Politica | Landtag

“I bin a Südtiroler”

I Verdi resteranno interetnici, parola di Riccardo Dello Sbarba: “Non ho mai ‘fatto’ l’italiano. Il testimone ora passa a Brigitte Foppa e alla generazione bilingue”.
Riccardo Dello Sbarba
Foto: Facebook

“Cose mai viste”. Il verde Riccardo Dello Sbarba è appena rientrato dal Consiglio regionale. È reduce dal voto della commissione legislativa che ha bocciato sonoramente la “legge Noggler” sull’adeguamento automatico delle indennità all’inflazione, per aumentare gli stipendi netti dei consiglieri regionali del Trentino-Alto Adige. Con il voto contrario di tutta l’opposizione, della Lega trentina e altoatesina e l’astensione della SVP, i voti favorevoli sono stati pari a zero. “Cose mai viste”, continua a ripetere Dello Sbarba. Per il consigliere provinciale dei Verdi è in ogni caso un giorno decisamente particolare: dopo quattro legislature in Landtag, ha annunciato la non-ricandidatura alle elezioni provinciali in autunno.

salto.bz: Consigliere Dello Sbarba, è sollevato dalla decisione, comunicata mercoledì sera al Grüne Rat, di non ricandidarsi alle elezioni provinciali?

Riccardo Dello Sbarba: Sono contento di questa decisione. Per me era chiaro sin dall’inizio della legislatura che questa sarebbe stata l’ultima. Sono il più “langjährig”: nessuno tra i Verdi ha fatto ben quattro legislature - e in generale pochi altri lo hanno fatto in Consiglio provinciale. È naturale che a questo punto avvenga un ricambio generazionale. I Verdi andranno avanti coi linguaggi e i modi della nuova generazione, che dovrà essere libera di costruire il proprio destino, senza alcuna presenza ingombrante. Era giusto creare un vuoto e sono sicuro che qualcuno lo riempirà. Perciò mi sento molto leggero. Ho ricevuto solo reazioni positive alla scelta, da persone che mi stimano e apprezzano questo passaggio di testimone.

Sono passati esattamente vent’anni dal suo arrivo nei Verdi. In Consiglio provinciale per il Gruppo verde sedeva allora solo Cristina Kury, dopo la “scissione” della collega Alessandra Zendron. Alle elezioni provinciali del 2003 i Verdi per la prima volta elessero tre consiglieri - senza di lei. Subentrò un anno dopo da primo dei non eletti.

Nel 2003 partecipai a un momento di rifondazione dei Verdi. Fui incaricato di ricostruire, da capolista alle provinciali, una lista verde in grado di avere successo e rinnovarsi. Scelsi il criterio di comporre la lista che fosse la più forte possibile: se vinci, i problemi si risolvono, se perdi non se ne risolve uno. Girai la provincia a raccogliere nuove candidature, usai tutte le mie relazioni da giornalista, sviluppate prima al settimanale “ff” e poi al “Mattino dell’Alto Adige”, per portare quel mondo verde che non frequentava il partito in modo militante. Quella fu la lista di Hans Heiss, Sepp Kusstatscher e di altre/i che hanno fatto il futuro dei Verdi. Poi entrai in Consiglio dopo il successo di Kusstatscher alle europee del 2004.

Era giusto creare un vuoto e sono sicuro che qualcuno lo riempirà.

 

Per i Verdi si chiude definitivamente un ciclo, quello nato nel biennio 2003-2004 con Kury, Heiss, Kusstatscher e infine lei, a fare da trait d’union?

Sì. Il trait d’union siamo stati io e Brigitte Foppa. E ora il mio testimone passerà nelle sue mani. Risponderei così, se qualcuno mi chiedesse chi mi “succederà”, anche se lei non ha certo bisogno di queste formule. Nella attuale legislatura è avvenuto un trasferimento di competenze e un passaggio di ruoli: io sono stato per anni il capogruppo in Consiglio, ora è Brigitte. Colei la quale porterà avanti una tradizione che nacque da quell’onda del 2003.

Era dunque infondato il retroscena secondo cui, dopo il sondaggio favorevole della Südtiroler Wirtschaftszeitung, avrebbe avuto un “ripensamento” e valutato l’idea di andare avanti?

