Economia | Le trattative

La Cina vuole l’Iveco

L’azienda, la cui divisione Defense Vehicle ha la sede principale a Bolzano, è pronta per essere acquisita dalla cinese Faw su una base di 3,5 miliardi. E i lavoratori?
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Foto: Hannes Prousch

L’amara ironia di fondo è palpabile: lo scorso dicembre viene diffusa la notizia che la Us Navy raddoppia le fregate Fincantieri, mentre i Marines allargano la produzione dei mezzi anfibi di Iveco (la divisione Defense Vehicle, che produce veicoli per la difesa e di protezione civile, ha la sede principale a Bolzano). È il guanto di sfida che gli Stati Uniti lanciano alla Cina. La strategia del Pentagono è diretta al contenimento del gigante asiatico nel Pacifico. Nel frattempo, dall’Oriente è arrivato il colpo di coda: un’offerta d’acquisto per Iveco da parte della società statale cinese Faw che mira a espandersi fuori dai confini nazionali. Investire perciò in Iveco l’aiuterebbe ad accedere al mercato mondiale dei veicoli commerciali.

 

“Non ci rimane più niente”

 

L’Iveco, fondata il primo gennaio del 1975 a Torino, è una delle società controllate da CNH Industrial, l’azienda del gruppo Exor (di proprietà della famiglia Agnelli), che ora sta trattando la cessione della divisione che produce autobus e camion - ma che è specializzata anche nella costruzione di macchine per l’edilizia e l’agricoltura - ai cinesi di Faw Jiefang.



I negoziati si erano interrotti lo scorso anno, la società cinese aveva fatto un’offerta preliminare a luglio, con la valutazione di Iveco a circa 3 miliardi di dollari, considerata però troppo bassa da CNH. Faw è quindi ritornata all’attacco, mettendo sul piatto un’offerta superiore a 3,5 miliardi per l’acquisizione di tutte le attività di veicoli commerciali di Iveco, inclusi camion e autobus, e una quota di minoranza nella sua divisione motori FPT.

Di fronte alla prospettiva della vendita dell’“ultima roccaforte industriale del territorio”, si è alzata la voce di Giorgio Garuzzo, l’ex presidente Fiat, intervistato dal Corriere della Sera: “Vivremo di turismo e di eventi? Quando sento queste idee, rabbrividisco. In Piemonte abbiamo perso l’industria dei pc e dei software, poi il ferroviario, la chimica, il biomedicale, l’elettronica. Adesso non possiamo perdere anche l’auto, i camion e i veicoli commerciali. Se va via l’Iveco non ci rimane più niente. Altro che lusso”. E non meno importante: cosa succederà ai lavoratori se l’operazione, come sembra, andrà in porto?

 

Paura per i dipendenti

 

Il gruppo CNH - che ha la sede legale ad Amsterdam e sede fiscale in Inghilterra - possiede 16 siti industriali sul territorio italiano, un settore in cui lavora una sostanziosa fetta di dipendenti. In totale CNH Industrial conta 63.499 lavoratori (dati del 2019), Iveco ha 24 stabilimenti in tutto il mondo e 25mila dipendenti. Il timore è che in piena pandemia in corso e crisi economica allegata si faccia leva sull’acquisizione per operare qualche taglio. I sindacati hanno chiesto quindi l’intervento del governo perché il passaggio avvenga con garanzie di tutele alla forza lavoro.

 

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Karl Gudauner Gio, 01/14/2021 - 00:15

I grandi gruppi, una volta diventati multinazionali, hanno perso ogni aderenza al territorio, ai valori dell'Europa ed alle generazioni di dipendenti che hanno permesso ad un impresa portabandiera dell'Italia di crescere e di espandersi sui mercati internazionali. Lo stabilimento di Bolzano è considerato, a quanto pare, soltanto una pedina da giocare nel business globale. La Cina sembra lontana, ma è in procinto di diventare la prima potenza economica a livello mondiale e farà valere le sue idee imprenditoriali ed egemoni ovunque riesca ad insediarsi. Con un ministro agli esteri fiero di tessere contatti ed affari con la Cina c'è il rischio di rinunciare a sviluppare una strategia industriale per l'Italia. Ciò potrebbe rivelarsi il tallone d'Achille nel contesto produttivo europeo.

Gio, 01/14/2021 - 00:15 Collegamento permanente