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Alimenti e aiuti grazie ai fondi europei

L'emporio di Volontarius a Bolzano, dove vengono distribuiti prodotti di prima necessità, è solo l'ultimo anello della catena di aiuti che parte dal cuore dell'UE.
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Foto: Asia De Lorenzi – PianoB Social Design

La catena che collega l’Unione Europea all’attività di aiuti messa in atto in Piazza Mazzini a Bolzano da Volontarius e coordinata da Enrico Stefanoni - volontario in pensione - è lunga e certo non poco complessa. L’emporio solidale, che permette alle persone di scegliere quali prodotti di prima necessità ottenere, vede tra le diverse forme di approvvigionamento il FEAD, Fondo di aiuti europei agli indigenti nato per sostenere gli interventi promossi dai Paesi dell’UE per fornire cibo e assistenza materiale alle persone bisognose. Il percorso di questi beni inizia a Roma grazie all’AGEA – l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura – ovvero l’ente delegato all’acquisto del cibo, prosegue tramite il Banco Alimentare e arriva alle diverse associazioni e ai loro luoghi di distribuzione, tra cui l’emporio di Piazza Mazzini. Il Fondo, come ricorda la Commissione Europea, deve andare di pari passo con misure d'integrazione sociale, come iniziative di orientamento e sostegno per aiutare le persone a uscire dalla povertà. In termini reali, nel passato - precisamente per il periodo 2014-2020 - sono stati stanziati per il FEAD oltre 3,8 miliardi di euro e i Paesi sono inoltre tenuti a contribuire al rispettivo programma mediante cofinanziamenti nazionali di almeno il 15%.

La situazione non è ottimistica, siamo in sofferenza con le scorte – Enrico Stefanoni

“La distribuzione dei beni è divisa in zone: noi ci occupiamo solo ed esclusivamente del quartiere Gries del capoluogo. Dall’inizio del 2022 abbiamo aiutato più di 200 famiglie, circa 670 persone” spiega Stefanoni dell’emporio solidale. Invece di utilizzare il denaro, ai richiedenti vengono attribuiti dei ‘punti spesa’ con i quali possono ‘acquistare’ prodotti come pasta, pane e cibo in scatola. I beni provenienti da AGEA sono riservati a coloro che hanno meno di 6 mila euro di ISEE. “Nell’ultimo periodo non sono aumentate le famiglie che fruiscono di questo servizio, bensì a queste si sono aggiunti i numerosi profughi ucraini. Il calo dei prodotti in magazzino è evidente, per questo – dice Stefanoni – ridurremo la nostra offerta. Ad esempio, per garantire a tutti qualcosa, passeremo dalla distribuzione di 3 Kg di pasta a 2 Kg. Devo ammettere che la situazione non è affatto ottimistica e siamo in sofferenza con le scorte.”

 

Ma, come spesso in prossimità delle feste, non mancano gli aiuti da parte di altre organizzazioni e benefattori anonimi. “Durante l’inizio della guerra in Ucraina abbiamo ricevuto più aiuti. Le persone erano sensibili a ciò che stava succedendo, ma l’attenzione è andata scemando ed ora non sappiamo per quanto ancora possiamo soddisfare l’attuale grande richiesta.”

Al problema della scarsità di beni si aggiunge anche la complicata questione burocratica: “Noi siamo l’ultimo anello della catena di aiuti, non sappiamo quali beni ci arriveranno. Inoltre la questione degli aiuti comunitari ha un altro aspetto più complicato: la burocrazia. Altre associazioni hanno rinunciato a questo contributo a causa della difficoltà burocratica, servono esperti che se ne occupino. Noi, ogni settimana, investiamo un intero pomeriggio per compilare i moduli, l’organizzazione dev’essere capillare. Però tutto questo è necessario e guai se gli aiuti comunitari non ci fossero. Tutto sommato, escludendo i processi burocratici, rimane il cibo, la cosa veramente importante per le persone” ha concluso Stefanoni.