Oggi, sul quotidiano Alto Adige, è stato pubblicato questo mio intervento.
Il 27 gennaio prossimo ci sarà la ricorrenza del Giorno della Memoria, ovvero la commemorazione delle vittime della Shoah.
Il comune di Bolzano ha indetto tutta una serie di iniziative che vanno da conferenze di storici a mostre, film e spettacoli teatrali fino alle cerimonie ufficiali che si terranno nella giornata di venerdì 27. Non riesco invece a trovare notizia di una qualsiasi iniziativa programmata dalla giunta provinciale.
Il 22 gennaio 2019 il quotidiano Alto Adige ha pubblicato un’intervista a Federico Steinhaus, autore del libro «Una giornata della memoria, 364 giornate dell’indifferenza», nel quale lo stesso racconta di come «essere ebrei durante “l’era Magnago” non deve essere stato semplice» e richiama un fatto che sono sicuro sia conosciuto da pochissimi: ovvero, che quello che i sudtirolesi hanno sempre considerato il padre della patria sudtirolese «aveva vietato a tutti gli esponenti della Svp di partecipare a qualsiasi evento della comunità ebraica».
il padre della patria sudtirolese «aveva vietato a tutti gli esponenti della Svp di partecipare a qualsiasi evento della comunità ebraica».
Sul potenziale antisemitismo di un Magnago volontario dell’esercito nazista e autore di una tesi intitolata « I reati contro la razza ed il patrimonio biologico ereditario nella legislazione nazional-socialista» ero già intervenuto tempo fa sul suo quotidiano, ma allora non conoscevo il fatto che ho citato sopra.
Ora: Arno Kompatscher non è Silvius Magnago e l’attuale Landeshauptmann, che invece alle commemorazioni ha sempre partecipato, si è già espresso con forza sul tema dichiarando in un’intervista che nella nostra provincia «ci sono state denunce, rastrellamenti, concentramenti, qui è nato un partito nazista molto attivo e velenoso, qui alcune radici non sono mai state del tutto recise, come in molti altri luoghi della terra».
Nella nostra provincia «ci sono state denunce, rastrellamenti, concentramenti, qui è nato un partito nazista molto attivo e velenoso, qui alcune radici non sono mai state del tutto recise, come in molti altri luoghi della terra».
Ho però la sensazione che sul tema l’attuale presidente sia molto più avanti della maggior parte dei suoi conterranei che soprattutto dei suoi colleghi politici di lingua tedesca. Non è forse arrivata l’ora anche qui, in Alto Adige/Südtirol, di fare una volta per tutte i conti anche con questa parte del passato smettendola di mascherare da eterne vittime quelli che furono anche carnefici?
Nell'intervento sono citate delle dichiarazioni rilasciate da Arno Kompatscher al giornalista Toni Jop in una intervista contenuta all'interno di un articolo pubblicato online il 10 settembre 2019 sul sito Strisciarossa.it intitolato «Kompatscher: ebrei e memoria, Sudtirolo pronto a fare i conti».
Il presidente può anche darsi di sì: anzi, non ho motivo di dubitarne. Ma non sono assolutamente sicuro del fatto che il "Sudtirolo" sia pronto a fare quel tipo di conti. Non oggi e sicuramente non nel 2109.
Su questa piattaforma sono rinvenibili una nutrita serie di commenti di lettori che non solo negano il nazismo sudtirolese - o lo depotenziano a mera reazione al fascismo comunque esauritasi alla fine della Seconda guerra mondiale - ma non hanno alcuna conoscenza sia della profondità del suo antisemitismo che del ruolo giocato dai nazisti locali nella Shoah.
Al riguardo, la parte di intervista ad Arno Kompatscher possiede dei contenuti per i quali è doveroso riportarla per intero.
Presidente, che sta accadendo alla SVP? Dove origina questo vento di chiusura che sembra scuotere il grande partito di raccolta?
“E’ un vento che sta attraversando l’Europa intera e anche più in là. Il salvinismo ha un polmone ben più ampio dell’Italia…”.
L’altra sera, alla presentazione di una bella edizione del Woyzeck di Buechner, in un convento fuori Bolzano, il padrone di casa ha salutato con affetto ed entusiasmo l’ex presidente della Provincia, Luis Durnwalder, e un assessore della sua attuale giunta, Philipp Achammer, ora capo del partito, in platea come lei. Ma a lei è stato riservata una citazione fredda e impersonale, quasi l’assolvimento di un fastidioso dovere burocratico…
“Ho notato la maggiore freddezza nei miei confronti, che, a dire la verità, non credo possa ascriversi unicamente al mio atteggiamento nei confronti della Shoah e di questa onda sovranista. Ci sono comunque molti modi per manifestare sintonia e distanza, questo è uno, neppure il più corretto: penso da sempre che questi saluti alle autorità in apertura di manifestazioni culturali siano deludenti: che importa se tra il pubblico c’è il presidente della Provincia o un assessore… siamo lì per rendere omaggio ad un evento culturale, non per far lisciare il pelo alla nostra vanità…”
Ma, scusi: lei ha mosso la coperta della memoria, ha scoperto quel frammento di società sudtirolese refrattaria all’auto-analisi, partecipando alle commemorazioni della Shoah lei ha lasciato “in mutande” chi prima di lei aveva del tutto, o quasi, ignorato questa fondamentale pagina di storia. L’antipatia che oggi la bersaglia ha una motivazione forte, profonda…
“Questione molto complessa. Sì, intanto: credo permangano zone grigie anche nella mia SVP. Devo ricordare che anche in passato sono stati compiuti passi importanti per non liquidare il passato senza rendiconto. Dallo stesso Magnago, con la Mostra sulle Opzioni del 1989, e da altri… ma qui, come altrove credo, è valsa la chiave universale: evitiamo di scavare e vivremo più tranquilli. Io non sono per niente d’accordo con questa linea, son convinto che tacere, nascondere, mentire faccia molto male alla intera società che prima o poi pagherà il prezzo di questa continua rimozione. Troppo spesso, questa operazione per niente salutare ha prodotto disastri qui come in Austria o a Roma, la Germania è un paese più sano, perché la sua coscienza ha saputo fare conti molto dolorosi…”
Ma come si spiega quella determinazione culturale e istituzionale che convinceva i piani alti della SVP a star lontani dalla Shoah? “Firmare” la propria assenza a quelle cerimonie aveva un senso molto forte: voleva dire, io non riconosco questa pagina di storia… Pesante, non trova? e nel cuore dell’Europa, non nel sottoscala…
“Provo solo a interpretare la visione delle cose che può aver promosso questo passo falso. Le manifestazioni per la Shoah erano piene di bandiere rosse e di falci e martello, e questo è un dato scenografico che ha certamente tenuto lontani i conservatori sudtirolesi da un contesto tuttavia necessario. Poi, una questione “nazionale”: alle celebrazioni ci sono sempre pezzi delle forze armate italiane, ed ecco un’altra condizione che rende poco attraente quella scenografia…”…
E le pare sufficiente? Non le sembra che questa ignominia recente, il no alla Shoah, riconnetta quelle che lei definiva “zone grigie” alla copertura data a Mengele in terra sudtirolese, o a Nicolussi-Leck, fino alla fine dei suoi giorni?
“Infatti, provavo solo a “vedere” con i loro occhi, queste condizioni mostrano con evidenza lo spessore del velo che sulla Shoah era stato deposto. Ci fosse stata coscienza piena della storia, avrebbero potuto concludere: va bene, noi non vogliamo farci inghiottire da quelle bandiere rosse e da quelle divise militari, quindi, ci organizziamo noi delle iniziative per ricordare la Shoah. Ma non l’hanno mai fatto.
Non volevano “vedere”, perché “vedere” corrispondeva all’avvio di un processo di autocoscienza collettivo, dal quale molti hanno tutto da perdere… quello che credo di sapere è che il popolo sudtirolese non è per nulla negazionista, c’è moltissima gente, brava gente che quei conti li ha fatti in privato, ben prima della politica. Qui, nella politica, riferendosi ai prodotti del nazifascismo, si è usi ribadire un concetto che trovo superato e pericoloso: “Siamo vittime, anche noi siamo vittime”.
Ed è certo vero che motivi per sostenere che i sudtirolesi abbiano pagato un prezzo alla storia ci sono. Che debbano chieder conto proprio a fascismo e nazismo per aggiornare quella contabilità è, per loro, particolare inessenziale. Ma tacere sul fatto che oltre a vittime siamo stati anche carnefici, questo è inaccettabile, storicamente infondato, moralmente inqualificabile. Qui ci sono state denunce, rastrellamenti, concentramenti, qui è nato un partito nazista molto attivo e velenoso, qui alcune radici non sono mai state del tutto recise, come in molti altri luoghi della terra”.
