Cultura | Baukultur

Le regole del gioco

A seconda del numero dei giocatori coinvolti lo spazio si dilata, si contrae, spesso sono le stesse caratteristiche del luogo a definire eventuali limiti di utilizzo
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Turris Babel 128
Foto: Architektur Stiftung Südtirol / Studio Mut

In Zusammenarbeit mit der Architekturstiftung Südtirol / in collaborazione con la Fondazione Architettura Alto Adige.

L'editoriale del No.128 del Turris Babel: Sport

Testo: Alberto Winterle

 

Tra le nostre attitudini, l’attività fisica che coinvolge anche l’aspetto ludico, risulta essere una delle disposizioni più innate e naturali. Basta provare a consegnare una palla a un bambino o una bambina, anche nei primi anni di età quando ancora non camminano, e istintivamente la fanno rotolare, la inseguono, insomma, ci giocano usando lo spazio in quel momento a disposizione, possa essere la propria stanzetta, il soggiorno di casa, o un qualsiasi luogo all’aperto. Il confine del gioco non esiste, l’unico limite è la propria capacità di movimento.

...ci giocano usando lo spazio in quel momento a disposizione...

Diventando un po’ più grandi, quell’attività individuale diventa azione di gruppo. Ecco quindi che, seguendo l’esempio delle attività sportive ufficiali, si applicano le prime regole e si definiscono specifici ruoli per ogni giocatore. Nel calcio, ad esempio, qualcuno sta in porta, altri si muovono liberamente nel campo, nella pallavolo ci si divide in due squadre opposte divise da una rete o da una semplice linea. Vi possono però anche essere attività libere, effettuate solo per diletto, ad esempio scambiandosi la palla posti in circolo. La dimensione dello spazio può rimanere ancora indefinita, libera, adattabile all’esigenza. A seconda del numero dei giocatori coinvolti lo spazio si dilata, si contrae, spesso sono le stesse caratteristiche del luogo a definire eventuali limiti di utilizzo. Il campo può essere il cortile di casa, un prato, la riva di un fiume o una spiaggia, serve solo qualche indumento o un segno a terra per delimitare la dimensione della porta o il confine del campo.

...divise da una semplice linea...

In questo senso i giochi con la palla, sia calcio che pallavolo, basket o altro, risultano essere forse tra quelli più facili ed istintivi da attuare. Indipendentemente dalla nostra età, siamo attratti dagli innumerevoli possibili movimenti della sfera, e quindi abituati a inseguire questo oggetto che rotola, indipendentemente dalla sua dimensione e consistenza.

...sta in porta, altri si muovono liberamente nel campo...

Nel momento in cui però quello stesso gioco, naturale e istintivo, si attua applicando le vere «regole del gioco», lo spazio prende forma, vengono definite le sue misure, ogni movimento è codificato e assume uno specifico senso. Quello che era semplicemente un prato, diventa il campo da calcio, il piazzale diventa il campo da basket o pallavolo, il terreno o lago gelato diventano il pattinaggio. Ogni singola attività sportiva è caratterizzata da particolari regolamenti che definiscono le modalità di svolgimento del gioco, ma anche la forma stessa dello spazio da utilizzare. Per i campi regolamentari entrano «in gioco» ulteriori esigenze. Spogliatoi, locali tecnici e di servizio, spalti per gli spettatori, diventano parte integrante del luogo dove un’attività sportiva si svolge. Anche la scelta del lotto non è più casuale, ma pianificata individuando una specifica «zona omogenea». Nella città urbanizzata per parti, si individuano infatti le «zone sportive», dove spesso diverse strutture vengono aggregate per assicurare adeguati servizi di supporto. Ma così cresce anche la dimensione di quelle strutture, e con esse muta il lessico stesso dello sport: il campo diventa lo stadio, il pattinaggio diventa palazzo del ghiaccio etc... Le piccole emergenze fisiche che delimitano gli spazi aperti, in alcuni casi diventano quindi volumi, edifici, luoghi chiusi e protetti, come ad esempio le palestre che permettono di svolgere le attività sportive anche in periodi invernali, o gli stadi del ghiaccio, che, al contrario, permettono di mantenere una giusta temperatura anche se fuori non fa troppo freddo. Le palestre di roccia ripropongono indoor le forme e le asperità delle pareti rocciose, le piscine offrono specchi d’acqua artificiali, ma protetti e sicuri dove immergersi e allenarsi. Tutte queste nuove strutture hanno una dimensione, una forma, una connotazione dettata dal progetto architettonico che assume un fondamentale ruolo nella caratterizzazione del ridisegno della città. Non si tratta solo di un aspetto estetico, con l’obiettivo di dare un vestito ad un oggetto ingombrante e spesso posto in luoghi paesaggisticamente sensibili. La sfida, soprattutto per i piccoli centri urbani, diventa quella di interpretare, attraverso un coerente approccio progettuale, l’attrezzatura sportiva come possibile luogo di socialità. La presenza di una struttura sportiva rappresenta quindi qualcosa di più. Non si tratta solo di una zona funzionale, di un edificio tecnico che risponde alle precise prestazioni richieste e che compone il tessuto del costruito, ma bensì di un luogo dove diverse funzioni possono e devono convivere. Non solo luogo dove svolgere una delle numerose attività agonistiche gestite dalle molte associazioni sportive, ma invece spazio accessibile a tutti per il tempo libero. La zona sportiva può diventare così un punto di ritrovo, per giovani e adulti, può ospitare un bar, una sala pubblica, un padiglione per eventi, può in sintesi diventare una sorta di piccolo centro civico, un luogo di vita dove le «regole del gioco» possono essere ancora reinterpretate utilizzando la propria fantasia.

 

 

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kuno prey Ven, 01/20/2023 - 10:29

"…La zona sportiva può diventare…":

secondo me dovremmo smetterla di pensare in ZONE.

un paese vive della promiscuità dove le ZONE non fanno alto che dividere.

le ZONE creano inutile traffico individuale (mamme che nei loro SUV "devono" accompagnare i propri figli). e non voglio qui dilungarmi sull'impatto che il traffico individuale ha sull'ambiente.

i nostri giovani e giovanissimi non vedono più lavorare un artigiano o un contadino, non sanno cosa accade all’interno delle officine o delle stalle, perché anche questi mestieri che una volta facevano parte della vita di un paese, sono stati segregati nelle rispettive ZONE. Impariamo a pensare meno in divieti e vediamo il gioco della palla come un arricchimento, anzi una necessità da poter praticare anche sulle piazze o le strade; accettando il rischio di un vetro rotto, di una aiuola calpestata o di una portiera di un’autovettura ammaccata.

dovremmo imparare ed avere il coraggio di esporre in nostri figli ai piccoli rischi della vita quotidiana.

Ven, 01/20/2023 - 10:29 Collegamento permanente
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Salto User
Margot Wittig Mar, 01/24/2023 - 16:40

Infatti: "zone" descrivono contenuti e regole! Perché non incominciare a pensare tutti i nostri spazi pubblici come spazi di vita dove incontrarci e socializzare, fare sport ed essere creativi e liberi dalla morsa del traffico?
Uscendo dal guscio delle nostre case e dall'anonimato dei social, scambiando opinioni con i nostri vicini aiuterebbe forse a perdere un po del nostro individualismo sfrenato...ma sarà necessario rivedere alcuni concetti di pianificazione urbanistica

Mar, 01/24/2023 - 16:40 Collegamento permanente