cose non sono andate come pianificate e infatti il professore lasciò la cattedra, mentre io mi appassionai sempre di più al web design e alla ricerca UX-User experience”.

“Sono state molte le possibilità - prosegue - che ho avuto durante il corso di laurea per mettermi alla prova e conoscere il mondo del lavoro. Grazie al professor Kuno Prey ho avuto la possibilità di conoscere durante un workshop Sibylle Schlaich, ceo di Moniteurs, dove ho eseguito il mio primo internship a Berlino alla fine del secondo anno di studi. Questo lavoro, che è durato alla fine più di un anno, mi ha fatto appassionare alla materia che poi è diventata la mia professione, lo UX. Ma senza i corsi offerti della unibz non sarei in grado oggi di avere una comprensione più ampia dei processi di produzione e dei linguaggi visivi, che fanno di me oggi un creative director”.

A dieci anni dal suo arrivo in Alto Adige, Beatrice è stabile nel Regno Unito post Brexit. “Vivo a Londra da più di quattro anni ormai, ci sono arrivata un po’ per caso in un’estate. Dopo circa un mese di ricerche ho trovato lavoro in un ‘branding studio’ chiamato Otherway che ha segnato l’inizio della mia carriera. Dopo aver vissuto due anni a Berlino, non avrei mai immaginato di poter vivere a Londra, città che è l’antitesi dell’altra, ma le possibilità’ lavorative che quest’ultima mi ha offerto sono state veramente molte”. Oggi è fondatrice e responsabile creativa di BBLS, studio creativo che si occupa di indagare la moda sostenibile, nonché senior product designer presso The Economist, settimanale di informazione politico-economica, dove conduce ricerche e si occupa di UI/UX e digital strategy.

“Sono molto felice dove sono ora - rivela lei stessa -. Londra mi ha dato la possibilità non solo di vivere una comunità multi-etnica, ma di incontrare diverse opportunità’ di lavoro e creare in pochi click la mia limited company. Certo il clima…”.   

Lontana dal sole del Belpaese, in cui torna per le vacanze, analizza quelle che possono essere le motivazioni dietro alla “fuga dei creativi”. “Una causa - riflette - potrebbe essere romantica, ovvero la capacità di immaginare un futuro magari lontano dal luogo in cui si è cresciuti. L’altra causa è oggettivamente economica: in Italia i laureati in ambito culturale sono obiettivamente pagati molto meno rispetto agli altri Paesi, dove i creativi sono considerati essenziali per la ricchezza economica. Inoltre i neolaureati che volessero aprire un primo business sarebbero tartassati dalle tasse e soprattutto da una burocrazia impossibile da affrontare per chi non ha esperienza e solidità economica. Come può un creativo creare innovazione quindi?”.

La designer ritiene “la dipartita” dei laureati Alph un fattore “seriamente negativo” per l’Italia nel suo complesso: “Ritengo che la mia educazione che ho ricevuto in un’università pubblica sia stata ottima. Qual è dunque lo scopo di questo sforzo educativo se poi noi laureati andiamo a pagar le tasse in un altro stato e a costruire una vita lontano dal nostro Paese?”

Che i cosiddetti “creativi” siano essenziali per la ricchezza economica nazionale, argomenta ancora Beatrice, sembra sia in Italia ancora una cosa difficile da capire. “Infatti - aggiunge - generalmente si consiglia al nipote di studiare medicina, giurisprudenza o economia. Le fughe all’estero poi non sono solo quelle degli Alph. Sono 600.000 gli infermieri italiani che lavorano nel sistema nazionale sanitario inglese. Pare siano tra i più formati al mondo. Professionisti di cui avevamo bisogno durante la pandemia e, vista la situazione, potremmo ancora averne bisogno”.

Un pensiero infine ritorna al capoluogo altoatesino. “Sono felice dove sono, Berlino ieri, Londra oggi, chissà domani? In realtà sono da poco ripassata per Bolzano dove non solo ho lasciato molti bei ricordi ma anche l’esperienza di una città completamente diversa da molte, con un Pil più alto rispetto ad altre regioni italiane, con diverse lingue e culture, ma anche con molta grande autenticità, dote rara nel mondo del 2020”.