Politica | Il commento

Un partito senza numero legale?

Da più di tre mesi l’assemblea provinciale del PD è bloccata a causa delle ripetute assenze soprattutto dei delegati della maggioranza facente capo a Tommasini e Costa.

Ormai è davvero uno stillicidio: continuare a mettere in evidenza le magagne del PD altoatesino è come sparare sulla croce rossa, ma come si fa a non stigmatizzare il fatto che il principale organismo politico del Partito Democratico di fatto è fermo da tre mesi a causa del boicottaggio sistematico di una fetta consistente dell’assemblea provinciale?

L’ultima tappa di questo percorso umiliante il partito l’ha vissuto ieri, quando il presidente dell’assemblea Mauro Randi e la segretaria Liliana Di Fede hanno dovuto di fatto alzare bandiera bianca, ricorrendo ad uno strumento nascosto nelle pieghe del regolamento nazionale del PD. I delegati, in sostanza, verranno chiamati a votare online su alcuni passaggi chiave per quanto riguarda l’attuale momento politico. Su tutti i risultati dei tavoli sul programma con il quale il partito paradossalmente è riuscito invece a coinvolgere almeno un po’ di cittadini e militanti nei quartieri. Ma altre questioni incombono, come quelle cruciali di una (possibile) posizione ufficiale del partito sul referendum Benko e sullo sviluppo dell’aeroporto. Il fatto che vi sia la consapevolezza che per entrambe le tematiche i pro siano ampiamente maggioritari nel partito rende ancora più grave il fatto che il partito stesso non sia in grado di guardarsi allo specchio e decidere. 

Nell’assemblea del PD l’assenza che si nota di più è quella della cosiddetta maggioranza del partito e cioè quella che fa capo a Christian Tommasini ed a Carlo Costa. L’attuale impasse dell’assemblea sembra indicare una sorta di Aventino sul quale sia il vicepresidente della Provincia che il vicepresidente della Cassa di Risparmio sembrerebbero essersi arroccati. Dopo il tentativo fallito di far saltare le primarie del centrosinistra attraverso la candidatura a sindaco di Andrea Zeppa e l’evidente accresciuta distanza rispetto alla segretaria Di Fede. 

Il voto di coalizione di domenica 6 marzo si preannuncia quindi come un boccone avvelenato trasversale per il PD. Sotto l’apparente fair play tra i candidati cova infatti la sensazione che sia imminente l’ennesimo ‘scontro finale’ tra le diverse lobby dei democratici altoatesini. Indicativo in questo senso è il fatto che nessuna delle varie correnti del partito abbia preso una posizione ufficiale a favore di uno o dell’altro candidato. 

Le voci di corridoio al momento parlano di un sostegno ‘informale’ del gruppo di Bizzo e Randi nei confronti del candidato esterno Caramaschi che dunque  dovrebbe poter contare domenica prossima oltre che su una parte del voto cattolico del PD anche sul sostegno di quel settore minoritario degli ecosociali (Margheri) che nonostante le ferite del 2015 ha deciso di scommettere ancora su un’alleanza con i democratici.

Per quanto riguarda gli altri candidati alle primarie mentre Zanella può contare sul quella parte di ‘voto femminile’ che si riconosce in Nadia Mazzardis  e Alessandro Huber su giovani e ‘visionari’ di varia estrazione, interessante è osservare in questi giorni la battaglia di Sandro Repetto. Impegnato nella difficile ma possibile operazione di confermare tutti i consensi ottenuti alle comunali dello scorso anno, a cui aggiungere alcuni blocchi ‘associativi’ e - non ultimi anche i consensi di quella parte di partito che fino a ieri si riconosceva nella maggioranza di Di Fede, Tommasini e Costa e che oggi si ritrova abbandonata a sé stessa. 
Si perché - proprio qui sta il punto e l’incognita principale - i principali assenti nell’attuale momento politico sono proprio i due leader della (ancora tale?) ‘maggioranza’.

In merito alle 4 candidature alle primarie Tommasini e Costa non hanno preso posizione. Evitando di sostenere pubblicamente sia l’esterno Caramaschi che l’interno Repetto. 
Quale il motivo di ciò? La paura di appoggiare un candidato che verrà sconfitto evidenziando la fine della propria presunta posizione di maggioranza nel partito? Valutando che per loro è più fruttuoso un accordo segreto con uno dei candidati, anche di quelli ‘minori’? Invitando i loro militanti a non partecipare alle primarie per subito dopo delegittimarne il risultato e rivendicando un “ve l’avevamo detto che non era il caso di farle”?
Una cosa è certa. Se il buongiorno si vede dal mattino (65 ‘iscritti’ tra stranieri e minorenni) le primarie di domenica 6 marzo corrono il rischio di manifestarsi un vero e proprio flop nel quale però è davvero difficile pensare che qualcuno vi possa trarre vantaggi. Evidenziando in maniera definitiva che se c’è una cosa che i cittadini non amano, in qualsiasi schieramento politico, sono le  battaglie ‘tutti contro tutti’.  
Quello citato appare oggi più che mai proprio lo sport praticato ormai da troppo tempo nel @pdaltoadige. A meno di colpi di scena delle ultime ore che però a tutt’oggi appaiono alquanto improbabili. Visto che persino i risultati delle scelte di programma dell’assemblea ‘online’ convocata da Randi si conosceranno solo all’inizio della prossima settimana. A primarie ormai concluse.