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"La tecnologia dell’idrogeno è pronta"

L’impianto di produzione e ricerca dei veicoli a idrogeno “H2 – South Tyrol” di Bolzano è uno dei centri più grandi e all’avanguardia a livello mondiale.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: green.it

L’impianto di produzione e ricerca dei veicoli a idrogeno “H2 – South Tyrol” di Bolzano è uno dei centri più grandi e all’avanguardia a livello mondiale. La tecnologia dell'idrogeno è da sempre controversa e se guadagna consensi da parte di molti, dall'altra incontra restrizioni legislative e la diffidenza da parte della popolazione.

Quindi intervistiamo Walter Huber, membro del consiglio di amministrazione dell’Istituto per Innovazioni Tecnologiche di Bolzano, coordina e gestisce il progetto H2, per capire meglio cosa significa avviare un progetto come quello di H2 e quanto sia importante l'appoggio della società per la sua realizzazione.

salto.bz: Dottor Huber, i veicoli a idrogeno potrebbero realmente un vantaggio economico per il nostro territorio, sia locale che nazionale o l'uso dell’idrogeno è qualcosa di circoscritto?

Walther Huber: Certo potrebbe significare un fattore economico rilevante, vorrebbe dire l’indipendenza dai paesi petroliferi. C’è una guerra in atto per chi offre il prezzo più basso. Stati come Arabia Saudita, Russia e Iran rappresentano solo il 30% della produzione, il resto viene prodotto da paesi senza una vera rete di organizzazione e i prezzi continuano a oscillare in maniera spaventosa, non c’è equilibrio. Anche il danno ambientale non è più sostenibile.

La legislazione in Italia aiuta lo sviluppo di questa tecnologia?

Abbiamo formato un gruppo di lavoro con il Ministero dell’Economia, quello dei Trasporti e dell’Ambiente per elaborare un piano strategico, che dovrà essere presentato entro quest'autunno dai paesi dell’UE. All’inizio c’è stato poco interesse da parte dei ministeri ma adesso posso dire che sia una buona collaborazione e siamo anche a buon punto. La legislazione al momento è molto restrittiva in Italia, le nostre case automobilistiche non investono in questo settore, a differenza di quelle giapponesi o tedesche.

Quali sono i temi all’ordine del giorno?

Decidere le regole e i criteri per lo sviluppo e la diffusione di questa tecnologia. Siamo un punto di riferimento per il nostro paese ma soprattutto per tutta l’Europa: siamo gli unici ad avere un centro così attrezzato e specializzato, che oltre a produrre investe nella ricerca e nel capire come questa tecnica possa influire sull’ambiente e l’economia del territorio.

Si andrebbero a creare anche nuovi posti di lavoro.

Certo, l’Unione Europea preme molto su questo punto, ci vogliono sforzi da parte delle amministrazioni e dai cittadini la fiducia nella tecnologia. Al momento il Sudtirolo è molto avanti sotto questo punto di vista.

La Provincia di Bolzano, infatti, sembra più attenta ai nuovi sviluppi, o non è così?

I coofinanziamenti provinciali di sicuro aiutano molto ma ci avvaliamo soprattutto di quelli europei, l’UE fino al 2020 ha stanziato 1,4 miliardi per l’idrogeno.

 

 

Molti sembrerebbero spaventati da questa tecnologia, qual è il vantaggio dei veicoli a idrogeno?

Zero emissioni, rilasciano solo un po’ di vapore che si può condensare e scaricare di tanto in tanto. Per il fattore sicurezza non c’è molta differenza con le auto a benzina.

Certo, però in questo momento le auto a idrogeno sono molto costose.

È lo stesso iter che hanno affrontato i cellulari, se Motorola nel 1984 non avesse venduto 300.000 pezzi del suo primo telefono, nonostante costasse 5000 euro al cambio odierno, oggi nessuno avrebbe Siri a rispondere ai messaggi.

E in questo iter quanto  è importante coinvolgere il territorio?

Coinvolgere le realtà locali sul territorio sudtirolese è un tema importante e necessario, collaborare con le ditte locali aiuta lo sviluppo e la produzione. Al momento lavoriamo insieme a una decina di aziende e creato nuovi posti di lavoro, con operai altamente specializzati. Inoltre riforniamo gli autobus in città e affittiamo automobili.  

Quindi quali saranno le prossime mosse sul territorio sudtirolese?

Integrare la tecnologia sul territorio della provincia di Bolzano e la creazione del “Corridoio Verde”, un lungo tratto di strada che parte da Bolzano e finisce a Monaco dove si può fare il pieno in alcune stazione di rifornimento, c’è n’è una anche a Innsbruck. Presto ci occuperemo di Rovereto sud ma anche di Verona e Carpi. Successivamente ci occuperemo della realtà più cittadina. Fondamentale è il dislocamento capillare, così da abbattere i costi e diminuire i prezzi: diverrebbe una fonte di energia vantaggiosa per tutti. Importante sarà far capire che l’energia non deve andare sprecata ma stoccata, come riserva. Prima dobbiamo pensare a efficientare l’energia che già possediamo e poi a ricercare nuove fonti. La tecnologia dell’idrogeno è pronta.

 
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Michele De Luca Mar, 09/05/2017 - 23:59

Giusto un appunto. Del "green corridor" sull'A22 se ne parlava già almeno nel 2009 (otto anni fa): http://ec.europa.eu/transport/themes/sustainable/events/doc/2009_12_09_… Non so quante altre volte ne ho sentito parlare fra Provincia e A22. Risultato: ad oggi, NULLA. Forse c'è un aspetto che va considerato oggi, ossia che il tanto auspicato aumento dell'offerta di mezzi FCEV non c'è stato e che queste auto sono state superate dalle auto elettriche a batterie (BEV), pure nel trasporto pubblico. L'idrogeno sconta molto, come per il metano, la carenza della rete di rifornimento che non è mai partita in Italia mentre all'estero ha fatto qualche passo, ma ben inferiore rispetto ai proclami, non fosse altro che per l'esiguo numero di mezzi disponibili. In poche parole il "boom" di offerta tanto annunciato localmente è rimasto stabilmente sulla carta. Come andrà a finire? Non lo so. So solo che di H2 se ne parla da fin troppo tempo e ha scontato e sconta costi dei carburanti tradizionali molto bassi che, ad inizio progetto, invece parevano inarrestabili verso l'alto. La Provincia ha puntato solo "su di un cavallo" e ora si ritrova con una rete di distributori di metano (una delle alternative ai carburanti tradizionali, checché ne dicano alcuni) bloccatasi all'incirca nel 2010 mentre l'elettrico richiede un'infrastruttura ancor più molto capillare e di cui si è solo agli inizi mentre la gente comune di fatto non compra né auto EV (al di là di certe interviste forzatamente entusiastiche che ho sentito, ma si parla di numeri irrisori), né FCEV. Si sarebbe potuto fare qualcosa dal lato "power-to-gas" (trasformare l'energia elettrica in idrogeno da cui ottenere metano) ma mi sembra che, nel nome di un "purismo idrogenistico", non ci si abbia nemmeno pensato come si sono abbandonati tutti i progetti di utilizzo della miscela di idrogeno e metano (idrometano), anche se questo è stato superato sul lato risparmio emissioni di CO2 dal biometano, che parimenti qui in provincia di Bolzano ci si ostina a non considerare. A Trento, ad esempio, la pensano in modo un po' diverso.

Mar, 09/05/2017 - 23:59 Collegamento permanente