Politica | Autonomia

Autonomia: far tornare protagonista la montagna

Come regioni a statuto speciale abbiamo un grande compito e una grande sfida davanti a noi.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

L’Autonomia e l’autogoverno rappresentano un patrimonio culturale e un insieme di buone pratiche che una popolazione nel corso dei secoli ha saputo darsi per meglio governare e gestire le risorse del territorio in cui vive.
Comunemente si tende ad accostare e sovrapporre il concetto di autonomia con quello di “riforma istituzionale” ma sarebbe davvero riduttivo. E’ evidente infatti che l’Autonomia è riconosciuta all’interno di un quadro legislativo di riferimento ma non si può pensare che sia “solo” questo.
Autonomia infatti è un concetto che racchiude in sé significati molto profondi e legati indissolubilmente ad una popolazione e a un territorio ben preciso ed è sinonimo di responsabilità, sussidiarietà, tradizione, identità e cultura.
Autonomia è differenziazione. E’ l’interpretazione dei bisogni reali di un territorio e che permette a chi ci vive di gestire al meglio le proprie risorse per il bene della propria gente e del proprio territorio. Questo forse è l’unico vero “privilegio” dato dall’Autonomia: poter definire regole e leggi in modo migliore di quanto farebbe lo Stato per il semplice fatto che si conosce meglio il campo di applicazione e le sue peculiarità.
Purtroppo nel comune pensare, il termine autonomia, tende ad essere accostato a quello di privilegio, spreco e paravento per atteggiamenti clientelari e si vuol far passare il concetto che l’accentramento sia la via da seguire. Ma non è così!
Dobbiamo stare attenti perché gli accentratori sono pronti a sacrificare democrazia in cambio di presunta efficienza. Noi non siamo d’accordo e pensiamo che le due cose possano viaggiare di pari passo. Siamo infatti convinti che sia proprio dall’autogoverno (aumentando quindi il grado democratico) che si debba partire perconsentire ai territori di montagna di tornare protagonisti del proprio futuro.
La montagna infatti ha bisogno di modelli di sviluppo particolari, legati indissolubilmente al luogo in cui vengono innestati e per fare questo c’è bisogno di poter sviluppare politiche ritagliate su misura per il territorio. In poche parole c’è bisogno di autonomia!
Il vero svantaggio che la montagna sta vivendo, nell’attuale contesto nazionale, è l’imposizione di politiche, modelli e regole pensate per la pianura e per i grandi centri metropolitani. Per uscire da questa mortificazione c’è la necessità, al contrario, di proporre modelli “tipici” e aderenti alla realtà del territorio.
L’esempio del Trentino-Alto Adige/Südtirol dimostra come sia possibile amministrare competenze che altrove vengono gestite dallo Stato (si pensi a scuole, sanità, strade, università ecc. ecc.) con risultati molto spesso migliori rispetto a quanto riesca ad ottenere Roma e contestualmente si riesca a contribuire con 1.39Miliardi di euro al risanamento delle casse dello Stato.
Il modello trentino quindi dimostra come l’equazione decentramento uguale a spreco sia falsa e che al contrario sia lo strumento adatto per il rilancio di un territorio.
Il Trentino-Alto Adige/Südtirol del dopoguerra partiva da una condizione pari a quella della Calabria ma grazie all’autonomia questo territorio si è risollevato ed ha saputo raggiungere obiettivi e livelli molto alti che lo pongono nei primissimi livelli europei per qualità della vita ecc.
Ma allora perché non esportare il modello in tutto l’arco alpino?
E’ evidente che il modello trentino non può essere esportato con una semplice operazioni di copia/incolla su altri territori. Lo status raggiunto infatti è frutto di quasi settant’anni di trattative con Roma, una riforma dello statuto ed è un abito cucito a misura sulla nostra realtà. Ogni realtà alpina ha tanto da condividere con le altre ma contestualmente ha caratteristiche peculiari che la contraddistinguono rendendola unica e differente. Non possiamo quindi omologare tutto sotto un unico modello.
Quello che però può tornare utile a tutti i territori alpini è la nostra esperienza che può consentire ad altri di comprendere il modello per poi costruirsene uno a proprio piacimento.
Dobbiamo riuscire a spiegare questo modello oltre confine e aiutare chi ha le nostre stesse aspirazioni di diventare autonomi a comprendere ciò che è veramente l’Autonomia.
Dobbiamo testimoniare quanto un territorio può fare godendo di maggiore libertà in cambio di una maggiore responsabilità, spiegare che aumentare la vicinanza tra chi governa e chi è governato crea un maggiore beneficio al sistema, ribadire che la costruzione di leggi su misura per un territorio è cosa ben diversa che mutuarle da altri. La nostra autonomia infatti, sarà tanto più forte quanto più sarà diffusa.
Fin dalla nascita dell’OSAR, uno degli obiettivi principali, è stato quello di costruire una rete tra i movimenti autonomistici delle Alpi e l'incontro di sabato 28 marzo a Sondrio, organizzato dalla Associazione “Autonomia Valtellina e Valchiavenna” (a cui si riferisce la foto) è servito anche a questo: ad iniziare una vera collaborazione tra il nostro territorio e la Valtellina.
L’auspicio è quello che l’incontro di Sondrio sia l’inizio di un percorso con momenti in cui raccontare il nostro modello di autonomia e cercare di costruire nuove relazioni con altri movimenti locali sensibili al tema dell’autogoverno. E’ un percorso auspicabile quanto necessario, perché se vogliamo dare forza alla voce e alle istanze dei popoli delle Alpi, dobbiamo farlo tutti assieme.
Come regioni a statuto speciale abbiamo un grande compito e una grande sfida davanti a noi. Abbiamo il dovere di concretizzare questa rete e costruire un’alleanza, sul modello della “Federazione delle Genti Alpine” che possa far conoscere, comprendere a infine cercare di “esportare” il nostro modello di autogoverno (e quello degli amici valdostani), con le dovute personalizzazione, agli altri territori alpini. Solo così potremo avere la certezza di costruire un futuro credibile, coerente e solidale con tutti i territori alpini.