Chissà se questa posizione le garantisce il sostegno del potente Dolomiten (il più diffuso quotidiano di lingua tedesca)…
“Direi di no. Il Dolomiten, tempo fa, ha riportato un mio intervento nel corso di un evento pubblico proprio nel merito di cui stiamo ora discutendo. Era il primo in questo senso da Presidente della Provincia. Ricordava che io avessi detto “Siamo vittime”, cosa vera; ma avevo diversamente affermato “siamo vittime e carnefici”, avevano tolto la battuta sui carnefici… pareva brutto. Fortunatamente, però, nelle successive occasioni in cui ho di nuovo parlato di una terra di vittime e carnefici, la mia affermazione è stata riportata correttamente.”
La Provincia sta facendo qualcosa per favorire gli eventuali “risarcimenti”, per venire incontro agli eredi di vittime della Shoah?
“Mi sono personalmente occupato del problema. Siamo intervenuti in accordo con le famiglie fin dove abbiamo potuto. La legislazione italiana non lascia spazi in questo campo. In Germania avrei molto più facoltà di manovra. Per esempio, c’è la questione di Villa Italia a Merano, portata via illegittimamente dai nazifascisti alla famiglia Goetz. Pare impossibile venirne a capo positivamente. Così la villa sarà venduta, a dispetto di un gran senso di giustizia, ma almeno che il ricavato sia destinato a finanziare iniziative pubbliche in favore della memoria e di una nuova presa di coscienza…”
Quindi, lei ritiene che oggi il Sudtirolo, Merano, Bolzano, le bellissime valli possano riaccogliere quelle famiglie ebree che la Shoah ha triturato?
“E’ un mio desiderio forte e sentito, vorrei sapessero che il Sudtirolo ora è un luogo di pace e che questa è casa loro, davvero li abbraccerei se tornassero, questa Provincia li abbraccerebbe. Così, voglio dire ad ogni singolo ebreo che questa terra è pronta ad accoglierlo, forte di una nuova consapevolezza”.
Nota
Sul Silvius Magnago citato nel mio intervento pubblicato sull'Alto Adige di oggi vedi il relativo articolo qui su salto.bz intitolato: Alexander Langer e Silvius Magnago. Dalle vittime ai carnefici: storia di uno scontro sui valori.
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Aggiornamento del 27 gennaio 2023
Sul quotidiano Alto Adige di oggi è stata pubblicata una lettera che cita la mia riportata qui all'inizio di questo articolo e denuncia «l'assordante silenzio del mondo della scuola media tedesca nei confronti del tema della Shoah e del Giorno della Memoria».
La Provincia deve fare di più
Giorno della Memoria, la scuola fa troppo poco.
vorrei esprimere la mia piena condivisione al signor Luca Marcon e alla sua denuncia relativa all’atteggiamento della Provincia riguardo il Giorno della Memoria; a questo proposito porto la mia personale esperienza (col passar degli anni sempre più lunga…).
Circa dieci anni fa scrissi una lettera al giornale (che Le allego) riguardo “l’assordante silenzio” del mondo della scuola media tedesca nei confronti del tema della Shoah e del Giorno della Memoria;
“l’assordante silenzio” del mondo della scuola media tedesca nei confronti del tema della Shoah e del Giorno della Memoria
era il 31 gennaio del 2014, oggi 22 gennaio 2023 devo constatare che la situazione non è affatto cambiata (parlo esclusivamente della scuola media, probabilmente alle superiori va meglio…).
Ora come allora, se a scuola se ne parla è perché lo fa l’insegnante di italiano.
Sono quindi pienamente d’accordo con Lei quando loda il nostro grandissimo Landeshauptmann Arno Kompatscher che, al contrario non nicchia, non elude, non abbozza (né lo ha mai fatto) – così dimostrando (anche) in questo ambito quanto infinitamente più avanti sia lui rispetto al suo partito…
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Con le parole: "lei net rogeln" Magnago assolse i sudtirolesi in primis ma in automatico anche gli italiani ( al tempo era ancora cosi....sudtiroler und walsche ) dalle loro responsabilità e imposto il silenzio. Il "lei net rogeln" valeva per tutti... e le conseguenze le sentiamo ancora oggi.
La ferocia e la solerzia da parte della popolazione con cui furono perseguitati i nostri concittadini di fede ebraica non ebbe pari in Europa nato dal fatto che bisognava dimostrare di essere dei bravi nazisti.
Ma questo non è la cultura tedesca e fa male sapere che persone come Durnwalder
preferiva andare a giocare a Carte il giorno della memoria
Un ringraziamento pertanto al presidente Kompatscher
Non sono del tutto d'accordo sul fatto che il "lei net rogeln" sia valso tanto per i sudtirolesi quanto per gli altoatesini. La cosiddetta narrazione vittimistica dell'élite sudtirolese riguardo al popolo che rappresenta è uno dei fondamenti ideologici a base della stessa autonomia. Ed è molto difficile far passare solo per vittima chi è stato anche altro. Non è un caso che il quotidiano Dolomiten, della dichiarazione di Kompatscher sui sudtirolesi «vittime e carnefici» la prima volta abbia opportunamente fatto sparire la seconda parte. Poi per fortuna la società sudtirolese non è più il monolite di una volta e sempre di più maturano i germi di una conoscenza critica della storia ed una conseguente capacità autocritica.
Riguardo invece a Kompatscher, sono rimasto sorpreso io stesso dall'intensità delle sue dichiarazioni. E comincio anche a capire un po' meglio quale tipo di problemi possa avere all'interno della sua compagine politica di riferimento.
Complimenti al Presidente Kompatscher per la chiara presa di posizione. Il concetto del "lei net rogln" è ben noto in tutte le lingue ed è stato adottato ampiamente in giro in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Lo illustra in modo esemplare il libro di Géraldine Schwarz "I senza memoria". Una considerazione sull"asserita "narrazione vittimistica": Non mancano i fatti per legittimare l'autonomia che è uno strumento di tutela e di governance territoriale condivisa. I suoi fondamenti ideali e di diritto internazionale risalgono alla dichiarazione universale dei diritti umani. Il riferimento a fantomatici "fondamenti ideologici" mi sembra fuorviante di fronte ai fatti storici ed all'iter accordato di costruzione dell'autonomia.
Sono d'accordo con quanto scritto da Luca Marcon: "lei net rogeln", in sudtirolese, è chiaro valesse solo per i sudtirolesi.
Ha ragione" lei net rogeln" era rivolto agli sudtirolesi di lingua tedesca, ma ebbe un effetto anche tra gli italiani. Infatti nessuno parlo di quello che era successo negli anni precedenti. Tutti furono abilitati. Fino a oggi....
Ma non dimentichiamo che da parte italiana ci furono le leggi razziali (il dottor polacco dovette lasciare l'ospedale civile a Bolzano e trovo rifugio al Grieserhof). Ci fu il dramma del fascismo con italianizzazione forzata. Non bisogna dimenticare
Poi posso concordare con lei che il Nazionalsocialismo in AltoAdige causo piu morti, piu lutti e distruzione del fascismo ma di gran lunga ma in un. periodo piu breve
E la giornata della Memoria. Non dimentichiamo
La memoria va preservata
Devo però dire che il focus di questo articolo non è su ciò che successe allora - su cui non credo oggi esistano più dubbi - ma sulle sue succssive negazione e rimozione. A me che un personaggio come Silvius Magnago nel pieno della sua carica politica proibisca ai suoi colleghi politici di partecipare alle commemorazioni della comunità ebraica locale sulla Shoah (quali altre commemorazioni potrebbero mai esserci) pare di una gravità inaudita. Quasi lo stesso - anche se il personaggio da lei citato non ha certo lo spessore culturale del precedente - quando si afferma di preferire una partita a carte.
Sie fragen nach dem Grund für die Ablehnung und der Leugnung. Ich denke, die Gründe dafür sind vielfältig. Das Fehlen einer Diskussion durch die allgegenwärtigen Antifaschisten und Antinationalsozialisten hier im Forum ist bezeichnend. Emblematisch ist auch das "langweilig" von Herrn Manfred Gasser. Viele Menschen denken wie er. Ich vermute, es hat alles mit dem allgemeinen Freispruch am Ende des Krieges zu tun, der mit "lei net rogeln" sanktioniert wurde, und mit der Notwendigkeit, sich zusammenzuschließen, um dem Nationalismus des italienischen Staates zu begegnen sowie mit dem Verlust der Unschuld und der Opferolle was viele nicht wahrhaben wollen.
Ich glaube auch nicht, dass Magnago seinen Leuten verbieten hätte musste, zu jüdischen Gedenkfeiern zu gehen, denn es wäre sowieso niemand hingegangen.
Es tut mir leid, das sagen zu müssen, aber es ist ein sehr trauriges Land. Reich an Geld, aber arm an Geist
Herr Richter,
Sie wissen nicht, was ich denke, Sie wissen anscheinend auch nicht, warum ich das geschrieben habe.
Ich diskutiere schon länger mit Herrn Marcon über seine einseitige, ich sage mal rechte Darstellung der Südtiroler. Und was ich kritisiere, sind nicht die Schlussfolgerungen, die Herr Marcon zieht, sondern das total Aussenvorlassen der altoatesini in dieser Geschichte. So als wären alle Südtiroler Nazi's gewesen, und viele es immer noch seien, und alle altoatesini hätten dem Faschismus abgeschworen, was nachweislich beides nicht stimmt.