Dentro di me ho sempre pensato di non ricandidarmi. Fuori, è vero, c’è stata molta pressione: “Se abbiamo una buona carta, perché non giocarla?”. Se io davo risposte diplomatiche, o restavo nell’ambiguità, venivo frainteso. Rai Südtirol è arrivata a titolare “Es verdichten sich die Anzeichen einer Wiederkandidatur”. Ora invece è il momento giusto per cambiare: il clima sta sulla bocca di tutti e i Verdi ci lavorano da quarant’anni. I passaggi si fanno quando l’onda è alta. Ed è doveroso che una generazione lasci spazio ai più giovani. I boomers hanno occupato tutte le posizioni e non riescono ad abbandonarle, soprattutto se sono maschi. Anche a Bolzano c’è chi non ci riesce - e non tra i Verdi.

I boomers tengono occupate tutte le posizioni, soprattutto se sono maschi. Anche a Bolzano.

 

Da sempre lei rifugge la definizione di “italiano”, l’appartenenza a un gruppo come un’etichetta. Eppure ora la grande domanda che circola è: quale “italiana” o “italiano” prenderà il posto di Riccardo Dello Sbarba nei Verdi? O ancora: i Verdi troveranno una candidatura italiana capace di farsi eleggere? Ecco, come vive tutto questo?

Io non ho mai ‘fatto’ l’italiano. Sono nato e cresciuto in Toscana da una famiglia che ebbe al suo interno figure protagoniste della storia politica italiana. Il fratello di mio nonno è stato ministro del lavoro in quel governo Facta che firmò lo stato d’assedio durante la Marcia su Roma. Una famiglia perciò abituata a vivere il mondo al 100%. Quando sono arrivato qui mi sono messo in contatto con l’arcipelago verde perché mi faceva vivere il Sudtirolo al 100%. Il mondo interetnico è l’unico che valga la pena vivere in un contesto multiculturale e plurilingue. Anche nel lavoro giornalistico, negli otto anni al settimanale “ff”, realizzavo la “zweite Titelgeschichte” e non la “Ecke für unsere italienischsprachigen Leser”.

Per evitare la riserva indiana, anzi, italiana.

Sì. Scrivevo in italiano innanzitutto per i lettori di lingua tedesca della “ff”, affinché per loro ci fosse qualcosa “di più”, sia linguisticamente che dal punto di vista dell’informazione. Scritto in italiano, quel singolo articolo, aveva un valore maggiore per il lettore: ho raccontato delle Acciaierie di Bolzano, con le immagini degli operai degli anni Trenta e Quaranta pubblicate per la prima volta da un giornale di lingua tedesca, o la storia dei profughi istriano-dalmati, mostrando come anche loro avessero subito un’Opzione. Infine, ho raccontato il mondo tedesco in lingua italiana. Costruendo ponti di dialogo.

Lo stesso ha fatto in Consiglio provinciale?

Non mi sono occupato delle classiche competenze “italiane”, ovvero di scuola, cultura o associazioni “italiane”, ma delle questioni fondamentali su cui si scommetteva il futuro di tutto il territorio, con gli equilibri di potere e le contraddizioni. A partire dallo “scandalo SEL” sulla manipolazione delle gare per l’assegnazione delle grandi centrali idroelettriche. In quegli anni ho fatto assemblee con centinaia di persone in Val d’Ultimo, val Venosta, val di Vizze… Proprietari di masi mi fermavano durante le escursioni in montagna. Perché in quei contratti c’era il destino di quei boschi, di quei prati, di quei diritti di pesca.

Spero di aver dato l’esempio per un modo diverso di essere italiano in Sudtirolo.

 

Spero di aver dato l’esempio per un modo diverso di essere italiano in Sudtirolo. Nei Verdi sei stimolato a occuparti del 100%, senza relegarsi al 25% della spartizione etnica. Il tedesco l’ho imparato a trent’anni, “per strada”, e si sente che mi arrangio, è pieno di dialetto e termini imprecisi. Ma i Verdi vivono (e soffrono) la contraddizione tra rappresentare un modo di essere interetnico e fare i conti con le forche caudine della proporzionale nelle istituzioni. Sono però due problemi distinti, e la tensione tra i due è anche “creativa”: da Hegel in poi, il mondo va avanti con la dialettica, cioè con il conflitto tra opposti. I Verdi, pur con mille difficoltà e dolori, sono il ponte sulla faglia dei continenti. Un ponte a rischio.

