Politica | Elezioni

Europa al capolinea

Tra il 23 e il 26 maggio ci saranno le elezioni europee, con pronostici tutt'altro che rassicuranti.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Fabio Petrini

Dalle indagini sulle intenzioni di voto emerge che in Europa tira un brutto vento di destra, una destra populista e sovranista, che rischia di travolgere le istituzioni europee con effetti negativi sul processo d’integrazione.
Particolarmente in crisi sono i partiti socialdemocratici, che sono da tempo in caduta libera, ma anche i popolari rischiano di portare a casa il peggior risultato da quattro decenni. Sorridono invece le frazioni di destra che a ragion veduta possono aspettarsi un considerevole aumento di voti.
Soprattutto in Italia e in Francia si prospetta un radicale cambiamento nella composizione delle delegazioni a livello europeo, con perdite nettissime per i socialisti e il Pd. I socialisti francesi rischiano addirittura l'esclusione dal parlamento europeo e il tanto decantato effetto Macron, sotto i colpi dei “Gilet gialli”, si sta affievolendo a favore della destra populista francese. In Italia, se rimane il consenso per Lega e 5Stelle fino al 23 maggio, assisteremo a una frana elettorale verso destra e sarà il Pd a farne le spese.

Ovviamente si tratta di proiezioni, ma, con il clima che si respira, la situazione potrebbe addirittura peggiorare. Ovviamente anche le possibili future alleanze e i candidati inseriti nelle liste incideranno sull’esito delle elezioni. Certo è che quello che si affaccia è il cosiddetto populismo autoritario. È una forma di populismo che non si ferma neppure alla destra classica, ma che ha invaso da tempo alcuni partiti considerati sinora popolari, come il partito di Orbàn o il partito al governo in Polonia. Trovare una spiegazione logica a questo attacco alla democrazia che abbiamo conosciuto finora non è semplice e questo rende più complicato un possibile contrasto. Senza ombra di dubbio ne sono in gran parte responsabili le scelte economiche attuate nei decenni. Con la crisi del 2008 il liberismo si è dimostrato fallimentare, ma ha lasciato in eredità molte diseguaglianze, addirittura aumentate nelle fasi successive. Che le forze politiche populiste su questi temi riescano poi a catalizzare l'attenzione degli elettori è quasi inevitabile.

E’ ormai evidente l’insoddisfazione per la politica e una forte disillusione sulle capacità delle forze tradizionali di riuscire a risolvere i problemi. E non sono problemi nati oggi. Il fatto che il liberismo si potesse governare dentro la logica del mercato si è dimostrata un’illusione e lo scotto lo stanno pagando pesantemente anche i partiti progressisti. Forze politiche nate recentemente stanno avanzando, facendo intendere di voler prendere sul serio le preoccupazioni delle persone normali. In verità alimentano risentimenti, razzismo e procedono sulla strada della distruzione di quelle forme di solidarietà che hanno garantito una società coesa e più equa. Alla fine ne faranno le spese i più deboli, che saranno ancora più arrabbiati. In una sorta di guerra tra poveri. Il rifiuto delle cosiddette élite è già in atto da tempo in tutta Europa: l'indebolimento della rappresentanza democratica e dei parlamenti, la modifica dello stato di diritto, gli attacchi alla libertà di stampa e di opinione sono tipici di uno stato autoritario. Si soffia di continuo sulle paure della gente e questo poi rischia di provocare reazioni irrazionali sia dei singoli, che della collettività. La questione paradossale è invece un'altra: si sfruttano i danni provocati dal liberismo per procedere con le stesse ricette: da una parte deregolazione, privatizzazione dei servizi pubblici, favori fiscali alle multinazionali e il mancato controllo dei mercati finanziari e dall’altra tagli allo stato sociale, alle pensioni e alla salute. Il rancore nei confronti di chi ha governato in passato sembra tale che si accetta tutto, anche le palesi contraddizioni di questa forma di populismo. Ovviamente il giudizio degli elettori va rispettato e per modificare l'opinione pubblica servono riflessioni serie e scelte coraggiose.

Non possiamo rassegnarci all’inevitabile e dobbiamo incominciare a cogliere ogni segnale di un cambiamento d'opinione nella popolazione. Serve molta umiltà e un progetto chiaro su come si vuole costruire il futuro. La parola d'ordine non è solo quella di resistere, ma tentare di mettere in campo politiche realmente a favore dei cittadini. Far passare la tempesta per tornare alle politiche del passato è inutile. Un ultimo appello: l'Ue ha significato pace e benessere negli ultimi decenni. Un benessere mai conosciuto dalle generazioni passate. Poi ci sono problemi come la politica dell'austerity che va cambiata con un’economia che sia a favore dei cittadini e non delle multinazionali. Ma nonostante questi problemi bisogna riflettere se vogliamo veramente cancellare settant’anni di storia comune.

 

 

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Marco Dalbosco Sab, 12/29/2018 - 19:57

Purtroppo l'articolo identifica chiaramente la causa del mal d'Europa (la politica neoliberista AKA austerity), ma non ne trae le dovute conseguenze. Alla fine addirittura dice: sì, dovremmo fare diversamente, ma non potendo, cerchiamo almeno di ricordare alla gente il bene che l'Europa ha portato.

Sab, 12/29/2018 - 19:57 Collegamento permanente
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Karl Trojer Dom, 12/30/2018 - 12:37

Alla fine sono le idee, le convinzioni più profonde, che condizionano lo sviluppo, lo stallo o la distruzione delle nostre comunità. Vale la pena battersi per il ben-comune ! Ossia per : la pace, la libertà responsabile, il diritto di ogni essere umano di poter vivere degnamente, la salvaguardia della nostra terra . Il neo-liberalismo non si è dimostrato capace a generare questi beni. Il libero mercato non estsite e non è rivolto all´essere umano. La strage che la speculazione finanziaria illimitata sta producendo, sia contro l´economia reale, che contro le economie sociali dei paesi più poveri va dominata ! Salvare il nostro pianeta, è dovere essenziale della nostra generazione, altrimenti lasceremo ai nostri nipoti un futuro in degrado. Per risolvere i problemi delle migrazioni da guerre e povertà occorre intervenire con soluzioni pacificatrici inanzitutto in Siria, Jemen, Palestina e offrire agli Stati africani, senza indugio, il massimo appoggio finanziario, di formazione, di infrastrutture e nuovi posti di lavoro. La gente in fuga va trattata con rispetto e solidarietà, essa non va richiusa in grandi centri ma distribuita sui territori comunali dove il contatto uomo-uomo crea empatia e futuro, ed agevola il loro ritorno in patria. Tutto ció presuppone un´EUROPA forte e solidale. Il nuovo turbo-populista di Trump, il suo ex. consulente che acquista un centro di formazione per populisti a Roma, va tenuto d´occhio e idonei metodi di comunicazione con la gente servono a formare un nuovo credo in un´EUROPA comune, sociale ed efficiente.

Dom, 12/30/2018 - 12:37 Collegamento permanente