Und die "memoria corta", die Herr Marcon den Südtirolern unterstellt, trifft wohl eher auf jene altoatesini zu, die seit Jahrzehnten, und auch bei den letzten Wahlen, eine neofaschistische Partei gewählt haben.
Ich habe das auch eine zeitlang verfolgt, will es nun aber doch belassen;
stereotyp und schön regelmäßig kommen immer dieselben Aussagen mit einer gefühlten latent unterlegten italianitá, welche es nicht zu ertragen scheint, dass es ein sprachliches Grenzgebiet gibt, in welchen autonome Regeln herrschen - bis hin zu Kommentaren einer “Kollegin” des Autors, welche die deutschsprachigen Südtiroler augenscheinlich abwertet, so mein Gefühl beim Lesen, so deren Worte.
Ich mag das nicht, das ist mir zu offensichtlich nationalistisch gefärbt, hier fehlt mir der gegenseitige Respekt zu sehr.
È molto semplice e in realtà credo di averlo ormai ripetuto non so più quante volte. Dell’irriducibile fascismo degli altoatesini – anzi: di ogni altoatesino - ne sento parlare e ne vengo accusato solo perché altoatesino io stesso - da quando sono nato. E non è poco tempo perché tra non molto gli anni saranno sessanta. Del resto, il fascismo, ovvero la storia locale che va dal 1922 al 1943 (opzioni comprese) è uno dei pilastri sui quali il gruppo etnolinguistico tedesco ha fondato la propria autonomia. E l’eterno richiamo a quanto subito, ovvero quella che io definisco la cosiddetta “narrazione vittimistica permanente”, ne fa parte integrante.
Cos’è che rompe letteralmente questa narrazione? Qual è il punto focale in grado di confutare tutta l’impalcatura ideologica del vittimismo permanente? Per rispondere a queste domande ne basta una terza. Qual è il grande rimosso della storia locale? Il nazismo sudtirolese e il suo antisemitismo. E non solo quello, opportunisticamente rubricato come mera reazione al fascismo e limitato al periodo che va dal 1943 al 1945, ma soprattutto quanto ne è rimasto dopo. E quanto di quello che ne è rimasto ha diretto le scelte politiche compiute successivamente.
Se io fossi sudtirolese, che il padre della patria Silvius Magnago “deus ex machina” dell’autonomia e dello statuto che la regola (cito testuale) «si circondò di altri reduci e aveva vietato a tutti gli esponenti della Svp di partecipare a qualsiasi evento della comunità ebraica» lo vorrei sapere. Come vorrei sapere tutte le altre cose di cui mi sto occupando e sto scrivendo qui su salto.bz. Ma evidentemente non tutti abbiamo la stessa sensibilità sui valori o troviamo interessanti le stesse cose.
«Ich glaube auch nicht, dass Magnago seinen Leuten verbieten hätte musste, zu jüdischen Gedenkfeiern zu gehen, denn es wäre sowieso niemand hingegangen.»
E in effetti, signor Richter, è proprio questa la cosa più grave.
Und immer gleich weiter. Die bösen Nazi-Südtiroler, und die unschuldigen "poveri altoatesini". So langsam wird es langweilig.
«Bösen Nazi-Südtiroler» voglio sperare ormai di no: quanto meno per merito dell'anagrafe. Ma afflitti da «ein schlechtes Gedächtnis», poco ma sicuro.
https://www.altoadige.it/cronaca/bolzano/scritte-fasciste-a-bolzano-indi...
Wenn jemand so einseitig "schürt" wie L. Marcon (bei jeder sich bietenden Gelegenheit und systematisch), dann wirkt auch keine Verlinkung, um den eingefrorenen Zeigefinger aufzutauen. Erhellend und ausgleichend sind auf jeden Fall die Kommentare von Herrn H. Staffler. @M. Mayr
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In meiner Zeit als Gemeinderat in Brixen habe ich mich vergeblich darum bemüht, dass an der ehemaligen Dompropstei in Brixen, die der damaligen jüdischen Hausbesitzerin Lea Pincherle von den Faschisten enteignet wurde, ein Gedenktafel angebracht wurde. Es war nicht möglich, weil die SVP und ihr italienischer Koalitionspartner, wohl auf Druck des italienischen Militärs, dagegen waren. Dabei hätte dieser kleine symbolische Akt, um den ich im Namen der Tochter der enteigneten jüdischen Mitbürgerin gebeten hatte, vielleicht doch eine größere Wirkung gehabt. In meinem Büchlein "Krummstab und Krummnase", mit einem sehr wertvollen Vorwort von Federico Steinhaus, habe ich erläutert, wie der christlichsoziale Antisemitismus, befeuert vor allem vom Piusverein, in Tirol vor dem Ersten Weltkrieg mit dazu beigetragen hat, den latent vorhandenen Antisemitismus militant zu machen. Die SVP hat seit ihrer Gründung eine starke christlichsoziale Komponente, die sich nie vom Antisemitismus distanziert hat. Allerdings ist es auch bei den italienischen Parteien üblich, immer mit dem Finger auf die anderen (die bösen Deutschen) zu zeigen, und die eigenen Verbrechen zu leugnen. Ich erinnere nur daran, dass es wegen des Vetos der Italiener nicht möglich ist, dem faschistischen Kriegsverbrecher Gennaro Sora die Ehrenbürgerschaft von Brixen zu entziehen.
Silvius Magnago, der immer sehr gut vorbereitet an Sitzungen teilgenommen hat, hätte eine sehr präzise Auskunft zu seiner Aussage "Lei net rogln" gegeben, und zwar indem er den Kontext in Erinnerung ruft, in diesem er diese Worte benutzt hat, und indem er auf den historischen Kontext einginge, in dem diese Aussage zu bewerten ist. Unstreitig war es in der Phase nach dem 2. Weltkrieg im Hinblick auf die Anerkennung der Rechte als Minderheit von grundlegender strategischer Bedeutung, den Zusammenhalt der Südtiroler Bevölkerung zu stärken und Polarisierungen zu vermeiden. Nur Einigkeit und ein kompaktes politisches Auftreten vermochte es, der Südtiroler Delegation bei den Autonomieverhandlungen in Rom und bei der UNO Verhandlungsstärke und Glaubwürdigkeit zu verleihen. Die Kontextualisierung ist eine Grundanforderung im Umgang mit der Geschichte. Das sollte auch Luca Marcon beherzigen. Siehe dazu auch die Ausführungen von Landeshauptmann Arno Kompatscher in folgendem Interview:
https://davidkultur.at/artikel/mutig-mit-schemata-brechen-in-einem-klein...
Wer unterschiedliche und oft gegensätzliche Positionen und Persönlichkeiten unter einen Hut bringen will, muss kompromissfähig sein und auch einem widerstrebende Gegebenheiten ertragen. Diesem Spannungsfeld war auch Magnago in seinem Wirken ausgesetzt.
Nel 2021 il settimanale FF ha pubblicato un articolo di Florian Kronbichler intitolato “Ein Lehrer, wie der Herr Steurer” ed inerente una conversazione fra lo storico sudtirolese Leopold Steurer e Martha Ebner, vedova di Anton Toni Ebner, deputato per la SVP dal 1948 al 1963 nonché direttore – dal 1951 – della casa editrice Athesia e – dal 1956 – del giornale Dolomiten. D seguito, uno stralcio:
* * * * * * * *
Signora Ebner, lei ha vissuto il secolo scorso, signor Steurer, lei invece l’ha studiato: parliamo di cultura della memoria. Ne abbiamo una?
Martha Ebner: Noi, la mia generazione, abbiamo certamente una cultura della memoria. Ma ciò che conta è come siamo stati in grado di trasmetterla. Se la storia non è stata spiegata, o anche solo raccontata ai giovani, allora questo è un male. Questo richiama immediatamente l’insegnante al dovere.
Leopold Steurer: In questo caso, mi sento interpellato come insegnante e come storico. Dal 1945 agli anni ’70, in Sudtirolo non è esistita una cultura della memoria degna di questo nome. Perché? Per via della cosiddetta generazione della Wehrmacht – Wehrmachtsgeneration, termine coniato da Claus Gatterer – che ha in gran parte affrontato il proprio passato rimanendo in silenzio. Si parlava solo del fascismo italiano e delle sue atrocità. Le sofferenze del Sudtirolo sotto il fascismo giustificavano tutto. L’Autonomia era la riparazione. Nell’opinione pubblica sudtirolese non si parlava d’altro.
Per quanto tempo, secondo lei, non se ne è parlato?
Steurer: Per me, una data concreta è il 1979, quando venne pubblicato il libro su Joseph Mayr-Nusser “Keinen Eid auf diesen Führer” di Reinhold Iblacker. Gli dava un fastidio pazzesco che l’argomento non venisse affrontato in Sudtirolo. Il libro non è stato pubblicato da Athesia, ma da Tyrolia a Innsbruck, e l’autore è un gesuita di Monaco. Questo dice molto.
