Società | Centro giovani

Al Vintola si impara la legalità

Conclusa l'ottava edizione di "Scampia on the road", il progetto che ha portato 12 ragazzi nei luoghi di Gomorra. Lo Russo: "Insegniamo a riconoscere le logiche mafiose".
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Vintola / Vintler
Foto: Salto.bz

È stata l’importanza data alla progettualità la chiave di svolta delle attività proposte dal Vintola 18, il Centro Giovani che prende il nome dall’omonima strada bolzanina. Nato come conseguenza dell’oratorio parrocchiale di via Vintola, inizialmente il Centro Giovani Vintola 18 ha offerto principalmente attività aggregative, ma, nel corso degli anni, grazie ad un investimento economico e sociale, ha potuto lavorare su specifici progetti, avendo una propria identità, una visione, una mission.

 

“La nostra utenza è caratterizzata senza dubbio dalla dimensione interculturale, data anche dei diversi gruppi linguistici presenti nel quartiere Centro; dunque abbiamo sempre voluto lavorare con tutti, rivolgendo le nostre proposte a bambini, giovani e famiglie”, spiega Maria Lo Russo, coordinatrice e colonna portante del Centro Giovani Vintola 18. “Proprio per questo, tra i vari progetti artistici e culturali che promuoviamo, svolgiamo un lavoro virtuoso nel settore delle lingue, dando la possibilità agli studenti di fare qualche attività con un'assistente di madrelingua inglese. Che siano persone nate qui o immigrati di prima generazione, poter esercitare l’inglese è un’esigenza sempre più richiesta”, continua Lo Russo, che ha sempre più chiara l’idea di fornire ai propri ragazzi delle competenze trasversali spendibili, un domani, in contesti lavorativi e sociali. “Siamo un osservatorio del futuro, una palestra dove i giovani possono esercitare le proprie capacità” sottolinea.

 

Verso i luoghi della legalità 

 


Ed è in questo luogo di educazione e di aggregazione che, ormai da 8 anni, prende vita una delle attività di punta del Vintola 18: “Scampia on the road”. Un progetto che va ben oltre un semplice viaggio nelle terre di mafia. Un percorso, quello proposto dal Centro Giovani, che porta con sé una storia di crescita e di presa di consapevolezza dei problemi legati alle logiche di corruzione e della malavita. “Vogliamo rendere i ragazzi dei cittadini consapevoli, entrando nel merito della legalità e non fermandosi ai luoghi comuni. Non è vero che i sistemi corrotti e le dinamiche mafiose esistono solamente al sud; ai giovani bisogna fornire gli strumenti per riconoscere proprio queste dinamiche, le logiche dietro alla corruzione”, dice Lo Russo. Grazie all’esperienza di un collega educatore bolzanino, Maria Lo Russo è entrata in contatto con (R)esistenza anticamorra, l’associazione fondata dal Cavaliere della Repubblica Ciro Corona con cui i partecipanti hanno vissuto le giornate dall'1 all'8 ottobre. “Non volevamo proporre delle attività già ben consolidate sul territorio, ma un’esperienza di una settimana, durante l’anno scolastico, rivolta ai giovani dai 16 ai 25 anni, durante la quale un singolo gruppo bolzanino potesse entrare in contatto con persone che quotidianamente si battono per la legalità. Per questo – conclude Lo Russo – i partecipanti, insieme ad alcuni detenuti, hanno potuto fare la vendemmia nei campi confiscati alla mafia e, durante i pomeriggi, hanno incontrato alcuni testimoni di giustizia”.

Oltre a Scampia, i giovani del Vintola 18 sono andati a vedere altre realtà a Roma e a Milano, dove hanno dormito in una villa confiscata alla mafia. È in programma la partecipazione a un progetto Europeo che avrà come punto d’arrivo Berlino.

 

Oltre i pregiudizi

 

Tra i 12 partecipanti dell’ottava edizione di “Scampia on the road” ci sono quattro diciassettenni: Gaia, Luca, Emiliano e, ancora, Gaia. Ad incidere sulla loro scelta di partecipare ma anche, e soprattutto, sul confronto tra pregiudizi e realtà, è stata la nota serie tv Gomorra, liberamente ispirata dall’omonimo best seller di Roberto Saviano. “Quella di quest’anno è stata la mia seconda partecipazione al progetto. Sono ritornato per ripetere l’esperienza approfondendo certe tematiche. Tutto è iniziato quando, l’anno scorso, mi sono interessato alla serie tv Gomorra, alla storia della mafia e, più in generale, alla città di Napoli” racconta Luca Pasquali. “Per me, il viaggio dell’anno scorso è stato molto impattante. Sono stato incuriosito dalla fama della serie tv e volevo capire se la realtà corrispondesse a quel tipo di narrazione. Comunicare con i carcerati e comprendere una condizione che non conoscevo a pieno mi ha aperto gli occhi. Pensare che certe cose avvengano nel proprio Stato e vedere come funziona il sistema della droga e l’infiltrazione della mafia nelle Istituzioni è stata una grande occasione di crescita. Quest’anno – conclude Luca  – sono tornato a casa con ancora più domande di quelle con cui sono partito”. A differenza del lavoro svolto l’anno scorso, durante il quale i giovani hanno riordinato le macerie di un’ala della struttura dell’associazione incendiata dopo le continue minacce ricevute, quest’anno è stato “sul campo”. “Ho provato una sensazione di assurdità: ci trovavamo a fare la vendemmia in un luogo che, in passato, aveva scopi completamente illegali. Ma non solo: oltre a lavorare in quel luogo, collaboravamo con alcuni detenuti con cui abbiamo avuto modo di rapportarci, conoscendo alcune loro storie. Vendemmiare si può fare anche in altri luoghi – dice Gaia Costi – ma farlo a Chiaiano, in quel contesto, è un'esperienza unica”. “Un contesto rilassato in un clima completamente diverso da come ce lo immaginavamo” evidenzia Emiliano Zambunaro. “Un’atmosfera fortemente diversa, a causa dell’affollamento e delle grandi strade che attraversavano il paese, è stata quella trovata in un quartiere a qualche decina di minuti da Scampia. Le persone ci guardavano con sospetto, ci percepivano come turisti e non siamo stati proprio accolti a braccia aperte”. In questo paese poco accogliente, però, è avvenuto un incontro particolare: “Una delle testimonianze più forti è stata quella fatta con il gestore di un locale, situato poco distante da Scampia, che ha deciso di ribellarsi al metodo del pizzo” racconta Gaia Guzzi. I partecipanti hanno potuto così incontrare i testimoni di giustizia, ascoltare il racconto dello stesso Ciro Corona, parlare insieme al Garante dei diritti dei detenuti e sentire da tutte queste persone che cosa le ha spinte a fare quelle scelte di legalità, rinunciando spesso alle proprie libertà individuali. “Quest’anno abbiamo anche potuto fare un giro nel quartiere di Scampia. La percezione di insicurezza e l’idea di essere in un luogo malfamato, però, non ha avuto alcun riscontro concreto. Nessuno nega i problemi di criminalità presenti sul luogo, ma la fama di essere un posto pericoloso certo non aiuta” continua Guzzi. “Che cosa mi porto a casa? Maggiore consapevolezza del problema, nuove conoscenze e, soprattutto, una maggiore apertura mentale. Scoprire che una realtà è diversa da come ce la si immagina, in qualche modo, ti può cambiare” conclude Gaia Costi.