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“Lasciati soli in prima linea”

Ritorno alla didattica in presenza: la testimonianza di un insegnante di una scuola secondaria di Bolzano fra critiche e accuse.
Insegnante
Foto: Pixabay

La scuola è ripartita. In Alto Adige il taglio del nastro rispetto agli altri istituti scolastici del resto d'Italia è arrivato una settimana prima. Sebbene questo giorno sia stato accompagnato da un certo ottimismo e da una discreta dose di rassicurazione, già cominciano a vedersi le prime incrinature, come il caso positivo registrato a San Candido all’interno di una scuola materna e che ha visto la conseguente estensione dell’isolamento ad altri alunni e famigliari.

salto.bz ha raccolto una testimonianza di un insegnante di una scuola secondaria di Bolzano (nome noto alla redazione) che getta ulteriori ombre sul futuro della didattica in tempi di pandemia.

 

salto.bz: Perchè ha chiesto di restare anonimo in quest’intervista?

Purtroppo la scuola si è trasformata in un terreno di scontro politico, specie in quest’ultimo periodo. Quando vengono portati sul piatto gli elementi contraddittori che viviamo quotidianamente noi docenti diventiamo immediatamente dei soggetti attaccabili. Lo abbiamo visto chiaramente anche nei mesi scorsi.

Che cosa avremmo visto nei mesi scorsi?

Una vergognosa speculazione sul corpo docente. Siamo stati attaccati dall’opinione pubblica, come se non stessimo facendo il nostro lavoro. Sicuramente non c’era una preparazione adeguata al passaggio immediato alla didattica a distanza ma la mole di lavoro a cui siamo stati sottoposti è stata impressionante, eravamo pressoché reperibili 24 ore su 24. Senza contare le difficoltà del caso, dai problemi prettamente logistici al dover continuamente riprendere i genitori degli alunni che suggerivano loro durante le interrogazioni. Quando il dibattito sulle riaperture invece si faceva sempre più acceso la scuola veniva declassata a un mero servizio di babysitteraggio, dimenticando il suo ruolo fondamentale.

[C'è stata] una vergognosa speculazione sul corpo docente. Siamo stati attaccati dall’opinione pubblica, come se non stessimo facendo il nostro lavoro

Un aumento del carico e delle ore di lavoro, presumibilmente a parità di stipendio.

Ovviamente a parità di stipendio che per quanto riguarda la categoria degli insegnanti risulta tra i più bassi d’Europa. A Bolzano il nostro guadagno corrisponde all’incirca alla metà di quello di un collega tedesco. Oltre a questo disponiamo di un corpo docenti tra i più anziani del mondo. Dovremmo essere considerati categorie a rischio a tutti gli effetti.

E invece?

Siamo lasciati da soli in prima linea. Non veniamo sottoposti ad alcun tampone, per esempio. In provincia di Bolzano hanno dato la possibilità di effettuare a titolo volontario, dal 24 al 30 di agosto il test sierologico che oltre ad avere un margine di errore molto alto risulta per certi aspetti poco sensato: se io fossi entrato in contatto - e conseguentemente infettato - con una persona positiva il 2 settembre cosa me ne sarei fatto dei risultati del sierologico negativo di una settimana prima? 

Nonostante tutto, a Bolzano si è riusciti a tornare in classe già da alcuni giorni. Ci racconta com'è andata e quali sono state le sue impressioni?

Abbiamo cominciato la scuola il 7 settembre, sebbene la grande maggioranza dei dirigenti scolastici avesse chiesto a gran voce di allineare la ripartenza al dato nazionale, prevista una settimana dopo. C’è stato un enorme lavoro da parte di presidi e docenti per cercare di capire come adeguare gli spazi e come attuare questo famoso protocollo arrivato solamente pochi giorni fa. È stata una corsa contro il tempo per riuscire a rendere agibile il tutto. Bolzano ha la fortuna di non avere degli edifici scolastici che cadono a pezzi, ma ricordo che il problema delle “classi pollaio” sussiste anche qui. Questa sarà comunque una settimana di rodaggio in cui si cercherà di applicare il più possibile queste regole alla lettera per evitare la proliferazione del virus all'interno degli istituti, ma gli elementi di debolezza emergono già.

Per esempio?

La scuola di oggi è una selva di regolamenti e divieti molto rigidi che rendono il nostro lavoro quasi impossibile ma per certi versi ci sono elementi che risultano molto ambigui e sembrano quasi lasciati al caso. Basti pensare che andrebbe disinfettata ogni cosa venga toccata: se un alunno esce per andare in bagno il docente deve interrompere la lezione per alzarsi e disinfettare la maniglia e questo vale per tutto, dal registro, al banco, alla penna.
Inoltre, già dal secondo giorno, gli alunni mostravano segni di cedimento sull’uso della mascherina, nonostante non venga usata durante le lezioni. Va tenuto però in considerazione che esistono degli alunni con patologie pregresse che devono tenere questi dispositivi di protezione tutto il giorno e altrettanto dovrebbero fare i suoi compagni di classe. Poi mi chiedo: abbiamo posizionato i banchi a un metro di distanza ma cosa succederà quando sopraggiungeranno i mesi più freddi e non si potrà più garantire l'aerazione perenne attraverso le porte e le finestre costantemente spalancate? 

