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"Così è stato incastrato Alex Schwazer"

Uscito il volume di Alessandro Donati sui "Signori del Doping". L'ex allenatore: "Con che occhi guarderò le Olimpiadi di Tokyo? Vedo atleti comparsi all'improvviso ..."
Schwazer, Donati
Foto: upi

Riproniamo questa intervista per ricordare l'appuntamento con Sandro Donati oggi, sabato 11 settembre, dalle ore 17 all'Ahoi! Minigolf (Bolzano). L'autore presenterà il suo libro "I signori del doping".

 


 

Tutto comincia con un sms. Nel novembre 2014, Alex Schwazer, oro olimpico nella 50 km di Pechino 2008 poi squalificato per doping prima di Londra 2012, scrive a ad Alessandro Donati, uno dei migliori allenatori di atletica del mondo e simbolo internazionale della battaglia contro il doping. Proprio lui aveva fatto partire la segnalazione costata poi la squalifica all’atleta altoatesino. “Buonasera professore, oggi con i giornalisti si è parlato di un mio ritorno alle gare. Vorrei fare una cosa mai vista prima a livello di antidoping. E la prima persona che mi viene in mente è lei”. Lo racconta lo stesso allenatore nel libro “I signori del doping. Il sistema sportivo corrotto contro Alex Schwazer” appena uscito per i tipi di Rizzoli. La storia dell’atleta redento, come noto, non ha avuto un lieto fine. Le speranze di Schwazer, scrive Fabio Tonacci su Repubblica, si sono spente il 14 maggio 2021 quando il Tribunale federale svizzero ha respinto il ricorso del marciatore con una sentenza scritta nella lingua dell'Azzeccagarbugli: di regola e per costante prassi nelle controversie come quelle in esame, l'effetto sospensivo o altre misure cautelari entrano in considerazione soltanto se, sulla base di un esame sommario dell'incarto, il rimedio di diritto pare molto verosimilmente fondato. Nel caso concreto tale presupposto non è adempiuto. Fine. Macigno tombale sulla carriera del 36enne di Vipiteno". E nelle settimane precedenti al verdetto Alex, che aveva macinato la solita quantità industriale di chilometri, stava inanellando tempi che gli permettevano di sognare il podio olimpico. Le molte persone che si sono appassionate alla vicenda umana, sportiva e giudiziaria del marciatore di Vipiteno hanno ora uno strumento in più per ripercorrerla passo dopo passo. Il libro di Sandro Donati ha una ricchissima documentazione ed è scritto con un ritmo serrato da spy-story. Lo abbiamo intervistato.

 

salto.bz: Prof Donati, senza svelare i dettagli della sua ricostruzione, qual è la “pistola fumante” che prova il complotto contro Alex e contro di lei?

Alessandro Donati: “Le prove decisive sono essenzialmente tre. Partiamo dalla fine. La terza è quella che ha scoperto l’indagine giudiziaria ed è l’analisi con la quantità spaventosa di DNA nell’urina di Alex. Una quantità tale che era impossibile ci fosse, dal momento che sparisce in fretta. Il DNA è stato quindi riversato in prossimità della consegna della provetta all’autorità giudiziaria, e si ricorderà come all’epoca si cercò di ritardare la consegna e di dare un falso campione. La seconda evidenza viene dalle email intercettate dagli hacker e sottratte alla federazione internazionale di atletica. A scriversi erano il manager dei controli antidoping Thomas Capdevielle e il consulente legale Ross Wenzel. Le mail fanno capire i timori dell'organismo internazionale rispetto all'iniziativa della magistratura italiana, vi si accenna che il laboratorio di Colonia voleva rimanere neutrale. Arrivando all’inizio della vicenda di Alex ripercorro i fatti già evidenti ed eclatanti che le autorità sportive non hanno voluto vedere perché erano evidentemente coinvolte. Il controllo a sorpresa fu deciso il 16 dicembre 2015, un'ora dopo che Alex aveva testimoniato contro gli allora medici della federatletica italiana accusati di consigliare doping agli atleti. E’ del tutto inusuale che il controllo a sorpresa venga effettuato dopo due settimane dal momento in cui è deciso, ma non è certamente casuale la data scelta per effettuarlo, ovvero sia il primo gennaio, giorno in cui i laboratori erano chiusi e si poteva manomettere la provetta.

Tra le molte cose strane di questa vicenda c'è il numero insolitamente ampio di persone coinvolte. Di solito, per evitare problemi, si fa tutto tra pochi intimi. Qui, invece, sembra coinvolto un intero sistema.

