Napoleone
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Cultura | Avvenne domani

“Braves tyroliens”

A duecent’anni dalla morte dell’odiato Corso

Ci sono pochi posti, probabilmente, in tutta Europa, nei quali la memoria napoleonica sia ancora così esecrata come le vallate dell’antico Tirolo. Il mito, da queste parti, è quello ancora ben saldo dell’oste fucilato, proprio dai soldati di Napoleone sulle mura di Mantova. A lui e ai suoi compagni di rivolta sono dedicate lapidi e sono stati eretti monumenti. Dei francesi che Hofer combattè resta poco più che il ricordo. Un fazzoletto di terra, a San Leonardo in Passiria, ne accoglie probabilmente i resti mortali.

Non desta meraviglia, dunque, che già all’epoca la notizia della morte di Napoleone, avvenuta come imparano già alle elementari gli scolari italiani recitando le rime manzoniane, il 5 maggio 1821, e quindi esattamente due secoli fa, sia passata nella nostra terre piuttosto sotto silenzio.

Avvenne più o meno lo stesso, del resto, in un’Europa che, rattoppati provvisoriamente gli sconquassi dell’epoca avviata dalla rivoluzione francese e proseguita con le guerre napoleoniche, tendeva più che altro a coprire con una coltre di oblio quegli avvenimenti fenomenali. Il mito del piccolo generale sarebbe stato costruito, in Francia ma anche altrove, nei decenni successivi.

Una notizia, quella della morte di Napoleone, che tra l’altro arrivò in Europa con molte settimane di ritardo rispetto alla fatidica data. Il “mortal sospiro” fu esalato, come tutti sanno, su un’isoletta persa tra Africa e Asia e, a quei tempi, le novità correvano con la stessa velocità delle navi che le portavano spinte dal vento.

Accade così che, in quel 1821 che doveva vedere tra l’altro i primi prodromi delle nuove rivolte che avrebbero presto squassato l’edificio dell’assolutismo appena restaurato, la notizia della morte del Generale, venne appresa non prima dell’estate.

Una sommaria ricerca sulla stampa dell’epoca ci racconta che i “braves tyroliens”, i bravi tirolesi cui Napoleone si era rivolto con un proclama scritto nel 1796 e nel quale, con lusinghe, poche, e minacce, molte, chiedeva loro di non opporsi alla sua prima impetuosa avanzata verso il cuore dell’Austria, seppero della sua morte poco prima della metà del mese di luglio. È sul numero del 16 di quel mese del periodico “Der Bote für Tirol und Vorarlberg” che troviamo, sepolto a pagina tre, tra una notizia proveniente da Lisbona ed una che arriva dalla Germania, l’annuncio, arrivato ovviamente dall’Inghilterra che fungeva da carceriere dell’imperatore prigioniero, della morte di Napoleone.

Dieci righe in tutto per una cronaca più che succinta delle circostanze in cui il decesso era avvenuto e delle cause, una malattia durata diverse settimane, che l’avevano provocata. Sui numeri successivi del periodico compaiono, ma sempre in posizione tipografica assolutamente defilata, dei resoconti un po’ più lunghi con qualche particolare in più, ivi comprese le disposizioni testamentarie.

Non fu dunque con clamore che il Tirolo nel 1821, saldamente tornato nel possesso degli Asburgo dopo il terremoto di inizio secolo, ebbe a conoscere la sorte finale del suo arcinemico. D’altronde un destino simile occorreva, in quegli anni, anche al rivoltoso antinapoleonico per eccellenza. Anche Andreas Hofer rimase per molto tempo quasi dimenticato e sepolto dove era stato fucilato e anche per lui il ritorno in patria e la nascita del mito dovettero farsi attendere.

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Martin Piger Dom, 05/02/2021 - 22:16

Forse traduzione più appropriata per "braves tyroliens", visto il contesto, sarebbe tirolesi coraggiosi o valorosi e non bravi tirolesi.
In inglese si direbbe: caduto vittima di false friends.

Dom, 05/02/2021 - 22:16 Collegamento permanente