Ambiente | biodiversità

Api, l’estinzione è vicina?

Una ricerca lancia l’allarme: dal 1990 scomparso un quarto delle specie. Thomas Vonmetz (Associazione Apicoltori): "Nel 2020 prodotto tra l'80 e il 90% di miele in meno".
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Foto: (c) pixabay

Un ronzio sempre più flebile, alveari sempre più vuoti. Una ricerca pubblicata su One Earth e che analizza i dati disponibili su Global Biodiversity Information Facility - contenente 300 anni di dati relativi alla biodiversità - mette in guardia: dal 2006 al 2015 un quarto delle oltre 20.000 specie di api conosciute è scomparsa rispetto ai dati risalenti al 1990. La percentuale varia a seconda della specie presa in considerazione: l’Halictidae, una delle varietà più comuni e nota anche come “ape del sudore”, è diminuita del 17%; per una più rara, la Melittidae, il crollo è del 41%.

Il possibile declino delle api selvatiche e le potenziali conseguenze destano non poche preoccupazioni. Gli insetti impollinatori svolgono un ruolo cruciale per la riproduzione di centinaia di migliaia di specie di piante selvatiche, essendo i principali vettori per il trasferimento del polline. Si stima inoltre che l’85% delle colture alimentari del mondo dipendano da loro.

Sebbene la natura eterogenea, i potenziali errori di raccolta e la comunicazione dei dati debba spingerci ad interpretare con cautela questi risultati, premettono i ricercatori, è indiscutibile la necessità di mettere in campo azioni rapide per evitare il tramonto definitivo degli impollinatori.

Le cause del declino individuate sono strettamente correlate al fenomeno della globalizzazione che comporta la massiccia conversione dei terreni per le monoculture, l’urbanizzazione, la cementificazione selvaggia e i diversi altri utilizzi intensivi del suolo su larga scala.

Nonostante questo studio ponga il focus soprattutto sulle specie di api selvatiche, la situazione di quelle mellifere, allevate appositamente dagli apicoltori per la produzione di miele, non è migliore.

Gli apicoltori svolgono un ruolo fondamentale per la tutela e la riproduzione della specie ma  le tecniche che abbiamo appreso in tutti questi anni non bastano più

“Il 2020 è stato un anno drammatico, abbiamo registrato un crollo della produzione di miele che oscilla tra l'80 e il 90 percento - rivela a salto.bz Thomas Vonmetz, vicepresidente dell’Associazione Apicoltori altoatesina -. In media abbiamo smielato una o due volte l’anno. Ciò è dovuto alla scarsità di nettare che le api riescono a reperire e che usano principalmente per sopravvivere. Le cause di questa pessima annata e del generale declino - aggiunge - sono principalmente tre. In primis abbiamo registrato un aumento degli eventi climatici estremi, che 30-40 anni fa non si verificavano, e che compromettono la raccolta del nettare da parte delle api; poi c'è da considerare la diminuzione della biodiversità a causa delle monoculture e della cementificazione e questo, assieme al massiccio utilizzo dei pesticidi che minano la salute dell’ape, costituisce il problema principale: la natura porta con sé un equilibrio molto delicato, la scomparsa di un fiore implica quella dell’insetto che a sua volta porta alla sparizione dell'uccello. Gli habitat naturali devono essere tutelati”.

Le responsabilità però, specifica Vonmetz, non sono solo degli agricoltori: “Sebbene da Salorno in su il problema derivante dagli ettari ed ettari di terreno adibiti alla monocultura della mela sia più che tangibile, tutti potrebbero collaborare. Il privato vuole il giardino curato, ma il prato e le pietre non producono nettare: vanno aumentate le aree floreali e la loro varietà. Gli apicoltori svolgono un ruolo fondamentale per la tutela e la riproduzione della specie ma - conclude - le tecniche che abbiamo appreso in tutti questi anni non bastano più. Tutti devono fare la loro parte”.

 

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rotaderga Lun, 02/08/2021 - 14:03

Ho spesso fatto riferimento a una realtà che viene ripetutamente ignorata anche dagli esperti di api e di agricoltura.
Le api percepiscono e identificano le loro fonti di nettare e polline mediante molecole di profumo a temperature esterne superiori a 6° C. (La bottinatura del nettare avviene su 12-13°C) Queste molecole restano sole su piccolissime distanze nell'aria, durante il tragitto. Si annettono a dei vettori, per lo più spore di funghi, che le api trovano anche distante diversi chilometri.
La quantità di spore è estremamente ridotta dall'impiego massiccio di funghicidi dell'agricoltura intensiva e nei giardini domestici le api non possono più percepire l`olfa. Il periodo freddo dell'ultima primavera richiedeva l'alimentazione delle api onde preservare lo sviluppo stagionale della colonia.

Lun, 02/08/2021 - 14:03 Collegamento permanente