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Politica | Avvenne domani

In fuga dalle urne

Astensionismo ieri e oggi in Alto Adige. Una questione ignorata ma che proprio in questa terra, nota un tempo per i suoi elettori “diligenti”, assume rilievo particolare.

Ignorato quasi del tutto durante tutta la lunga campagna elettorale, il tema dell’astensionismo è scivolato quasi di soppiatto sul proscenio dello scontro politico quando mancavano ormai poche ore all’apertura delle urne. I due sindaci uscenti e ricandidati a Bolzano e Merano si sono addirittura sfidati in una sorta di gara a chi riuscirà, nel proprio comune, a recuperare il maggior numero di voti in libera uscita. Si sono moltiplicati, come al solito, gli appelli al voto, ma la questione della crescente disaffezione all’impegno politico, anche nella versione più semplificata possibile che consiste nell’inserire una scheda in una scatola di cartone, è rimasta sullo sfondo. Se ne riparlerà, in un modo o nell’altro, quando, alla fine dell’interminabile maratona elettorale, si tireranno le somme ma, come sempre, le analisi su questo aspetto particolare saranno offuscate e relegate in secondo piano dai risultati politici veri e propri.

La questione, invece, resta una certa importanza anche per le dimensioni del fenomeno che in Alto Adige assume maggior rilievo che altrove proprio per il fatto che questa terra, per molti decenni, si collocava in vetta alle classifiche nazionali per la diligenza con cui gli elettori si recavano ad esercitare il loro diritto politico principale. Basterà citare un numero: nel 1948, in occasione delle elezioni politiche, l’89,27 per cento dei bolzanini si recò a votare. L’affluenza al voto era così alta, in quegli anni, che si verificavano non di rado fenomeni tali da lasciar sbigottiti gli osservatori poco addentro alla realtà locale. Un esempio per tutti: nella stessa tornata elettorale, nel comune di Brennero, si registrò un’affluenza al voto del 113,18 per cento. Nessun errore e nessun broglio. Si dava allora il caso, in parecchi comuni della provincia dove avevano sede, come a Brennero, importanti uffici e strutture militari e civili, che al voto degli abitanti si sommasse quello che i funzionari di dogana, delle ferrovie, militari o di altro genere, esprimevano in quei seggi pur essendo residenti altrove.

È un fenomeno che oggi non si potrebbe più registrare perché l’affezione al voto è calata drasticamente.

È una situazione che può essere rilevata sia nei grossi centri che nei piccoli comuni della periferia. Un fenomeno un tempo impensabile, se non nei casi rarissimi, le famose eccezioni che confermano la regola, nei quali gli abitanti di un piccolo centro decidevano, compatti, di non recarsi alle urne per protestare ad esempio per il mancato completamento di una strada di collegamento o di un acquedotto.

Oggi, nei centri minori, il rischio di vedere le urne disertate viene segnalato invece quando, per mancanza di competitori, ad impegnarsi nella tenzone elettorale c’è una lista sola, i cui componenti sono quindi già sicuri di conquistare, senza troppi sforzi, la vittoria. Il mancato confronto provoca il disinteresse degli elettori. Il rischio, a questo punto, è però quello di non far nemmeno scattare il quorum e di invalidare quindi la tornata elettorale, con il ricorso ad una gestione commissariale in attesa di nuove elezioni tra qualche mese. È già successo ed in parecchi temono che succederà di nuovo, magari anche sulla base degli inviti a non votare che, in qualche comune, circolano in maniera più o meno anonima.

Di disaffezione al voto si può parlare, in termini altrettanto preoccupanti, anche nei comuni maggiori dove però la situazione è radicalmente diversa da quella sopra descritta.