Parole dure. Cosa ne dice, signora Ebner?
Ebner: Beh, io sono della stessa opinione. La situazione nel 1945 era che l’84% dei sudtirolesi aveva optato, mentre i Dableiber erano una piccola minoranza. E si sono subito detti: cosa facciamo adesso? Erich Amonn e i suoi compagni di lotta, tra cui il canonico (Michael Gamper, “Onkele” di Martha Ebner – NdR), anche se non si trovava lì ma a Roma, dissero che non serviva a nulla, noi Dableiber dovevamo comportarci come se nulla fosse successo. Non possiamo contraccambiare gli Optanti per quello che ci hanno fatto. Altrimenti, non ci sarebbe stata l’Autonomia. Gli americani dicevano comunque che fossero tutti nazisti. Per questo hanno detto: dimentichiamo tutto e finiamola qui.
Il “Lei net roglen!” [NdT: non rimestare il passato] di Silvius Magnago.
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Ecco. Questo è il "Lei net roglen". Una delle strategie della cosiddetta "Wehrmachtsgeneration", ovvero un gruppo di ex nazisti al potere in Alto Adige, per nascondere il proprio passato. E i propri crimini. Ed è solo da una "Wehrmachtsgeneration" al potere che possiamo aspettarci una cosa cosi aberrante come quella che fece Silvius Magnago vietando «a tutti gli esponenti della Svp di partecipare a qualsiasi evento della comunità ebraica».. Da abitante di questa terra nato qui, trovo veramente - e voglio limitarmi - vergognosa questa continua manipolazione delle verità storiche da parte di così tanti concittadini sudtirolesi di oggi.
Weit schlimmer als Steurers Wehrmachtsgeneration waren in Südtirol die vielen Beamten, die von der RSI direkt in den Staatsdienst in Südtirol gewechselt sind. Die hatten bis Anfang 1970 Polizei und Justiz in Südtirol vollkommen in ihrer Hand, haben die Folterungen und Ermordungen angeordnet. Im Vergleich dazu waren die Angehörigen der Wehrmachtsgeneration harmlose Papiertiger, jedenfalls haben sie seit 1945 keine Toten mehr auf ihrem Gewissen, während die RSI-Generation auch nach 1945 noch für unzählige Folteropfer und Tote in Südtirol verantwortlich ist.
RSI?
RSI-Generation??
Die RSI-Generation, also die Staatsbeamten in Polizei und Justiz, die noch in der faschistischen Repubblice Sociale Italiana (RSI) von Benito Mussolini treue Dienste geleistet haben (z.B. ein Staatsanwalt namens Mario Martin), hat nach dem Krieg nahtlos die faschistische Unterdrückungspolitik in Südtirol weitergeführt. Das sollte eigentlich bekannt sein. Aber der Poldi hat halt eine gewisse Affinität zu den Faschisten.
edit: Repubblica
In Alto Adige ci sono venuta da persona adulta e della storia di questa provincia al tempo del mio trasferimento non ne sapevo granché. Nella confinante provincia di Trento e nelle province italiane in genere è più di ogni altra cosa noto il fatto che i fascisti avevano proibito ai sudtirolesi di parlare la loro lingua, che con l'immigrazione da altre province intendevano italianizzare la popolazione tedesca. Non avevo invece mai sentito parlare di antisemitismo nazista dei sudtirolesi, se non dopo qualche anno, a bassa voce, da un conoscente sudtirolese. Pensavo fosse stato un fenomeno di ridotte dimensioni, di qualche singolo fanatico. Nei successivi approfondimenti della storia locale venni a conoscere ben altro. Intendo con ciò affermare che l'italiano medio in provincia e fuori dai suoi confini conosce soprattutto le malefatte del fascismo nel Sudtirolo e poco quelle del nazismo. Come mai? Evidentemente si sono in gran parte taciute.
"Intendo con ciò affermare che l'italiano medio in provincia e fuori dai suoi confini conosce soprattutto le malefatte del fascismo nel Sudtirolo e poco quelle del nazismo." Das gilt leider auch für den durchschnittlichen Südtiroler. Ich, Jahrgang 68, habe auf jeden Fall in der Schule immer nur von den bösen Faschisten bei uns, und den bösen Nazis in Deutschland gehört, von bösen Nazis in Südtirol war nie die Rede. Aber das ist jetzt bald 50 Jahre her, also kein Grund, uns Südtiroler bei jeder Gelegenheit als ewigestrige Hinterwäldler, und Nazi-Sympathisanten abzustempeln.
«Aber das ist jetzt bald 50 Jahre her, also kein Grund, uns Südtiroler bei jeder Gelegenheit als ewigestrige Hinterwäldler, und Nazi-Sympathisanten abzustempeln.»
Di anni per la verità ne son passati quasi ottanta (la seconda guerra mondiale è finita nel 1945) ma qui nessuno – e men che meno io – si sogna di etichettare i sudtirolesi tutti come eterni bifolchi simpatizzanti del nazismo ogni volta gliene capiti l’occasione. A mio parere il problema, se si può usare questo termine, è un altro. Anzi, due. Uno generale e uno specifico.
Quello generale è che le verità storiche accertate devono essere conosciute. Da tutti. Soprattutto se si tratti dell’Alto Adige/Südtirol e la verità storica sia quella del nazismo e antisemitismo sudtirolesi prima, durante e purtroppo anche dopo la seconda guerra mondiale.
Quello specifico è che non si può disgiungere il nazismo e l’antisemitismo sudtirolesi dalla storia dell’autonomia. Perché il primo (il secondo ne è la dimostrazione della reale natura e della sua persistenza) vi ha giocato un ruolo non irrilevante. E io, da altoatesino nato qui e che ho vissuto e vivo sulla mia pelle gli effetti dell’autonomia “più bella del mondo”, vorrei sapere e soprattutto vorrei che certi sudtirolesi la smettessero di non sapere o, peggio, fingere di non sapere che, ad esempio, il volontario dell’esercito nazista nonché assessore alla scola tedesca Anton Zelger, quello del « je klarer wir trennen, desto besser verstehen wir uns» (e si capisce dal prosieguo quali erano tra gli altri i principi che lo animavano) era così antisemita che per far sì, come racconta Federico Steinhaus nella sua intervista da me citata, che gli ebrei sudtirolesi tornassero ad avere cittadinanza lo si dovette sostituire – il che è tutto dire - con un Bruno Hosp: che fu comunque capo degli Schützen nel periodo in cui non pochi di questi partecipavano – partecipano ancora oggi? - a raduni neonazisti oltrefrontiera mascherati da celebrazioni nel nome di Andreas Hofer senza che qui quasi nessuno avesse nulla da dire.
Si tragen offensichtlich eine Art “Hass” in sich, der Ihrer Gesundheit wohl abträglich ist.
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Dass Sie stereotyp die Autonomie diskreditieren, indem Sie diese in meinen Augen völlig abwegig als Frucht von Nazismus und Antisemitismus begründen wollen, erscheint als versteckter und beleidigter Nationalismus sichtbar, um eben diese Autonomie - abzuschaffen?
Sprechen Sie doch Klartext: was Sie offensichtlich stört, ist der Schutz des Deutschen, wofür Sie null Verständnis aufzubringen vermögen: wie eine böse Bulldogge, so drängt sich mir das Bild auf, verbeißen Sie sich in deutsche Wadl... (dabei sind diese genetisch nicht anders als italienische)
Ich meinte eigentlich meine Schulzeit, mit 50 Jahren. Ich hoffe doch sehr, dass sich auch da etwas verändert hat.
Was den "Südtiroler Antisemitismus" betrifft, kann ich Ihre Einschätzung nicht teilen. Ich denke, wir waren, und sind nicht besser oder schlechter als andere Regionen in Europa. Natürlich wäre es wünschenswert, könnte man den Rassismus, den Antisemitismus einfach aus der Gesellschaft eliminieren, aber daran werden wir scheitern.
Was ich noch nicht ganz verstanden habe, wieso hetzen Sie so extrem gegen "l'autonomia piu bella del mondo"? Sicher waren die "Väter" der Autonomie vom Faschismus, und der folgenden Nazizeit geprägt, und ja, sicher waren einige sogar Nazis und Antisemiten. Aber dennoch finde ich, für die Zeit und Stimmung, die damals herrschte, haben diese Herrn ein gutes Paket für den Schutz der Südtiroler geschnürt. Jetzt wäre es aber höchste Zeit, dieses Paket zu öffnen, und den Inhalt anzupassen.
Noch eine Frage, quali erano, e sono gli effetti, che Lei ha vissuto e vive ancora sulla sua pelle? Spero tanto per Lei, che non siano tutti negativi.
Signor M.Gasser, non è che mi sono dimenticato: le rispondo per punti per facilitare la lettura.
Ich meinte eigentlich meine Schulzeit, mit 50 Jahren. Ich hoffe doch sehr, dass sich auch da etwas verändert hat.