Nicola Fioretti
Presidente OSAR

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Benno Kusstatscher Mer, 04/01/2015 - 16:43

"Dobbiamo riuscire a spiegare questo modello oltre confine e aiutare chi ha le nostre stesse aspirazioni..."

Nicola, quella è la responsibilità di chi? Mi pare che molti condividono, ma nessuno si muove (tranne l'OSAR). Ne hai un'idea come iniziare certe dinamiche?

Mer, 04/01/2015 - 16:43 Collegamento permanente
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Nicola Fioretti Mer, 04/01/2015 - 16:54

In risposta a di Benno Kusstatscher

Caro Benno, il fatto che nessuno si muova non è -a parer mio- motivo per arrendersi. Dobbiamo continuare e perseverare in questo progetto se ci crediamo veramente! Personalmente ci credo molto e credo valga la pena spendersi per esso!
E' ovvio che se si muovessero le istituzioni, i partiti ecc. le cose sarebbero più semplici perché la visibilità sarebbe maggiore, però è dovere di ognuno quello di essere "ambasciatore" del modello autonomista. La responsabilità di questa operazione di "esportazione" del modello è di tutti. Lo devono fare i partiti, i movimenti portatori delle idee autonomiste e ognuno di noi come singolo cittadino.
Come ai tempi dell'ASAR è dalla gente che si deve partire per invertire la spirale dell'accentramento e la prima cosa da fare è creare una rete di amicizie che si sviluppi poi in qualcosa di strutturato capace (come fece la "Federazione delle Genti Alpine") di elaborare proposte tutti assieme!

Mer, 04/01/2015 - 16:54 Collegamento permanente