Ambiente | Trasporto pubblico

Bus e mobilità verso il 2030

Conferenza stampa sulla mobilità a zero emissioni di Sasa: tanti temi, tante domande, prospettive e sviluppi. Fra elettrico a batteria e idrogeno e pure diesel retrofit.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Conferenza stampa mobilità 29 luglio 2022
Foto: Michele De Luca

La “conferenza stampa” di venerdì nella sala conferenze di Palazzo Widmann con temperatura polare per un’aria condizionata freddissima (tanti auguri a tutte le richieste di risparmiare energia…) è stata un mix di quasi esaltazione provinciale e di passerella per l’illustre ospite del MinTrasporti… ooopss, Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, uno “choc” il cambio della denominazione del Ministero secondo l’assessore alla mobilità… battuta un po’… ma lascio ai lettori e alle lettrici di giudicare da soli. Battuta che fa il paio con quella del LH che ha affermato che il suo assessore “quando torna da Roma è sempre pieno di entusiasmo per quello che sente a Roma”. Forse, magari essere un po’ più “bodenständig”…

Il resoconto ufficiale lo lascio alla lettura dei rispettivi comunicati stampa in italiano e in tedesco. Qui il servizio della TGR e qui quello di RTTR.

Curioso solo che si parli di mobilità a zero emissioni “ai blocchi di partenza” quando ormai questa è iniziata davvero tanti anni fa con i primi cinque bus a idrogeno del progetto Chic ed i successivi 12 del progetto Jive.

Ora, passi il fatto di volersi auto-incensare, caratteristica di ogni conferenza stampa che vede coinvolta Sasa, ma si è davvero superato ogni limite di “contenimento”, forse dovuto al fatto che era presente l’alto esponente ministeriale in vista ufficiale e che mi fa pensare, ma forse sbaglierò (attendo eventuali smentite in proposito), di come si svolgano ancora oggi i rapporti fra periferia e la centrale burocratica della città eterna.

Il tutto era stato anticipato dalla delibera giuntale n. 521/2022 di martedì che ha destinato i fondi ministeriali di cui avevo riferito (per primo) giusto un anno fa. Come era ovvio ed evidente, solo bus elettrici a batteria e a idrogeno, l’altra possibilità manco a sognarla ma si sa come la si pensa qui del metano/biometano. Sarebbe stato carino se si fosse spiegato il perché della scelta di certi mezzi e dare qualche idea dei costi… ma… zero in merito. As usual, come sempre.

Nella delibera citata si legge che

Con questo finanziamento è programmato l’acquisto di, in totale, 13 autobus, di cui tre autobus elettrici a 18 metri e dieci autobus ad idrogeno a 18 metri.

Ciò si ritrova nella “gara volta all'acquisto di 16* autobus a ridotto impatto ambientale” del valore, piuttosto consistente, di 12.080.220 €:

  • LOTTO 1 : fornitura di 8* autobus extraurbani, lunghezza 18m , alimentazione idrogeno
  • LOTTO 2 : fornitura di 2* autobus extraurbani, lunghezza 18m , alimentazione elettrica
  • LOTTO 3 : fornitura di 5 autobus urbani, lunghezza 12m , alimentazione idrogeno
  • LOTTO 4 : fornitura di 1 autobus urbano, lunghezza 12m , alimentazione elettrica

* numero di mezzi ridotto poiché "il prezzo posto a base di gara risulta fuori dalla portata degli attuali prezzi di mercato per i bus 18 metri classe 2, adeguati a seguito degli aumenti delle materie prime recentemente verificatesi" come si legge nella nota di rettifica dell'8 agosto 2022.

Curioso che non si sia parlato dei mezzi del terzo e quarto lotto (non riesco a linkare il bando di gara perché il portale “Bandi Alto Adige” è off-line in questo fine settimana ma vi è l'avviso sulla GUCE). Altrettanto curioso è che si vada a fare una gara per bus 18 m a idrogeno ma giusto a neanche due mesi dall’annuncio che un costruttore andrà a produrli a breve (tale mezzo verrà presentato ufficialmente, infatti, solo il 14 settembre, aggiornamento del 6.8.2022). Insomma, sempre questa voglia sfrenata e incontrollata di "essere i primi".

Vogliamo scommettere che i 10 bus H2 saranno proprio di quel costruttore? Ovvio, non ce ne sono altri se non uno ungherese e uno belga, ma quest’ultimo costruisce solo mezzi simil-tram. Sugli elettrici ho l’impressione che sarà una gara… a due, salvo che i capitolati tecnici non prevedano specifiche tali che possa partecipare un solo costruttore. Nulla di illegale, per carità, visto che “gare indirizzate” ve ne sono pure in altre parti d’Italia ma che rendono, di fatto, gli appalti quasi superflui.

Sui costi di gestione, pare che il mix bus idrogeno e elettrico siano la migliore soluzione per il TCO (costi totale di proprietà), ne prendiamo atto.