Quelle email intercettate dagli hacker dimostrano una incredibile unità di intenti tra Federazione internazionale di atletica, e la Wada, l’agenzia mondiale antidoping. Se qualcuno avesse ancora dubbi su qusto punto, sono stati fugati nel processo di Bolzano. Tutto questo cozza contro la storia recentissima della Iaaf, il cui presidente nel 2020 è stato ritenuto colpevole di aver coperto casi in Russia e nello stesso processo sono stati condannati anche il figlio, responsabile marketing, e l'ex capo dell'antidoping. Come è possibile che l’Agenzia mondiale antidoping si schieri con la Iaaf che ha un passato di questo genere? Il giudice Walter Pelino scrive che per una unità di intenti di questo genere doveva esserci un grande obiettivo da raggiungere. Io stesso sono stato aggredito e fatto passare come millantatore da parte della Wada. Ci si deve però chiedere il perché. Quale è stato il mio ruolo nell’indagine a Bolzano? Non ho forse scoperto documenti molto scottanti? Questo non mi è stato perdonato come non mi è stato perdonato che in un convegno mondiale io abbia detto che il codice mondiale antidoping non aveva valore se prevedeva responsabilità solo dei singoli atleti e non anche delle federazioni. Avevo concluso che il codice era forte con i deboli ed inesistente con i forti. Il fatto è che dovrebbe essere istituita una commissione indipendente per fare luce su tutto quello che è avvenuto. Mettendo insieme i tasselli si capisce comunque per quale motivi sia stato fatto questo agguato”.

Hanno colpito Alex dal punto di vista sportivo per colpire lei, in sintesi. Lo ha sentito di recente?

Ci sentiamo molto spesso, e ci siamo visti da poco, dal momento che faccio le mie vacanze in Alto Adige. Alex è un ragazzo veramente eccellente e con una grande capacità di sopportazione delle avversità. E’ più sportivo di me, e infatti lui ha creduto negli organi di giustizia sportiva, mentre io non nutrivo speranze. Le carte del processo sono incredibili, non accade spesso che una parte che si sia costituita civilmente diventi parte accusata. E poi chiedo: hanno minacciato le querele al giudice, giusto? Le hanno poi fatte? Sarebbe importante averne notizia, se lo hanno fatto”.

Tra qualche giorno iniziano le Olimpiadi. Con che occhi le guarda, lei, e con che occhi le dovremmo guardare noi appassionati di sport? C’è qualche speranza che l’atletica oggi sia pulita?

Io capisco che il pubblico abbia bisogno di emozioni ed è normale che guardi le Olimpiadi e si faccia trascinare. Un addetto ai lavori come me si fa invece delle domande concrete. I controlli antidpoing sono efficaci? Sono in grado di individuare tutti i farmaci? No. Viene svolto un numero sufficiente di controlli a sorpresa? No. Ci sono scappatoie per gli atleti, come la possibilità di mancare due controlli? Sì …

Sta dicendo che non abbiamo speranze?

Lascio al pubblico il gusto di divertirsi. Da addetto ai lavori, però, vedo atleti che compaiono all’improvviso e scompaiono altrettanto velocemente, vedo muscolature che si gonfiano molto velocemente …

Lei guarda con occhi molto attenti l'atletica. E tutti gli altri sport come sono messi, secondo lei?

Il livello di diffusione del doping in ogni sport è proporzionale a quanta forza o quanta resistenza sono richieste per praticarlo. Resistenza e forza possono essere fortemente e facilmente influenzate tramite l’uso di farmaci. Vedendo le graduatorie del lancio del peso di quest’anno forse mi accorgo solo io che le prestazioni sono aumentate a dismisura e sono al di sopra di quelle realizzate da atleti poi rivelatisi dopati?  Negli sport in cui è decisiva la componente coordinativa, come i tuffi, la scherma, lo skate, il doping, invece, non può influire molto e quindi ci sono maggiori possibilità che gli atleti siano genuini. Parliamo del doping come se fosse qualcosa di impersonale  e come una cosa usata da alcuni individui per scelta personale. Ma non è praticamente mai così. Fin dall’inizio le autorità sportive hanno combattuto in modo apparente il doping. Il problema sta nelle istituzioni, non tanto negli individui.

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Karl Trojer Mer, 07/21/2021 - 09:40

Troppi organi di controllo sono "efficienti", quando si tratta di salvare la faccia al rispettivo potere vigente; e quasi scompaiono, qando si tratta di difendere i diritti di persone singole. E´ un modo di corruzione evidente ma "legale". La democrazia, in proposito, deve aguzzare le armi !

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