Pensavo anch’io fosse sicuramente cambiato qualcosa. Ma a leggere la lettera che ho aggiunto in seguito, non sembrerebbe poi più di tanto. Alle scuole medie, almeno.
Was den "Südtiroler Antisemitismus" betrifft, kann ich Ihre Einschätzung nicht teilen. Ich denke, wir waren, und sind nicht besser oder schlechter als andere Regionen in Europa. Natürlich wäre es wünschenswert, könnte man den Rassismus, den Antisemitismus einfach aus der Gesellschaft eliminieren, aber daran werden wir scheitern.
No, questo non mi sembra proprio di averlo scritto. Der "Südtiroler Antisemitismus" sarà o sarà stato né più né meno che l’antisemitismo di qualsiasi altro popolo di area germanofona. L’unica differenza riguarda il fatto che in nessun altro posto c’è stata una classe dirigente di area germanofona al potere che lo abbia potuto esercitare per così lungo tempo dopo il 1945 (mi riferisco qui agli esempi del tipo di cui ho scritto, dal fatto che Magnago avesse proibito ai rappresentanti del suo partito di partecipare alle cerimonie ebraiche sulla Shoah all’assessorato alla cultura tedesca che finanziava libri scritti da ex nazisti e pieni di antisemitismo)
Was ich noch nicht ganz verstanden habe, wieso hetzen Sie so extrem gegen "l'autonomia piu bella del mondo"? Sicher waren die "Väter" der Autonomie vom Faschismus, und der folgenden Nazizeit geprägt, und ja, sicher waren einige sogar Nazis und Antisemiten. Aber dennoch finde ich, für die Zeit und Stimmung, die damals herrschte, haben diese Herrn ein gutes Paket für den Schutz der Südtiroler geschnürt. Jetzt wäre es aber höchste Zeit, dieses Paket zu öffnen, und den Inhalt anzupassen.
Non ho mai detto che non sia stato messo insieme un buon pacchetto per la protezione dei sudtirolesi Anzi: considerando tutto credo che il pacchetto sia stato ottimo (un amico storico mi ha raccontato che un grosso politico della SVP si stupiva ogni volta di come lo stato italiano “calasse le braghe” ad ogni loro richiesta). È per gli altoatesini, il problema: ed è un grande problema.
Noch eine Frage, quali erano, e sono gli effetti, che Lei ha vissuto e vive ancora sulla sua pelle? Spero tanto per Lei, che non siano tutti negativi.
Primo, quello occupazionale: ne abbiamo discusso lungamente nel relativo articolo “Il falso mito della proporzionale” e direi che nessuno è riuscito a confutare le mie conclusioni.
Secondo, quello abitativo: sono nato e ho sempre lavorato a Bolzano, una città dove la “dottrina Benedikter” ne ha bloccato per decenni l’espansione (come noto, per contenere e comprimere il gruppo etnolinguistico italiano) favorendo nel contempo una continua forte speculazione al rialzo sui prezzi degli immobili.
Terzo, quello sociale. Molto complesso da descrivere, non mi basterebbero due giorni (che ora proprio non ho). Lo posso riassumere così: cosa ha significato nascere e crescere da altoatesino in una provincia dove la maggioranza appartiene al gruppo etnolinguistico tedesco e la sua elité ha passato le giornate a capire come cacciarti via o quanto meno non farti sentire a casa tua in modo che tu prima o poi te ne andassi (il famosissimo «italiani quali "Gastarbeiter mit einem privilegierten Status».
Aspetti positivi… come altoatesino dall’autonomia? Non me ne viene in mente nessuno.
«Aber der Poldi hat halt eine gewisse Affinität zu den Faschisten.»
Ci andrei molto più cauto nell'accusare uno storico come Leopold Steurer di «gewisse Affinitàt du den Faschisten» con tanta leggerezza. Soprattutto su un media come salto.bz, per il quale si potrebbe potenzialmente configurare il reato di diffamazione aggravata (ovvero a mezzo stampa).
Ich habe von Herrn Steurer noch nie ein Wort gegen die RSI-Generation gehört. Sollte er tatsächlich einmal den lebendigen Faschismus in Südtirol verurteilt haben, so würde ich meinen Vorwurf natürlich zurücknehmen. Ansonsten bleibt er bestehen.
Come sarebbe bello e giusto che ognuno elaborasse e accettasse il proprio passato e si potesse serenamente vivere miteinander, liberi da ideologie nazifasciste.
ja, da haben Sie wohl Recht - dann würde/dürfte es auch keine Präsidentin Meloni geben, und keinen Parlamentarier, der die Hand zum Faschistengruß hebt... da sind noch viele Hausaufgaben zu machen, wohlan, Frau Turri, das schaffen wir!
Whataboutism
Come sarebbe bello e giusto che ognuno elaborasse e accettasse il proprio passato e si potesse serenamente vivere miteinander, liberi da ideologie nazifasciste.
Danke
Sie sagen eine etwas sehr Schönes
Eine kleine Änderung würde ich anbringen:
"Come sarebbe bello e giusto che ognuno elaborasse e accettasse il proprio passato e si potesse serenamente vivere miteinander, liberi da ideologie".
Raccontare la storia: quando un esempio vale più di mille parole.
C’è un signore che di nome fa Willy Acherer. Nato nel 1920, è prima parà della Wehrmacht poi nel commando della divisione Brandenburg infine istruttore militare dei ragazzini sudtirolesi della Hitlerjugend. Originario di Bressanone, dove vive e fa il commerciante, non è però cittadino italiano: nel 1939 ha optato per la Germania nazista ma non ha più potuto riottenere «la cittadinanza italiana per il suo comportamento particolarmente persecutorio». Quale sia la sua ideologia di riferimento lo si capisce dal libro rigorosamente in lingua tedesca che ad un certo punto decide di scrivere e pubblicare. E che contiene perle come le seguenti:
«Adolf Hitler? Un uomo pieno di qualità e di buona volontà, votato al risorgimento tedesco. Rudolf Hess? Un angelo della pace. Nessun altro come lui avrebbe avuto diritto a quel premio Nobel per la pace così spesso attribuito con leggerezza. Walter Reder? Non fu liberato prima per colpa soprattutto di quella masnada biliosa degli ex partigiani comunisti i cui caporioni stanno oggi seduti in Parlamento.»
Il titolo del testo non è così compromettente come il contenuto: «Confessioni giovanili di un sudtirolese». E forse potrebbe anche passare inosservato, non fosse altro che un suo concittadino, Siegfried Stuffer, insegnante di 50 anni e candidato al Senato nel 1986 per socialisti e verdi, mette tutti in guardia pubblicamente: «Attenti, si tratta di un vecchio nazista, lo ricordo mentre puntava la pistola alla testa di un disertore». Acherer decide di querelare Stuffer per diffamazione. Il legale di quest’ultimo, però, non ha grossi problemi di difesa per il suo assistito in quanto basta «leggere il libro di Acherer per capire che non c’è diffamazione». Detto in altre parole: quale reato si può ravvisare nel dare del nazista ad un nazista? La storia potrebbe anche finire qui, rubricata come uno dei tanti esempi di un nazismo sudtirolese che non solo è sopravvissuto alla seconda guerra mondiale ma ancora nel 1987 gode di ottima salute. Ma c’è un ma. Ed è grande come una montagna. L’assessorato alla Cultura e Pubblica istruzione in lingua tedesca , da sempre feudo del professor Anton Zelger noto esponente di primo piano della SVP, ha deciso di finanziare questo capolavoro dell’editoria con ben quattro milioni di lire, che ad oggi equivarrebbero a più di 5.300 euro. Rispondendo ad una interrogazione in consiglio provinciale, il commilitone – in quanto anche lui a suo tempo volontario nella Wehrmacht - Zelger risponde semplicemente che «il libro non sarebbe un’esaltazione del nazionalsocialismo». La prima cosa che a me viene in mente è: che generazioni di sudtirolesi può aver allevato una scuola tedesca il cui assessorato di riferimento era diretto da una persona del genere?
[NB. Virgolettati, citazioni testuali fonte Repubblica 1987.]
Zitat: “ Willy Acherer ...Adolf Hitler? Un uomo pieno di qualità e di buona volontà...”: ähnlich wie Meloni in unserer Zeit über Mussolini... möchten Sie doch aktuell auch darüber a bissl erzählen, wo Sie immer so alte & schlimme Geschichten erzählen... mal neue Geschichten? Und auch über den, der trotz Faschistengruß ein hohes italienisches Haus leitet: nicht vor hundert Jahren, nein: heute!
Berichten Sie über den aktuellen Faschismus, bitte.
Whataboutism
Willy Acherer, der ein Sportgeschäft in Terminillo betrieb und Ehrenpräsident des Sciclub Terminillo war, ist vor sieben Jahren gestorben. Die Zeitung "Il Messagero" hat ihm einen ehrenden Nachruf gewidmet. Offenbar hat Herr Marcon den Buchautor Willy Acherer mit dem ehrenwerten Brixner Geschäftsmann Erich Acherer verwechselt. Das sollte nicht passieren, wenn man ernst genommen werden will.