Idrogeno blu e normative italiane ultra-restrittive, idrogeno “verde” da altri fornitori, produzione con “energia compensata”…

Ho posto alcune domande, in primis sul ricorso all’idrogeno blu. A parte un modo piuttosto discutibile di darmi la parola per le domande ma che erano perfettamente in tema, come mi è stato riconosciuto dai relatori, ho notato un certo imbarazzo sul tema visto che alla fine fine si parla di idrogeno prodotto dallo “steam reforming” del metano. Si è fatto un certo giro di parole per arrivare a parlare della direttiva DAFI che, però, nell’ambito dello sviluppo della rete di distribuzione dei carburanti alternativi, parla genericamente di idrogeno e non delle sue caratteristiche di provenienza. Il CTO di Sasa ha accennato al fatto che sono state fatte gare per acquistare idrogeno verde da società esterne ma non ha aggiunto da dove.

Alla mia domanda sulla capacità di rifornimento della nuova stazione di Sasa in via Buozzi di una flotta ulteriore rispetto a quella attuale e se la stazione di produzione di Bolzano Sud sia tuttora in ristrutturazione e allargamento, non si è risposto. Sulle problematiche dovute al rifornimento di idrogeno, molto limitate dalla normativa attuale, conferma da parte del CTO di Sasa e dell’esponente miniseteriale che ha riferito che ci sono attualmente dei tavoli di lavoro che si occupano del tema. A parte che non si capisce perché in Italia si debbano fare norme sulla base di “esperienze ed esperimenti”, cosa impedisce di recepire semplicemente ciò che si fa all’estero? “Il diavolo sta nei dettagli” ho detto ma sta anche nella pesante burocrazia italiana che, evidentemente, vuole sempre mettere il proprio bollo “DOC” sulle normative. So di cosa sto parlando avendo partecipato ad un tavolo tecnico ministeriale che mi ha fatto capire come la prima, ma anche la seconda e terza risposta, è sempre no, in perfetto stile “burosaurico”. Auguri, quindi, per le prossime normative H2. Tanto per essere chiari per rendersi conto di questi ostacoli: l’Italia è l’unico paese UE dove è vietato rifornirsi in self-service per le auto a idrogeno (nota bene: norma del 2018!) anche se il settore auto H2 è, oggi, a dir tanto, microscopico e, ad oggi, con scarsissime possibilità di sviluppo. Colpa anche della UE che ha lasciato queste normative in mano ai singoli Stati.

Altro aspetto: l’assessore alla mobilità ha parlato di produzione di idrogeno con “energia compensata” per “evitare di installare elettrolizzatori nelle valli più remote”. L’impressione è che si voglia introdurre un ulteriore sistema rispetto ai “certificati verdi” con i quali viene prodotto l’idrogeno “verde” a Bolzano Sud, quindi con la “corrente della spina” che contiene di tutto (rinnovabili, fossili, nucleare). Avere una certezza sul 100% verde la si avrebbe producendo l’idrogeno direttamente presso le centrali idroelettriche (es. presso la centrale di Cardano e pare che ci siano progetti in tal senso).

Sviluppi della flotta Sasa fino al 2030 e retrofit a idrogeno di bus diesel

Interessante lo sviluppo della flotta di Sasa illustrata in una slide.

Altrettanto interessante la slide sui vantaggi dell’idrogeno rispetto all’elettrico. Ma ancor di più il dettaglio sulla conversione di bus diesel, quindi con motori endotermici, a idrogeno. Utilizzare quindi l’idrogeno come carburante in motori che dovranno essere adattati. Un’iniziativa che viene perseguita da un’azienda torinese a cui evidentemente Sasa si sta ispirando. Sull’utilizzare un “vettore energetico” come carburante le discussioni a livello tecnico sono, a dir poco, feroci. Come transizione per alcuni, un ossimoro per altri. Quindi, tornando allo sviluppo della flotta, non è da escludersi che i 190 bus a idrogeno previsti per il 2030 ve ne sia un certo numero, forse pure consistente, di ex diesel convertiti a idrogeno. Pare quindi non considerato il retrofitting da diesel (o metano) a elettrici come era stato presentato qualche mese fa nelle valli ladine.

Mezzi ecologici: sempre e solo se ci sono i contributi?

Rimane la circostanza, che i mezzi “tecnologicamente avanzati” vengano sempre e solo acquistati se ci sono contributi parziali o totali, europei o italiani che siano. A dimostrazione che quanto scritto nel PEF (Piano Economico e Finanziario) di Sasa fosse corretto, cioè che in assenza di fondi esterni il futuro sarebbe stato solo diesel per quanto ibrido (ma solo leggero, quindi farlocco).

Un pensiero finale comunque mi è sorto durante tale “cerimonia”: bello avere tutti questi mezzi ad emissioni zero e “decarbonizzati” ma che si troveranno spesso e volentieri, anche bloccati, nel traffico caotico e nevrotico di camion, furgoni e auto con motore rigorosamente termico. Poi ovviamente ci sarebbe da discutere sul grado di efficienza energetica dell’idrogeno su cui le opinioni sono, a dir poco, molto divergenti, e sulla sua produzione.

Tra l’altro le priorità di zero emissioni e di decarbonizzazione stanno altrove che non nel tpl, come è stato rilevato da un recente studio del Politecnico di Milano. Certo è che qualche interrogativo tale ricerca lo solleva.

(Articolo aggiornato il 6.8.2022 - Secondo aggiornamento: 14.8.2022)