Per esserci questo rapporto dialettico, qualcuno deve praticare il lato interetnico: non sembrano in molti a volerlo fare. La divisione etnica si è forse consolidata?

La società si è adattata alla divisione. Ci sono stati anche momenti di grande delusione, come il referendum su piazza della Vittoria / piazza della Pace per il mondo di lingua tedesca. Mentre il mondo italiano ha sempre più la sensazione che quello tedesco non sia né anti- né pro-, ma “a-italiano”: la spinta è a farsi ognuno gli affari propri. La vittoria di Dal Medico a Merano è stato un segnale forte, che ha indicato una strada per gestire quel 25%. Sebbene resti ancora una domanda: Dario Dal Medico governa davvero Merano, oppure è la SVP a decidere tutto? Christian Bianchi governa Laives, ma chi la governa davvero? Basta vedere le deleghe assegnate ai vicesindaci. Gli italiani ricevono posti, non potere.

La società si è adattata alla divisione. Gli italiani? Ricevono posti, non potere.

 

La “tedeschizzazione” dei Verdi sudtirolesi è una realtà?

I Verdi sono lo specchio della società sudtirolese, poiché risentono delle regole del gioco monoetnico, pur cercando di ribaltare il sistema con uno sforzo sovrumano. E, al contempo, giocando la partita del futuro: le generazioni più giovani sono molto più bilingui delle precedenti. Il grido alla “tedeschizzazione” dei Verdi lo apprezzo perché significa che molti (media compresi) ritengono l’interetnicità dei Verdi un bene prezioso da preservare. Cosa sarebbe il Sudtirolo senza l’unico partito interetnico? Sono certo che costruiranno una lista con candidature di lingua tedesca, italiana e ladina.

Ultima domanda: tornerà in Toscana?

I sudtirolesi sono i toscani del mondo tedesco e i toscani sono i sudtirolesi dell’Italia. In Toscana si dice che “siamo diversi da tutti e nessuno ci capisce”, come in Sudtirolo. Il PCI aveva lo stesso insediamento sociale della SVP. Passare dalla Toscana al Sudtirolo non è stato un grande salto. Detto questo, “I bin a Südtiroler”: continuerò a pendolare tra le due regioni, ma il mio cuore politico resta qui.

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Hartmuth Staffler Sab, 03/18/2023 - 15:20

In risposta a di Ceterum Censeo

Da ich dem Riccardo nie Faschismus unterstellt habe, ist es wohl unterste Schublade, mir so etwas zu unterstellen. Faschismus ist für mich, wenn man alle Macht in Südtirol den Italienern übertragen will, so wie es einmal war und wie es manche Leute (ganz sicher nicht der Riccardo) heute noch wollen und wie es teilweise (man denke an die Machtpositionen von Polizei und Carabinieri) heute immer noch ist.

Sab, 03/18/2023 - 15:20 Collegamento permanente
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Giancarlo Riccio Ven, 03/17/2023 - 21:12

Riccardo caro, lanciarti Cose di buon augurio mi sembra al tempo stesso troppo poco e anche un po' banale. Ti scriverò allora in privato, come credo stiamo facendo in molte e in molti. Negli anni da collega giornalista professionista hai fatto e raccontato nel modo migliore e più sghembo una terra difficile. Ora tornerai a scrivere, diciamo nei prossimi 30-40 anni? Anche di più. Abbraccio.

Ven, 03/17/2023 - 21:12 Collegamento permanente
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Simonetta Lucchi Sab, 04/15/2023 - 13:20

Peccato che i profughi istriano- dalmati, che, come sappiamo bene, hanno optato per venire in Sudtirolo, non abbiano mai potuto pendolare. Magari, avrebbero potuto scrivere qualcosa, sulle realtà di confine.

Sab, 04/15/2023 - 13:20 Collegamento permanente