Nell'Alto Adige del 22 gennaio 2019 si legge quanto segue:
«Ancora nel 1987, c’è un lungo articolo pubblicato allora dall’Alto Adige che lo testimonia, la Provincia finanziò un libro di Willy Acherer in cui scriveva: «I nostri torturatori erano tutti ebrei». E li accusava di aver tentato una operazione eugenetica “nei confronti del popolo tedesco” dopo la guerra. Non bastarono le critiche di tanti storici tirolesi a fermarne la pubblicazione. E il finanziamento pubblico.» (da parte dell'assessorato di Anton Zelger, NdA)
Nella Repubblica del 4 aprile 1987 si legge quanto segue:
«Adolf Hitler? Un uomo pieno di qualità e di buona volontà, votato al risorgimento tedesco. Rudolf Hess? Un angelo della pace. Nessun altro come lui avrebbe avuto diritto a quel premio Nobel per la pace così spesso attribuito con leggerezza. Walter Reder? Non fu liberato prima per colpa soprattutto di quella masnada biliosa degli ex partigiani comunisti i cui caporioni stanno oggi seduti in Parlamento. I giudizi sono di Willy Acherer, classe 1920, prima parà della Wehrmacht, poi commando della divisione Brandenburg, infine istruttore militare dei ragazzini sudtirolesi della Hitlerjugend. Sono frasi tratte da un libro pubblicato con un contributo di quattro milioni della Provincia autonoma di Bolzano, assessorato alla Cultura e Pubblica istruzione in lingua tedesca, da sempre feudo del professor Anton Zelger, esponente di primo piano della Volkspartei. Il volume è intitolato Confessione giovanile di un sudtirolese. Originario di Bressanone, dove vive e fa il commerciante, Acherer non è però cittadino italiano. Nel 1939 optò infatti per la Grande Germania, ma fu poi tra i pochi sudtirolesi che non riottennero la cittadinanza italiana per il suo comportamento particolarmente persecutorio. Buona parte del suo libro sarà ora tradotta in italiano. L' ha ordinato la magistratura accelerando un processo per diffamazione intentato dallo stesso Acherer nei confronti di un altro bressanonese, Siegfried Stuffer, insegnante di 50 anni, candidato al Senato lo scorso giugno per socialisti e verdi. Sul quotidiano Dolomiten l' insegnante aveva messo in guardia i lettori: Attenti, si tratta di un vecchio nazista, lo ricordo mentre puntava la pistola alla testa di un disertore. In aula l' avvocato Sandro Canestrini, legale di Stuffer, non ha avuto grossi problemi di difesa sostenendo che bastava leggere il libro di Acherer per capire che non c' è diffamazione. Ma intanto la polemica s' è spostata sull' assessore Zelger, teorico e gestore della divisione etnica in Alto Adige. A suo giudizio, ha detto rispondendo ad un' interrogazione dei verdi, il libro non sarebbe un' esaltazione del nazionalsocialismo. La pensano diversamente, però, molti altri sudtirolesi, tra cui il presidente della comunità ebraica Federico Steinhaus: Con quale diritto chiede l' assessore può ancora pretendere di dirigere un settore che per definizione si occupa di cultura?»
Il libro del brissinese Willy Acherer è stato edito nel 1987 e si intitola «Jugendbekenntnis eines Südtirolers» Si può ancora acquistare in rete e la presentazione online riporta quanto segue:
«Der Südtiroler Willy Acherer beschreibt in seinem "Jugendbekenntnis" mutig seine Erlebnisse zur Zeit der Annexion und der Bevormundung und Unterdrückung durch Italien. Den Hauptteil seiner Darstellungen nimmt fast zwangsläufig die Kriegszeit in Anspruch, in der er mit Südtiroler Kameraden als Freiwilliger bei den "Brandenburgern" mitkämpfte und unsagbares Leid erlebte. Doch nach dem Kriegsende wurde es für ihn - wie für fast alle Deutschen, die davongekommen waren - abermals sehr schwer, denn er wurde trotz amerkanischem Entlassungsschein durch Willkürjustiz für weitere zwei Jahre in Gefängnissen, Massenlagern und "Kriegsverbrecher-Camps" inhaftiert. - Das hier angebotene Exemplar ist einwandfrei, ihm beigegeben sind einige montierte Kopien von Zeitungsauschnitten und eine am Vorsatz befestigte Bildkarte mit Signatur von Karl Felderer, der das Begleitwort zum Buch schrieb.»
Che il Willy Acherer di Bressanone autore del libro citato sia il nazista che ormai tutti pensiamo che sia lo prova Thomas Casagrande nel suo libro «Südtiroler in der Waffen-SS. Vorbildliche Haltung, fanatische Überzeugung.» da pag. 110 a pag. 113, con richiamo alla «Freiwilligenliste 1939, SLA Bestand VKS/Ad0 nr. 83 Blatt 11. » (a pag. 110 si cita Willy Acherer "der Kresikimmandant von Brixen", a pag. 111 è anche pubblicata una foto della "Führertagung der geheimen Jugendbewegung Südtirols" nella quale compare Willy Acherer assieme a Otto Casagrande, ovvero il padre dell'autore del libro) e si trova conferma nel catalogo della mostra delle opzioni di Castel Tirolo, dove il nostro, autore dell'autobiografia «Jugendbekenntnis eines Südtirolers» è definito un sudtirolese membro delle SS. E dove si scopre anche che il libro di Acherer del 1987 ha una nota aggiuntiva di un certo Karl Felderer, (1895–1989), un autore sudtirolese propagandista delle opzioni in favore della Germania che al tempo delle opzioni associava il metaforismo del geranio rosso sangue («brennende Lieb») alla disponibilità a emigrare:
«So reißet vom sonnigen Erker / Die letzte brennende Lieb; / Die Treue zu Deutschland war stärker, / Das Heiligste, was uns blieb. / Wir nehmen sie mit im Herzen, / Für and’re dereinst Symbol, / Sie stille des Heimweh’s Schmerzen: / Leb wohl, du mein Südtirol.»
Noto prima come autore del popolare Bozner Bergsteigerlied, il canto degli scalatori di Bolzano «Wohl ist die Welt so groß und weit…» del 1926, già nel 1938 aveva trasfigurato liricamente l’“annessione” dell’Austria. La sua poesia März 1938 terminava con le seguenti strofe pervase di religiosità:
«Bald läuten die Glocken das Osterfest ein, / Und Auferstehung wird wieder sein. / Dann schauen wir dankbar zum Herrgott auf, / Verzagen nicht und bauen darauf, / Die Frauen, die Kinder, die Männer, / Denn heute steht Deutschland am Brenner.»
Ora: non so se il brissinese Willy Acherer, il nazista autore del libro descritto fino a qui e nato nel 1920 sia o meno lo stesso Willy Acherer nato anche lui nel 1920 e definito storico operatore del Terminillo con origini sempre brissinesi. Quello che posso dichiarare per certo, è che il signor Erich Acherer di Bressanone non ho la minima idea di chi sia.
Sie möchten jetzt in die Geschichte hinein:
Sie kennen “Gabriele d’Annunzio”: hatte ich selbst noch im Italienischunterricht zur Matura.
.
Bitte, teilen Sie Ihre Meinung dazu mit.
Der muss dann doch genauso wie “Reimmichl” weg, oder doch nicht?
(betrachten wir die Geschichte mit den Augen ihrer Zeit, oder begehen wir, wie Sie, den retrospektiven Fehler?)
.
Sie fahren hier einen “Kreuzzug”.
Whataboutism
... das sehe ich nicht so: Whataboutism wäre es, würde ich das eine ablehnen, bzw. verschleiern wollen, indem ich anderes einbringen:
dem ist aber nicht so: ich setze in einen Kontext, der gesamt zu betrachten ist, so meine Ansicht dazu: Faschismus in der Literatur - nicht NUR selektiv beim einen, um dies als Aufhänger zu benutzen für das Eigentliche.
Ho controllato. Il Willy Acherer ex nazista e scrittore di un libro nazista finanziato dall'assessorato alla cultura tedesca e il Willy Acherer "eroe" del Terminillo sono la stessa persona. Ora qualcuno dovrebbe scusarsi: ma non con me, con lui stesso...
Herr Marcon, sie haben geschrieben, dass Willy Acherer als Geschäftsmann in Brixen lebt. Dabei ist Willy Acherer, der Geschäftsmann in Terminillo war, längst gestorben. Warum haben sie nicht so viel Anstand, ihre Fehler einzugestehen und sich dafür zu entschuldigen?
