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Politica | Avvenne domani

Innominati in consiglio

Si rinnova il grottesco rito della “par condicio”.

È in corso, in questi giorni, la sessione di marzo del consiglio provinciale altoatesino. Chi come me è abituato a seguire l’esito dei lavori leggendo i comunicati stampa stilati, più volte al giorno, dei colleghi dell’ufficio stampa consiliare, non ha potuto fare a meno di notare su quelli relativi a queste giornate una bizzarra precisazione iniziale. “Nel rispetto delle disposizioni sulla par condicio, - vi è scritto - questo comunicato viene redatto in forma impersonale ed essenziale”. Ed infatti la cronaca dei lavori non contiene più nessun accenno ai nomi dei consiglieri intervenuti. Per cui la mozione numero x risulta presentata dal Team K ma non si fa cenno all’intervento di Paul Köllensperger, l’intervento nel dibattito su di essa è riferito solo al Pd ma non menziona l’unico consigliere di questa forza politica, l’ordine del giorno Y è attribuito correttamente a Südtiroler Freiheit ma chi legge non sa se a proporlo sia stato il vulcanico Sven Knoll. Una situazione che sarebbe comica se non fosse desolante. I più incolpevoli, di tutto questo, sono ovviamente i bravi colleghi dell’ufficio stampa consiliare, i quali sono costretti, come ogni volta che si avvicina un appuntamento elettorale di rilievo, nel nostro caso le comunali del 3 maggio, a piegarsi al dettato di una delle leggi più assurde che mai abbiano fatto la comparsa sulla Gazzetta Ufficiale.

Parliamo della legge 22 febbraio 2000 numero 28, da tutti conosciuta come legge sulla par condicio e che compie dunque vent’anni di età. Fu emanata dopo un travagliatissimo iter parlamentare e politico nel disperato, e vano, tentativo di dare una risposta al colossale problema di democrazia che si era venuto ad accentuare con la cosiddetta seconda repubblica, quando uno tra i principali protagonisti della scena politica, Silvio Berlusconi, poté scalare le vette delle istituzioni repubblicane appoggiandosi spregiudicatamente sul possesso di tre reti televisive nazionali e di una fetta non irrilevante di giornalismo scritto.

Non che la questione del rapporto tra politica e informazione fosse nata improvvisamente con la discesa in campo del padrone di Mediaset. Il guasto era stato prodotto vent’anni prima, con la legge di riforma della Rai del 1975 che aveva di fatto attribuito alle principali forze politiche italiane, ed anche a quelle minori in un primo tempo, il diritto di disporre come un feudo proprio, delle principali testate e reti televisive della concessionaria del servizio pubblico. È anche per questo che, messo di fronte al caso eclatante costituito dal conflitto di interessi rappresentato da Berlusconi, il mondo politico italiano esitò a lungo prima di prendere una posizione chiara e definitiva, approvando magari una legge molto restrittiva sul conflitto stesso sul modello di quelle che regolano la questione nelle democrazie più evolute. C’era il rischio di vedersi rinfacciare, non a torto, tutti gli anni di lottizzazione praticata alla luce del sole nel servizio pubblico.

La montagna finì dunque per partorire un topolino, la famosa legge sulla par condicio che non affronta e non risolve in nessun modo il problema del conflitto di interessi, ma che si limita a mettere all’informazione un bavaglio che contrasta con tutte le regole basilari della professione giornalistica, con il diritto di cronaca, con il diritto dei lettori e degli spettatori ad essere informati in maniera completa.

È il caso di cui ci siamo occupati all’inizio. Nulla importa al legislatore che il pubblico abbia il diritto di sapere, anche e soprattutto attraverso una fonte ufficiale come quella dell’ufficio stampa consiliare, che cosa i vari esponenti politici abbiano detto che abbiano fatto durante le sedute dell’assemblea. Si scriva pure che è stata approvata la tale mozione ma senza nominare chi l’ha proposta. Gli aspetti grotteschi non si esauriscono qui. Chiunque abbia lavorato in una redazione del servizio pubblico durante una campagna elettorale conosce bene l’angoscia derivante dalla necessità di assoggettarsi a delle norme della par condicio che impongono di dare ad ognuna delle forze in campo uno spazio eguale alle altre. Intenzione lodevole solo in un mondo astratto e ideale, nel quale tutte le liste che presentano candidature si muovono allo stesso modo e con la stessa intensità di presenze. Purtroppo nel mondo reale le cose vanno diversamente. Ad ogni elezione, che sia comunale, provinciale o nazionale, ci sono forze politiche che si agitano come indemoniate organizzando ogni giorno volantinaggi, conferenze stampa, incontri con esponenti politici di maggiore o minor rilievo, poi ci sono quelle che si muovono in modo meno evidente ma che comunque ogni tanto sollevano la testa sopra il pelo dell’acqua ed infine ce ne sono, e non poche, che si presentano solo in omaggio al motto decoubertiniano secondo il quale l’importante è partecipare. Presentano la lista e poi scompaiono nel nulla. L’obbligo di dare a tutti lo stesso spazio e la necessità di evocare questi fantasmi politici per la partecipazione a tribune elettorali il cui modello, concepito sempre dagli stessi legislatori che hanno sfornato la legge sulla par condicio, sembra fatto apposta per negare ai cittadini/elettori qualsiasi seria informazione, costringe chi maneggia questi strumenti del diavolo a vere e proprie acrobazie, del tutto estranee a qualsiasi seria forma di pratica giornalistica.

È solo uno, e forse neppure il più importante, tra gli aspetti di un problema, quello della comunicazione politica nel nostro paese, che presenta elementi di grandissima distorsione. La questione irrisolta del conflitto di interessi resta centrale, anche perché alla dimensione nazionale si sommano quelle locali, dove la normativa non è mai arrivata, come noi del Trentino Alto Adige sappiamo bene visto che nulla ha impedito la concentrazione di una parte rilevantissima dell’informazione, scritta ma non solo, nelle mani di un solo soggetto dalla ben precisa caratterizzazione politica. Nel frattempo l’informazione, in tempi elettorali ma non solo, ha occupato terreni del tutto nuovi come quello costituito dai social media per i quali non esistono regole.

In tutto ciò il diritto costituzionale fondamentale del cittadino a ricevere un’informazione completa che gli consenta di fare delle scelte ragionate riguardo a chi dovrà governarlo resta relegato in fondo alla scala delle priorità.

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Hartmuth Staffler Sab, 03/07/2020 - 15:14

Geradezu belustigend finde ich, dass der RAI-Redakteur Wolfgang Mayr, Bürgermeisterkandidat in Eppan, seit seiner Nominierung als Bürgermeisterkandidat beinahe täglich in der RAI mit seinen Weisheiten, die nicht einmal auf seinem Mist gewachsen sind, zu hören ist.

Sab, 03/07/2020 - 15:14 Collegamento permanente
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Alessandro Stenico Sab, 03/07/2020 - 18:26

In risposta a di Alessandro Stenico

mi ero confuso, par condicio sia per il referendum che per le elezioni comunali, vedi:
la par condicio per le comunali è già scattata in data 29 gennaio 2020 e permarrà fino alla conclusione delle operazioni di voto relative alle elezioni comunali (3 maggio 2020 e, nel caso dell’eventuale ballottaggio, fino al 17 maggio 2020 compreso), scusate .

Sab, 03/07/2020 - 18:26 Collegamento permanente