Gesellschaft | Alta cucina

Il cuoco delle star

Manuel Astuto, dell’Hotel Laurin, cucinerà nel miglior ristorante italiano di Santa Monica, in California, per i vip di Hollywood. Piaceranno i canederli a Brad Pitt?
Locanda Portofino
Foto: Locanda Portofino

“Il destino mi porta sempre in America”, lo dice allargando un sorriso e con un’alzata di spalle, come a voler calcare la perfetta misura fra un autentico stupore e l’ineluttabilità della conquista, lo chef bolzanino Manuel Astuto, mentre in una pausa dal servizio ci racconta quale nuova avventura lo vedrà protagonista in un futuro molto prossimo. L’uomo del risotto, come ormai viene soprannominata la stella dell’Hotel-Restaurant Laurin per via di una incontestabile esibizione di bravura in seguito alla fortunata (e ormai leggendaria) incursione a Milwaukee nel 2015, tornerà negli Stati Uniti a cucinare, questa volta, per una clientela esclusiva. La Locanda Portofino, considerata il miglior ristorante italiano di Santa Monica in California, ritrovo favorito di vip hollywoodiani come Brad Pitt, Diane Keaton, Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger, e Nicole Kidman, ha voluto Astuto nella sua cucina dopo averne testato alcune prodezze gastronomiche. E il carismatico cuoco altoatesino, per non disimparare le ambizioni più alte, ha accettato senza battere ciglio.

4 appuntamenti a partire da giugno, con un menu diverso ogni sera, per far conoscere la vera tradizione culinaria italiana, e in particolare quella altoatesina, agli americani. “Più o meno una volta ogni mese andrò oltreoceano con uno dei miei ragazzi, possibilmente con il mio secondo, Michael Rabensteiner, per tre giorni, 12 ore di volo, sarà una faticaccia ma non mi importa”, afferma entusiasta il 32enne chef di padre siciliano e madre altoatesina che ha preparato le sue specialità per il Dalai Lama, Angela Merkel e per gli atleti dei mondiali di sci di quest’anno in Val Badia, fra gli altri. “Cucinare suppone una testa leggera, uno spirito generoso e un cuore largo”, scriveva il pittore francese Paul Gauguin. Una formula semantica del talento che Astuto sembra padroneggiare con assoluta disinvoltura.

 

Yes we can, una storia vera

Il racconto inizia, rispettando il più classico degli espedienti narrativi, con un evento fortuito. L’estate scorsa un conte di Napoli, in vacanza in Alto Adige, decide di andare a mangiare al Laurin. È amore a prima vista. Finita la cena il signore fa chiamare chef Astuto e gli lancia una proposta: “Mio fratello ha un ristorante in America, dovresti andare a trovarlo, potreste cucinare qualcosa insieme”. Detto fatto. Quando Manuel e Michael incontrano i proprietari della Locanda, Alberto Ferrari e Florestano Caracciolo, scoprono, di persona, di che materia è fatto il sogno americano. “Le nostre strade si incrociano 28 anni fa quando un devastante terremoto distrugge le nostre attività - ricorda Ferrari -, io ero partito da appena due settimane con il mio ristorante mentre Florestano, che in seguito ho scoperto aveva come me la passione della cucina, lavorava nel suo negozio di scarpe sulla strada di fronte. Allora abbiamo unito le forze e aperto la Locanda, 150 coperti in tutto, e in breve tempo il successo ci ha travolti”. E dopo la cucina, in obbedienza al genuino italian style, il pallone. I due fondano una squadra, la Portofino Football Soccer Santa Monica, dove di tanto in tanto si allenano “vecchie” glorie del calcio come Alessandro Del Piero e Marco Materazzi che frequentano il campo situato a pochi metri dal ristorante.

L’Alto Adige a stelle e strisce

La sera che i due cuochi altoatesini cucinano per i clienti della Locanda si trasforma presto in un tripudio. Caso vuole che quella volta, in sala, ci fosse anche Nicole Kidman “che è entrata in cucina e ha fatto i complimenti allo chef per il risotto, un gesto raro per un americano”, ammette Ferrari. “La prima volta non si scorda mai, è stata dura perché ancora non c’era quel feeling naturale che si crea con lo staff dopo un paio di servizi, ma mi sono comportato esattamente come avrei fatto nella mia cucina, e Michael è stato eccezionale, del resto io funziono se lui funziona, come in una coppia”, scherza Astuto. Poi prolunga il suo pensiero e aggiunge: “Se posso permettermi di andare in America è perché in questi 5 anni ho costruito un team di cui mi fido ciecamente, le loro mani sono le mie, in cucina, siamo come una squadra di calcio che deve vincere il campionato”. Intanto sul sito del locale viene annunciato il primo appuntamento di giugno con i cuochi bolzanini e nel giro di 20 minuti arrivano 136 prenotazioni.

“Voglio contribuire a far crescere ancora questo ristorante, con la loro esperienza e la mia ‘freschezza’ sono sicuro che ci riusciremo perché so qual è il nostro potenziale e so dove voglio arrivare”, sottolinea schietto il wannabe ambasciatore della ricetta altoatesina che punta a sedurre gli americani con la semplicità e l’unicità della sua filosofia. “Fare un piatto classico è la cosa più difficile perché occorre confrontarsi con la storia e i ricordi d’infanzia, c’è da dire poi che gli Stati Uniti non hanno la nostra cultura del cibo, un motivo in più per vincere questa sfida”. Ma l’estro è nulla senza il prodotto di qualità, dice il nostro chef che a Santa Monica è già andato in avanscoperta: “Abbiamo trovato un favoloso mercato dove poter acquistare ottime materie prime, il tartufo lo spedirò dall’Italia e rifornirò il ristorante con i vini altoatesini che peraltro hanno già in carta”. Tutto pianificato a tavolino, tanto che Astuto pensa già di ripetere l’esperienza, forse, ci rivela, a Washington.

E mentre perlustra l’avvenire lo chef si abbandona infine a una riflessione: “Bisogna avere il 100% della passione per fare questo lavoro che chiede molto in cambio, e poi la concorrenza è forte, a volte in cucina ci ritroviamo a fare prove fino a notte inoltrata e non ce ne andiamo finché non raggiungiamo la perfezione, perché dietro la cucina gourmet c’è un concetto alto e la missione è riuscire a trasmetterla nelle mie creazioni”. Una volta il pluristellato chef Massimo Bottura, con cui Astuto ha lavorato, gli ha detto: “Sei uno che ce la farà, hai quella luce negli occhi”. La profezia che si avvera. Il trionfo del reale su qualsiasi intenzione.