Ah, ma non si era capito precisamente cosa lei volesse intendere e dove volesse andare a parare. Comunque sia, ora è chiaro. Per scrivere il pezzo ho utilizzato l'articolo di Repubblica intitolato «La Provincia finanzia il libro di un ex nazista di Bressanone» nel cui testo è riportato quanto segue: «Originario di Bressanone, dove vive e fa il commerciante, Acherer non è però cittadino italiano». Il Willy Acherer a cui io mi riferisco, ovvero l'ex nazista che ha scritto un libro nazista finanziato dall'assessorato alla scuola e cultura sudtirolese, è lo stesso Willy Acherer naturalizzato terminillese dal 1946 (come riporta un articolo di un giornale di Rieti). Ora: io non so come mai Repubblica nel 1987 abbia scritto che il suddetto Acherer vivesse a Bressanone dove faceva il commerciante. Forse alternava con la sua vita al Terminillo? O forse ha semplicemente sbagliato?
Wenn man einen 32 Jahre alten Zeitungsartikel verwendet, um eine angeblich in Brixen als Geschäftsmann lebende Person zu beschuldigen, dann sollte man sich zumindest vergewissern, ob diese Person noch lebt.
La storia che ho raccontato si riferiva al 1987, signor Staffler: non a oggi. E si comprende benissimo leggendola. Lei ha semplicemente preso una solenne cantonata. E fin qui, poco male: capita. Ciò che invece non le dovrebbe essere consentito - quanto meno dalla sua educazione al dialogo - è permettersi di tentare di screditarmi con frasi tipo «Offenbar hat Herr Marcon den Buchautor Willy Acherer mit dem ehrenwerten Brixner Geschäftsmann Erich Acherer verwechselt. Das sollte nicht passieren, wenn man ernst genommen werden will.» quando è lei a non aver capito un bel nulla. La saluto.
Aggiungo anche qui nei commenti il testo di una lettera pubblicata oggi dal quotidiano Alto Adige (e che è stata integrata nel testo dell'articolo):
* * * * * * * *
La Provincia deve fare di più
Giorno della Memoria, la scuola fa troppo poco.
Vorrei esprimere la mia piena condivisione al signor Luca Marcon e alla sua denuncia relativa all’atteggiamento della Provincia riguardo il Giorno della Memoria; a questo proposito porto la mia personale esperienza (col passar degli anni sempre più lunga…).
Circa dieci anni fa scrissi una lettera al giornale (che Le allego) riguardo “l’assordante silenzio” del mondo della scuola media tedesca nei confronti del tema della Shoah e del Giorno della Memoria; era il 31 gennaio del 2014, oggi 22 gennaio 2023 devo constatare che la situazione non è affatto cambiata (parlo esclusivamente della scuola media, probabilmente alle superiori va meglio…).
Ora come allora, se a scuola se ne parla è perché lo fa l’insegnante di italiano.
Sono quindi pienamente d’accordo con Lei quando loda il nostro grandissimo Landeshauptmann Arno Kompatscher che, al contrario non nicchia, non elude, non abbozza (né lo ha mai fatto) – così dimostrando (anche) in questo ambito quanto infinitamente più avanti sia lui rispetto al suo partito…
Ich weiss ja nicht, wo diese Person die Schule besucht hat. Ich weiss aber, dass im Jahre 1981, meinem 2. Jahr in der Mittelschule, auf deutsch z. B. die Shoah auf dem Unterrichtsplan stand, natürlich nur auf Hitler-Deutschland bezogen, als hätte es die Judenverfolgung hier bei uns nicht gegeben. Und vom Italienischunterricht sind zwei Dunge hängen geblieben, "Via Rasella" und "foibe".
Per quello che son riuscito a capire, l'autrice della lettera è un insegnante di italiano (L2) nelle scuole medie tedesche.
Lunedì 30 gennaio sono andato alla conferenza organizzata dall’associazione Soroptimist International Bolzano/Bozen di presentazione del libro «Quando la patria uccide. Storie ritrovate di famiglie ebraiche in Alto Adige» di Sabine Mair e Joachim Innerhofer. Del libro avevo già pubblicato una recensione qui su salto.bz. (https://bit.ly/3YikSUH)
A differenza della lingua in cui è stato scritto il libro, il titolo in italiano non rende compiutamente l’idea di come possa essere stato percepito dalla comunità di religione ebraica quanto è accaduto. Nella versione originale tedesca è reso come «Mörderische Heimat», e solo chi vive qui sa quanto siano diversi tra loro i termini patria e Heimat e cosa evochi il secondo.
Joachim Innerhofer mi è stato presentato il giorno in cui sono andato a Merano a visitare il museo ebraico (ora in fase di ristrutturazione), Sabine Mayr l’ho conosciuta direttamente alla conferenza. Il lavoro dei due autori è semplicemente encomiabile e raggiunge pienamente lo scopo che si prefigge: salvaguardare la memoria di ciò che è stato e delle persone che l'hanno vissuto.
Durante la conferenza è stato chiesto loro che cosa ne sia stato dei beni venduti in emergenza, confiscati e razziati localmente a quelli che furono poi deportati nei campi di concentramento nazisti con la collaborazione dei sudtirolesi a vario titolo inquadrati nelle milizie hitleriane ovvero organizzati autonomamente in appoggio alle stesse.
E anche in quella sede ho avuto conferma di quanto qui ribadito più volte. La classe politica che ha retto l’Alto Adige dalla fine della seconda guerra mondiale al cambio della guardia del 1989, quella che lo storico Leopold Steurer ha definito “la generazione Wehrmacht dei Magnago, dei Benedikter e dei Zelger”, ha completamente cancellato storia e memoria della comunità di religione ebraica altoatesina dalla narrazione ufficiale. E di conseguenza, qualsiasi atto riparatorio concreto. Il vero cambio di paradigma è avvenuto con l’attuale presidente Arno Kompatscher, anche se i suoi poteri al riguardo sono molto limitati.
Sulla questione dei valori, nel senso weberiano dei valori che intenzionano le azioni, ne ho già parlato in un articolo pubblicato qui su salto.bz e intitolato: «Alexander Langer e Silvius Magnago. Dalle vittime ai carnefici: storia di uno scontro sui valori» (https://bit.ly/3jnz28q).
che alla luce del concetto di «generazione Wehrmacht» formulato da Steurer e qui richiamato, acquisisce tutt’altro peso.
Sull'Alto Adige del 25 gennaio 2019 è comparso un articolo a firma (pc) che racconta proprio «I beni rubati agli ebrei e mai restituiti.» Lo posto di seguito.
* * * * * * * *
Sabine Mayr ha ricostruito il destino delle vittime in Alto Adige: ancora nessuna riparazione.
BOLZANO.
Nel 1938 gli ebrei a Merano erano 1200. Gente in mezzo alla quale si respirava aria nuova. Nei loro negozi, negli uffici, si poteva sentir parlare tedesco, italiano ma anche ungherese e polacco e ceco, qualche volta pure turco e spesso yiddish, la lingua franca degli ebrei mitteleuropei. Rispetto alla variante clericale tirolese del classico antisemitismo politico centrale di Vienna, quelle centinaia di famiglie costituivano un'oasi di liberalismo culturale, di tolleranza etnica e politica, di grande predisposizione al volontariato sociale. Poi, dal '38, le leggi razziali fasciste e le prime partenze. Infine, dall'8 settembre del '43, con l'arrivo dei nazisti, le deportazioni. L'inizio del buio. Già il 16 settembre i primi arresti. Almeno 25 persone finirono nell'ex sanatorio ebraico, trasformato in stazione di disinfezione. La sera stessa via, verso i lager. Uno solo tornò. Sabine Mayr per anni si è data l'impegno di inseguire quei volti perduti nelle camere a gas, di ricostruire storie dimenticate, di ritrovare le loro case depredate. E lo ha fatto ritessendo i fili spesso scomposti delle relazioni famigliari, rintracciando lontani parenti, figli ora adulti sfuggiti alla cattura perché allontanatisi prima della bufera, sopravvissuti che avevano fatto perdere le loro tracce. E ne ha fatto, assieme a Joachim Innerhofer, la nostra "Antologia di Spoon River". Un racconto collettivo intitolato “Quando la patria uccide, storie ritrovate di famiglie ebraiche in Alto Adige” (Raetia). Parla chi c'è ancora, in quelle pagine. Oppure chi c'è parla per chi non c'è più.
Con chi è riuscita a parlare, professoressa Mayr?
Con molti. Ma con molti non è stato facile. Qualcuno non ha voluto. “Perché?” mi ha risposto una donna che ora vive in America. Non ha trovato ragioni. Altri invece sì. Sono sopravvissuti, chi era riuscito a fuggire dopo il '38, chi aveva allontanato i figli, i parenti. Ma la cosa più dolorosa è stata ripercorrere la doppia Odissea di tanti ebrei meranesi.
Vale a dire?
Che tanti erano giunti in Italia e a Merano perché in Germania i nazisti già stavano agendo. Uccisioni, violenze, deportazioni. Poi le leggi razziali hanno fatto capire che anche qui l'aria era cambiata. E di nuovo via. Chi ha potuto.
E adesso, nel 2018, è cambiata?
Sì e no. Si, guardando ad esempio alle ultime elezioni provinciali. Mi ha sorpreso la sconfitta delle forze della destra sudtirolese. Questo è stato un segnale positivo. Ma resta la sensazione che siamo sempre sul discrimine.