Le misure applicate a scuola hanno senso se vi è una corrispondenza con il mondo esterno altrimenti i nostri sforzi saranno del tutto vani

A che cosa si riferisce quando parla di regolamenti ambigui?

Quando si verifica un caso positivo c’è una procedura da seguire. Ma la competenza in merito alla decisione su chi mandare in quarantena spetta alle ASL e ancora non si capisce bene quali siano i criteri e i parametri di riferimento. È plausibile pensare che ci siano scuole che rischiano di chiudere velocemente, vista la difficoltà nel reperire supplenti e il fatto che ci siano scuole nelle valli che contano a malapena una cinquantina di iscritti: un solo caso positivo dimezzerebbe, nella migliore delle ipotesi, i frequentanti.

Eppure il modello altoatesino è stato esaltato per i suoi punti di forza anche da parte di diversi esponenti politici e leader nazionali che sono arrivati in regione in occasione della campagna elettorale...

Punti di forza sinceramente non ne ho visti. Vedo in compenso molte contraddizioni, messe in campo soprattutto da coloro che esaltano il protocollo pur non conoscendo alcunché. Sono le stesse persone che poi si girano e mettono in moto delle pratiche che finiscono per rendere queste precauzioni nulle: l’ondata negazionista a cui stiamo assistendo è preoccupante.

Parla di qualcuno in particolare?

Ci sono quei leader politici, che noi tutti conosciamo, che si possono permettere di portare comizi in piazza, urlare slogan alle persone ammassate e accalcate l’una sull'altra, fare centinaia di selfie senza mascherina per poi arrivare a Bolzano e sostenere questo fantomatico modello di scuola efficiente e sicura. Modello che ovviamente non conoscono e che è esaltato esclusivamente per un tornaconto elettorale. Nei nostri istituti stiamo facendo l’impossibile ma al di fuori delle nostre mura protocolli del genere raramente vengono applicati: i miei alunni escono dalla classe e poi vanno a mangiare e a divertirsi insieme ma d’altro canto è comprensibile: a scuola devono stare attenti a non sfiorare il proprio amico ma poi guardano la televisione, passeggiano per il centro e sono sottoposti a continui stimoli contraddittori. Le misure applicate a scuola hanno senso se vi è una corrispondenza con il mondo esterno altrimenti i nostri sforzi saranno del tutto vani.

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Martin Aufderklamm Ven, 09/11/2020 - 07:29

Solito piangisteo di un membro di una categoria di persone che essendo sole in prima linea in classe, non ha imparato il senso del Noi.

Tanti dipendenti, pubblici e privati, hanno avuto difficoltà, chi più chi meno, nel venire a capo di questa situazione. E non per questo piangono lacrime di coccodrillo.

Cosa centri il riferimento allo stipendio in questo articolo me lo sto ancora chiedendo? Sappiamo che i dipendenti pubblici italiani hanno guadagni inferiori da un terzo alla metà rispetto ai paesi più nordici.

E se il corpo docente ha un età media alta non e' certo colpa del Covid, ma forse di elettori che per decenni hanno votato chi proponeva la vita facile a breve termine. Ma non centra con il tema principale dell'articolo a meno che non si voglia comunicare che una persona di una certa età e' più a rischio.

Concordo sul fatto che ci dovrebbe essere corrispondenza di regole nei vari ambiti, dalla classe al comizio in piazza.

Io sono contento che la scuola sia ripartita e che si possa offrire nuovamente una buona formazione anche in presenza, ma di questo non se ne parla. Purtroppo.

Ven, 09/11/2020 - 07:29 Collegamento permanente
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Fabio Marcotto Ven, 09/11/2020 - 09:04

C'entra moltissimo lo stipendio. Perché se, come nella scuola tedesca, si divide la classe in due gruppi, uno che sta a scuola e l'altro che sta a casa (in alternanza), il docente lavora molto di più. In classe, e seguendo gli altri a distanza (incarichi, materiali, programmi, correzioni...). Quindi il lavoro aumenta di molto e lo stipendio rimane uguale. Non va bene. Voglio approfondire la dinamica in uno dei prossimi articoli

Ven, 09/11/2020 - 09:04 Collegamento permanente
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Hannes Bauer Ven, 09/11/2020 - 11:01

Nuova lagna di una categoria che pare abbia smarrito totalmente il senso della realtà. Tutte le categorie hanno riiniziato con grossi sacrifici (chi piu chi meno), solo lor signori insegnanti si lamentano, alcuni si rifiutano di lavorare, altri non si fanno nemmeno fare i tamponi. Non stupisce che non godano di simpatia.

Ven, 09/11/2020 - 11:01 Collegamento permanente
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Elisabeth Garber Ven, 09/11/2020 - 13:21

In risposta a di Hannes Bauer

Auf den Kommentar von Bauer H. würde ich gerne antworten, aber jemand, der so etwas schreibt, hat vom Lehr-Beruf/von der Schule *heutzutage* (von der abverlangten Flexibilität, dem Energieaufwand und dem Bildungsauftrag, der längst auch Eltern- Psychologen- Integrations- und Migrations-Aufgaben umfasst...) so gut wie gar keine Ahnung.

Ven, 09/11/2020 - 13:21 Collegamento permanente