Ci limiteremo ad analizzare la situazione di Bolzano e Merano, dove tutto si può dire meno che l’offerta politica che viene proposta agli elettori non sia la più ampia possibile. Nel capoluogo e aventi diritto troveranno sulla scheda i simboli di 18 liste e i nomi di 10 candidati sindaco tra cui scegliere. Il ventaglio politico delle posizioni messe in campo da questi soggetti spazia ampiamente dalla sinistra alla destra estrema e comprende anche tutte le formazioni che non si richiamano a schemi tradizionali ma che propongono opzioni politiche diverse, ancorate in diversi casi alla realtà locale senza addentellati nazionali. A Merano i numeri sono inferiori solo di poco: 12 le liste presentate e nove candidati sindaco. Tutto si potrà dire ma non che la scelta manchi. Così è stavolta e così è stato anche in occasione delle ultime tornate elettorali, quelle che, e ci riferiamo in questo caso sempre alle elezioni comunali, hanno fatto registrare il crollo dell’affluenza alle urne.

Ancora qualche numero per farci capire.

Sino al nuovo millennio l’afflusso alle urne era rimasto ancorato livelli piuttosto alti. Non più l’89 per cento del 1948 ma comunque, alle comunali del 2000, Bolzano aveva mandato alle urne il 76,17 per cento degli aventi diritto e Merano il 74,2. E il dato rimane sostanzialmente stabile anche alle comunali del 2005.

Poi comincia la discesa.

Nel 2010 a Bolzano va a votare solo il 65,74 per cento degli elettori, percentuale che scende al 57,8 cinque anni dopo. Nel 2016, si torna a votare dopo la caduta anticipata della giunta Spagnolli e il dato dell’affluenza risulta in calo ulteriore, anche se di poco. Al primo turno si assesta sul 56,16 per cento, ma al ballottaggio scende abbondantemente sotto il 50 per cento.

A Merano il trend è del tutto simile. Tra il 68,9 per cento del 2005 e il 56,4 del 2015 c’è un abisso.

In tempi più recenti, con le politiche e le provinciali si è assistito ad un sia pur parziale recupero. Uno degli interrogativi di questa tornata elettorale è capire se questo ritorno all’esercizio del voto si applicherà anche alle comunali e quali saranno le forze politiche e i personaggi in lizza che ne beneficeranno più degli altri.

Quello della disaffezione alla partecipazione politica resta comunque uno dei temi chiave e dovrebbero occupare e preoccupare coloro che della politica fanno una professione o un impegno episodico. A giudicare dal dibattito che si è svolto anche in occasione di queste comunali non sembra che sia così.

Un’ultima notazione, del tutto personale, che non riguarda il tema dell’astensionismo ma quello del funzionamento della macchina elettorale nel suo complesso. In occasione di queste elezioni si tornerà, in Alto Adige, a votare, in coerenza con ciò che succede su tutto il resto del territorio nazionale sull’arco di due giorni: dal mattino di domenica 20 al primo pomeriggio di lunedì 21 settembre. Un tempo infinito se raffrontato con quello entro il quale si svolgono le tornate elettorali negli altri paesi europei con i quali dovremmo confrontarci.

Ma c’è di più.

Per motivi imperscrutabili dopo la chiusura delle urne verranno scrutinati solo i voti relativi al referendum sul taglio dei parlamentari, operazione che, salvo accidenti catastrofici o manifesta incapacità dei commissari di seggio, dovrebbe concludersi al massimo nel giro di una manciata di minuti. Poi, sigillato il tutto, presidente e scrutatori se ne torneranno a casa dandosi appuntamento per la mattina di martedì 22 quando inizieranno lo spoglio, un po’ più complesso, delle schede per le comunali. Tenendo conto del fatto che a Bolzano, in ultimo, dovranno essere regolati i conti elettorali anche con i famosi consigli di circoscrizione dei quali nessuno parla e nessuno si occupa, c’è il rischio concreto di trascinare questa telenovela elettorale sino a metà settimana. Con tanti saluti all’idea di dimostrare un po’ di rapidità è un po’ di efficienza.

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Karl Trojer Dom, 09/20/2020 - 11:35

Wer nicht wählt, muss mit dem zufrieden sein, was Andere dazu entscheiden... Ein unsinniger Protest. Ein Protest gegen wen, gegen was ? Das Gegenmittel : sich selbst zur Wahl stellen,... wenn man Mut dazu hat....

Dom, 09/20/2020 - 11:35 Collegamento permanente