A22
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Ambiente | Avvenne domani

Quei camioncini grigi

Traffico e pedaggi sulla A22

Più dei Benetton con Autostrade per l’Italia, più dei Gavio con la Torino -Milano più degli altri signori italiani del casello, gli enti locali di Trento e Bolzano trattano come un gigantesco bancomat la “loro” autostrada, la Modena-Brennero (A22 430 chilometri) di cui sono concessionari. Di conseguenza considerano gli automobilisti che vi transitano sopra al pari di tante piccole e inconsapevoli mucche da mungere fino allo sfinimento”. Suona più come un’invettiva che come un articolo di giornale l’incipit del pezzo comparso, qualche giorno fa, su Il Fatto Quotidiano e dedicato interamente al presente e al futuro dell’Autobrennero. La vicenda non meriterebbe soverchio interesse e potrebbe tranquillamente essere archiviata come il libero esercizio del diritto ad esprimere opinioni, se le tesi esposte nell’articolo non fossero la proiezione di posizioni politiche e di linee ideologiche che appartengono pienamente ad una parte consistente di coloro che la sorte e il voto degli elettori hanno portato al governo del Paese.

La tesi delineata nell’articolo e che l’incipit anticipa in maniera giornalisticamente impeccabile è abbastanza semplice: i titolari della concessione, scaduta ormai da tempo, per l’esercizio dell’Autobrennero sarebbero colpevoli delle stesse nequizie imputate ai privati, la famiglia Benetton nel caso di specie, nella gestione di ASPI. Avidità sfrenata, imposizione di pedaggi elevati ed ingiusti che gravano sugli utenti, accumulo di utili di rapina. Il capo di imputazione è da condanna capitale: gli enti locali che governano l’autostrada imporrebbero a chi la vuole utilizzare una sorta di super-pedaggio per finanziare, si pensi, la costruzione del tunnel ferroviario del Brennero con l’accumulo di riserve che considererebbero cosa propria.

Sulla tesi in questione si potrebbero fare molte considerazioni, a partire da quella secondo cui questi tanto famigerati enti locali si trovano a gestire l’autostrada da sempre per il semplice fatto che furono loro, in anni ormai molto lontani, a promuoverne e a realizzarne la costruzione, a fronte di un totale disinteresse e di una totale assenza dello Stato, impegnato altrove o semplicemente incapace di capire l’importanza di un collegamento diretto con l’Europa del Nord. Si potrebbe anche ricordare che l’analogia con la situazione di altre concessioni autostradali si ferma di fronte al fatto che, oltre ad accantonare utili per la realizzazione di una linea ferroviaria che in fondo le farà concorrenza (caso crediamo unico a livello europeo), a riversare una parte dei profitti nelle casse degli enti pubblici e quindi nelle tasche dei cittadini, la politica dei lavori di manutenzione effettuata in questi decenni dall’Autobrennero è stata ben diversa da quella che ha provocato, in Liguria e altrove, i danni che adesso vengono frettolosamente riparati. Una politica delle costruzioni e delle manutenzioni, molto diversa anche da quella applicata sulla rete stradale e autostradale di competenza da quello Stato che oggi si vorrebbe proporre come gestore esemplare.

Il punto nodale di tutta la faccenda è però quello che riguarda la politica tariffaria. Anche nel caso di ASPI uno degli obiettivi sbandierati al momento di cambiare l’assetto azionario della società è stato quello di una riduzione significativa e indiscriminata dei pedaggi. Notizia sicuramente ben accetta dagli automobilisti e soprattutto dalle grandi e piccole imprese di autotrasporto, ma sulla quale qualche riflessione, nello specifico riguardante l’Autobrennero, va pur fatta.

Quello dei pedaggi è forse lo strumento essenziale con il quale governare, adesso e in futuro, il volume dei transiti su un’arteria che, se è un imprescindibile punto di passaggio nei commerci a livello europeo, è anche una delle fonti di inquinamento ambientale più rilevanti, incapsulata come è nelle strette valli che conducono dalla Baviera alla pianura padana.

È arcinoto come sia proprio la convenienza tariffaria ad aver dirottato sul tracciato della A22 quote crescenti di mezzi pesanti che preferiscono allungare il percorso piuttosto che sottostare, ad esempio, al salasso previsto dalla normativa svizzera. Il risultato è sotto gli occhi di chi percorre in questi mesi l’autostrada. Soprattutto nel tratto sino a Verona, in rapido recupero dopo il blocco dovuto alla pandemia, la corsia di marcia normale è ormai quasi interamente stabilmente occupata da un interminabile carovana di TIR.

Esemplari a questo livello le reazioni ai tentativi austriaci di limitare in qualche modo, con blocchi temporanei, questa valanga di mezzi pesanti. Le violente quanto prevedibili proteste della lobby degli autotrasportatori, guidata dal re altoatesino dei Tir, sono state raccolte e fatte proprie in maniera del tutto acritica dai ministri dei trasporti sia di questo che del precedente governo. Unica flebile voce a levarsi per far notare come una politica che miri al contenimento del transito su gomma lungo l’asse transalpino rappresenta comunque una necessità inderogabile, è stata quella del governatore altoatesino Kompatscher, lasciato solo in questo caso ancora dal collega trentino.

La parola d’ordine pare invece quella, graditissima l’estensore dell’articolo di cui sopra, di abbassare considerevolmente i pedaggi con l’effetto di moltiplicare, probabilmente sino alla paralisi, l’aumento del traffico.

Per capire come funzionano le cose sulla A22 e, supponiamo, su altre direttrici del commercio internazionale basta citare il caso dei cosiddetti “furgonati grigi”. Esistono e transitano ogni giorno sulla A22 ma il loro aspetto anonimo evita che vengano notati. Sono in genere furgonati con un telone grigio, targa polacca, dimensioni tali da farli agire in tutte le normative che regolano invece i trasporti dei mezzi pesanti. Non hanno quindi limitazioni di velocità e gli autisti non devono sottostare alle normative sugli orari e sull’obbligo di sosta. La loro capacità di carico, ovviamente, è assai inferiore a quella degli autoarticolati, ma in compenso possono viaggiare più velocemente e senza mai fermarsi, anche a costo di mettere in pericolo la sicurezza di chi li guida e di chi li incontra. Assomigliava dannatamente ad uno di questi mezzi quello coinvolto, un paio di settimane fa, in un grave incidente sulla corsia sud poco prima del casello di Chiusa. L’autista è rimasto gravemente ferito.

Al di là dell’aspetto sicurezza la vicenda denota come ormai il settore del trasporto su gomma costituisca un business il cui sviluppo appare semplicemente inarrestabile.

Si tratta solo di domandarsi se lo sviluppo selvaggio in questo settore economico sia compatibile all’infinito con la qualità della vita in zone delicate e particolari come le vallate alpine e se, come qualcuno evidentemente crede, l’obiettivo da perseguire sia unicamente quello di gratificare automobilisti e autotrasportatori quando arrivano al casello d’uscita.

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Massimo Mollica Sab, 08/01/2020 - 21:27

Grazie Maurizio, ne ho visti parecchi e spesso anche nelle strade statali. Mi sono sempre chiesto il motivo.
In merito alla riflessione vorrei discutere sulla difficoltà di dialogare con ragionamenti logici con quella gran parte di persone che hanno seguito il loro mentore Grillo. Che poi sono i giacobini del terzo millennio.

Sab, 08/01/2020 - 21:27 Collegamento permanente