Ambiente | Bio illogico

Al Bio Life del 2018 i soliti problemi

"Bio-illogico" altoatesino: i punti deboli del bio alla fiera di Bolzano
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: giorgio santoriello

https://www.youtube.com/watch?v=QkhPxEiRDuE&t=208s

Dopo l’edizione del 2016 con i suoi negazionismi e le sue contraddizioni, siamo tornati all’edizione del 2018 del Biolife presso l’ente fiera di Bolzano. Nel video allegato una brevissima sintesi delle anomalie che abbiamo udito: finta origine, finta tracciabilità e finto biologico. L’ente di certificatore intervistato, l’unico visibilmente presente in fiera, al di là delle brochures non riusciva chiaramente a rispondere alle domande ma il panorama è chiaro: regnano i controlli annunciati rispetto a quelli a sorpresa e le analisi sui terreni agricoli sono limitate ai nutrienti/minerali degli stessi, non si ricercano nè i fitofarmaci nè gli altri xenobiotici.

I cereali marchiati “Sud-Tirol” sono in buona parte, anche se non è chiaro quanto, di origine extra -provinciale ( infatti non esiste la superficie agricola in Alto Adige sufficiente sia per il foraggio degli animali che per il fabbisogno umano di grano, segale, farro, avena etc ). Durante la fiera un’artigiana gelataia spiega nel video perchè ha abbandonato il biologico anni addietro, mentre un imprenditore zootecnico altoatesino confessa che i controlli per ricercare gli xenobiotici nella carne biologica costano troppo e si limitano ai soli antibiotici attenendosi al solo rispetto dei tempi di carenza.

Un agricoltore siciliano invece diventa un libro aperto: accusa nel video e senza mezzi termini, l’inflazione ed il mercato pubblicitario che starebbe dietro i cosiddetti grani antichi siciliani, affermando candidamente che in Sicilia non è possibile in base alla superficie agricola disponibile garantire sul mercato tutta questa quantità di grani antichi siciliani riportati in diverse etichette ma che oltre a questo, alcuni inquinanti come gli idrocarburi, non vengono neanche ricercati nè nel concime/suolo per il biologico nè nel prodotto finito, idem per le diossine. Alla faccia del Decreto Genovache ha permesso lo spandimento nei campi di fanghi industriali anche con elevati tenori di inquinanti tossici e cancerogeni.

Da notare che anche quest’anno la sfida trasparenza è stata persa dalla maggior parte degli espositori, infatti come nel 2016, solo una piccolissima parte delle aziende ha condiviso gli esiti, in originale, delle analisi chimiche svolte in autocontrollo sui propri alimenti. Perchè le aziende non divulgano le loro analisi? Perchè le istituzioni non impongono la pubblicazione dei dati chimici in possesso ai produttori alimentari? Abbiamo il diritto ed il bisogno di comprare ogni giorni alimenti di varia natura ed origine ma non abbiamo ancora il diritto ad essere realmente informati. Serve dare ai consumatori più strumenti di controllo e verifica, aumentare i controlli a sorpresa, incrociare i risultati, prevenire i conflitti di interesse e le incompatibilità derivanti dai soliti controllati che pagano sempre gli stessi controllori, in un rapporto a due ove il pubblico cosa fa?

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roberto paiarola Mar, 03/26/2019 - 20:48

Ciò che viene affermato in questo articolo ha un fondamento di realtà; però è anche vero che nel biologico ci sono molti operatori “convinti”. Gente che ha cominciato ad operare nel bio da parecchi anni con entusiasmo ed intelligenza. Gente che si preoccupa della propria salute e del benessere degli altri e dell’ambiente. Gente che paga anche con danneggiamenti alle proprie coltivazioni, il fatto di battersi per diffondere l’idea di una agricoltura più naturale; vedi il caso di Aegidius Wellnzohn in val Venosta.
Ci sono operatori commerciali che fanno fare analisi in proprio per essere sicuri di dare prodotti veramente privi di “chimica” ai propri clienti.
E che dire della forte spinta all’idea bio data dal referendum del comune di Malles. Vorrei sottolineare che nel settore ci sono anche aspetti positivi e che fanno ben sperare.

Mar, 03/26/2019 - 20:48 Collegamento permanente
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giorgio santoriello Mer, 03/27/2019 - 10:06

In risposta a di roberto paiarola

Assolutamente ma spesso è una qualità relegata ai piccoli-piccolissimi produttori. Al bio life ci sono soprattutto i grandi marchi del bio, o grandi aziende che il bio lo hanno abbracciato da poco. Il consumatore paga tanto per la qualità ma, come nel caso della carne o del latte e derivati, si sente dire che non ci sono soldi per fare tutte le analisi. Perchè un prodotto che costa 40 euro al chilo non lo si può vendere a 45 e coprire così i costi di tutte le analisi? Perchè non divulgare i dati in autocontrollo? Il controllato può essere socio del controllore ?

Mer, 03/27/2019 - 10:06 Collegamento permanente