Società | Cooperative

Cooperativa, che scoperta! Episodio 4

Il principio su cui ho deciso di concentrarmi oggi è la natura non speculativa della cooperativa.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Cooperativa, che scoperta!
Foto: Lorenza Troian

Il principio in sé mi pare piuttosto semplice, non fa che ribadire che il fine ultimo di un’impresa cooperativa non è quello di aumentare il proprio profitto all’inverosimile.

Sembra una cosa da nulla, lo so, ma pensandoci bene è una grandissima forma di tutela dell’impresa, nonché dei soci.

In veste di imprenditore potrei infatti decidere di alimentare la mia impresa, nutrirla, vezzeggiarla, farle raggiungere il massimo splendore per poi, a mia totale discrezione, venderla magari al miglior offerente, senza necessariamente preoccuparmi di alcunché. Il nuovo titolare, a quel punto, potrebbe prendere qualsiasi decisione, e le decisioni potrebbero riguardare tanto i dipendenti quanto la natura dell’impresa stessa. In entrambi i casi i dipendenti non potrebbero esercitare alcuna forma di controllo.

Mi dirai che queste situazioni possono verificarsi come no, e che, in ogni caso, dipendono dalla coscienza del singolo. Hai pienamente ragione. E ti dirò di più: quello che hai detto, in positivo, vale anche in ambito cooperativo.

Non è detto che, poiché i suoi principi sono buoni, la singola cooperativa necessariamente li onori.

Permettimi però di dirti questo: se è vero che in una maratona ciascuno corre sulle proprie gambe… non è forse meglio se il vento è a favore?

E allora perché non riconoscere il vantaggio di una forma d’impresa che, a livello strutturale, definisce limiti come quelli che seguono?

• L’impossibilità, per i soci, di dividersi il patrimonio residuo in caso di scioglimento della cooperativa,

• il divieto assoluto di vendere la società nel suo complesso,

• l’obbligo di reinvestire gli utili nello sviluppo della cooperativa stessa,

• la necessità di destinare parte degli stessi ad un fondo (di cui ti ho parlato nel nostro ultimo appuntamento) che sostenga la nascita e lo sviluppo di altre cooperative.

Non riconosci in tutto ciò una tutela trasversale? Dell’individuo, dell’impresa, del contesto in cui entrambi vivono?

Ok, allora dal momento che a nessuno interessa nulla del profitto, le cooperative sono povere, programmaticamente misere!

Direi di no.

Amante della buona cucina, potrei dedicarmi con passione e costanza all’arte culinaria per raggiungere, un giorno, risultati degni di un professionista, senza per questo essermi posta l’obiettivo di diventare una cuoca ogni volta che mettevo mani alle pentole.

Allo stesso modo le cooperative, pur non prefiggendosi di aumentare il proprio guadagno, sono riuscite, nel tempo, a raggiungere fatturati di tutto rispetto, in diversi casi anche superiori alle imprese for profit operanti nel medesimo settore. E se hanno potuto farlo è stato anche grazie alla stabilità che proprio le regole di cui sopra le hanno garantito.

Senza contare il fatto che, in modo diverso a seconda della tipologia di attività che svolgono, le cooperative contribuiscono persino al contenimento della spesa pubblica, tutelando l’occupazione in periodi di crisi o garantendo un impiego dignitoso e remunerato a persone svantaggiate, diversamente completamente a carico dello Stato.

Ma di questo magari ne riparliamo in un’altra occasione.

Grazie per avermi fatto compagnia anche oggi e alla prossima!

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