Vuol dire comunque a rischio antisemitismo?
Nella mia esperienza scolastica vedo giovani attratti da certe letture, studenti che rischiano di finire in derive identitarie molto in voga. Penso all'Italia ma, nel mondo tedesco, soprattutto all'Austria di oggi. Penso che alcune età della vita siano più a rischio di altre e in questo, a volte, ho il timore di non fare mai abbastanza. Perché è a scuola che serve guardare in faccia la storia, avere a disposizione libri seri, insegnanti consapevoli.
E lo sono?
Molti, moltissimi sì. Più che in passato. Sono innumerevoli le richieste di documentazione, di serate informative, di viaggi.
Cosa resta da riparare?
Tanti sopravvissuti mi hanno detto: c'è troppo da riparare, c'è solo da continuare a vivere. Ecco, ma decine di parenti delle vittime hanno insistito: racconti, spieghi, dica, scriva. Mai dimenticare.
Perché in Alto Adige si è provato a farlo per lunghi decenni dopo la guerra?
L'ha spiegato anche Federico Steinhaus. L'adesione di tantissimi alle dittature ha messo la sordina alla verità. Si è creato un blocco. Ricordo che, per anni, solo persone come lo zio di Alex Langer, Erwin, custodiva gelosamente documenti, ricordi, atti dei processi...
Perché processi?
Per i beni. Ecco, vede, altra storia dimenticata. Non si pensa mai alle case, alle cose, agli averi, i libri, i quadri, gli oggetti personali spariti nel nulla. Beh, più che spariti, rubati. Già dopo il '38 decine di ville di ebrei meranesi sono state loro sottratte a prezzi irrisori. E poi con i tedeschi qui, tanti sudtirolesi hanno approfittato del terrore e della fretta della gente in fuga dai lager per portarsi via appartamenti e alberghi.
E oggi?
Non sanno, non ricordano. Ed è il peggio. Alcuni sono in buona fede ma una reale operazione di recupero e restituzione ai legittimi proprietari non è mai stata avviata. E neppure ci si pensa oggi.
Perché tanti delatori qui? Come quelli che a Bolzano denunciarono i Carpi e la piccola Olimpia. O a Merano parteciparono alle retate?
C'è un sottofondo di antisemitismo secolare. Da un lato il sospetto verso gente colta e liberale ma dall'altro anche il retaggio cristiano. Noi oggi non ci rendiamo conto dell'humus culturale da cui è emerso il nazismo e un certo modo di intendere la tirolesità. L'antisemitismo, l'odio verso l'ebreo non si trovava solo nei libri nazisti ma anche in chiesa, in quelli delle preghiere. E anche nel dopoguerra.
Quando è iniziato a cambiare?
Non subito con Durnwalder. Politicamente abbiamo dovuto attendere Kompatscher. Ma prima è arrivato il muro del Lager a Bolzano, la raccolta di firme per la tomba di una piccola ebrea da parte del Dolomiten che dava il senso di un cambiamento in atto. Ma più di tutti ha contribuito Egger.
Il vescovo?
Sì, con lui c'è stata una accelerazione. È subito entrato nelle ferite aperte, ha usato parole chiare, senza equivoci.
Dalla chiesa del “dalli all'ebreo”, alla chiesa del dialogo...
È successo così. E in modo direi rivoluzionario, visto il substrato culturale e religioso tipico del Tirolo.
Cosa le da speranza?
Tante persone che parlano e spiegano. Che si oppongono al razzismo di ritorno. E anche aver parlato con innumerevoli famiglie ebree disperse: loro insegnano a vivere senza dimenticare, facendo della memoria il sale della democrazia e del progresso. Perché mai più accada.
Lei riporta che gli ebrei a Merano erano circa 1200 prima del '38. Centinaia di famiglie. Adesso, oggi, nel 2018, quante sono?
Cinque, sei. No, scusi, forse sette.
Ja, das sind alles äußerst schlimme Verbrechen, die der deutsche Nationalsozialismus, der italienische Faschismus (il presidente Meloni und il ministro Salvini und der, der im italienischen Parlament heute noch die Hand zum Faschistengruß hebt, sehen dies nicht so), der spanische Faschismus, der chinesische Totalitarismus, der russische faschistische Putinismus heute (ministro Salvini sieht das nicht so), auch der Kolonialismus und die Angst vor der Pest angerichtet haben, und es ist notwendig, dieses present zu halten.
Warum aber grenzen Sie dies stets nur auf die deutschsprachigen Südtiroler ein?
Instrumentalisieren Sie hier etwa jüdisches Leid für Ihr eigenes Anliegen (Zitat): “E non ti permetti di venirmi a dire quello che posso o non posso fare a casa”, wenn Sie meinen, die Zweisprachigkeit gehöre etwa aus nationalem Stolz angeschafft?
Mein Bemühen, mit einer Gedenktafel für die von den Faschisten enteignete Besitzerin der ehemaligen Dompropstei am Brixner Domplatz, Lea Pincherle, zu erinnern, wurde von italienischer und deutscher Seite einvernehmlich abgelehnt. Von einer Rückgabe des Hauses hat die arme Frau nicht einmal zu träumen gewagt.
Nicht weiter verwunderlich da nach Kriegsende bis heute weder auf deutschsprachiger noch italienischer Seite ein Willen zur Aufarbeitung erkennbar war/ist. Ursächlich für die mangelhafte Aufarbeitung ist das man mit D den Sündenbock hatte wohinter man sich verstecken konnte dabei ist ja Antisemitismus und falsch interpretierter Nationalismus kein urdeutsches Phänomen sondern betrifft kann Europa.
«Ursächlich für die mangelhafte Aufarbeitung ist das man mit D den Sündenbock hatte wohinter man sich verstecken konnte»
Può chiarire questa parte, signor S.?
Da Sie schon mal da sind, würden Sie gerne - und dafür bin ich Ihnen sehr dankbar - auch meine Frage beantworten:
‘Warum aber grenzen Sie dies stets nur auf die deutschsprachigen Südtiroler ein?
Instrumentalisieren Sie hier etwa jüdisches Leid für Ihr eigenes Anliegen (Zitat): “E non ti permetti di venirmi a dire quello che posso o non posso fare a casa”, wenn Sie meinen, die Zweisprachigkeit gehöre (etwa aus nationalem Stolz) abgeschafft?’
"Può chiarire questa parte, signor S.?"
https://de.wikipedia.org/wiki/Italienisches_Judentum_w%C3%A4hrend_des_Fa...(1922%E2%80%931945)#Aufarbeitung_des_Faschismus_in_der_Nachkriegszeit
Ihr Rückschluss das Nationalsozialismus und Antisemit an der teilweise ablehnenden Haltung der Südtiroler zur italienisch Sprachgruppe schuld ist, ist schlichtweg falsch. Dies ist einzig und allein auf die Tatsache zurückzuführen das der italienische Staat von 1918 bis ca. zum Fall des eisernen Vorhangs versucht hat die Südtirol zu italenisieren. Mit Ihrer Ansicht stehen Sie sich selbst im Weg diese Verfehlung des italenischen Staates aufzuarbeiten.
jetzt der vollständig Link :-)
https://de.wikipedia.org/wiki/Italienisches_Judentum_w%C3%A4hrend_des_Fa...(1922%E2%80%931945)#Aufarbeitung_des_Faschismus_in_der_Nachkriegszeit
ei ei jetzt aber, manchmal wäre eine Vorschau des Kommentares doch hilfreich...
https://de.wikipedia.org/wiki/Italienisches_Judentum_w%C3%A4hrend_des_Fa...(1922%E2%80%931945)#Aufarbeitung_des_Faschismus_in_der_Nachkriegszeit
Punkt 9
https://de.wikipedia.org/wiki/Italienisches_Judentum_w%C3%A4hrend_des_Fa...(1922%E2%80%931945)
C'è qualcosa che non va nel link: rimanda ad un articolo inesistente. Detto questo, la mia domanda era un'altra. Ma prendo - per l'ennesima volta - atto dell'inutilità di averla posta.
Ich erlaube mir höflich, Sie zu zitieren:
“Detto questo, la mia domanda era un'altra. Ma prendo - per l'ennesima volta - atto dell'inutilità di averla posta”:
mir geht es mit Ihnen ebenso, Sie weichen dem eigentlichen Diskurs und den Fragen an Sie aus, “per l'ennesima volta”.
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Daher nachmals die höfliche Bitte an Sie um Diskurs und Antwort:
https://www.salto.bz/de/comment/118353#comment-118353
https://www.salto.bz/de/comment/118326#comment-118326
https://www.salto.bz/de/comment/118327#comment-118327
Ja sehr seltsam mit dem Link
Ihre Frage stellt sich erst wenn Italien bereit ist seine Geschichte aufzuarbeiten. Vorher stellt sich diese Frage nicht!
Und dann auch nur im europäischen Kontext aber auch das wollen Sie nicht realisieren.