sergio divina
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Politica | In Trentino

Divina incognita tra Fuga e Valduga

La triangolazione tra due leghisti e un democristiano nella campagna elettorale più fiacca del secolo. Torna in mente la canzone dello Zecchino d'oro del 1970 “Il lungo, il corto e il pacioccone"
  • “Il lungo, il corto e il pacioccone

    Sono tre bravi cow-boys.

    Non usano mai le pistole

    Perché lo sceriffo non vuole”.

    Correva l’anno 1970. E allo Zecchino facevano furore il Lungo, il Corto e il Pacioccone. Cowboy poco bellicosi. Moderati. Come amano apparire i tre principali contendenti alle elezioni provinciali del 22 ottobre in Trentino. 68 anni, Sergio Divina il Lungo (lunga vita politica, da quando era liberale, già consigliere provinciale e tre volte senatore della Lega), 51 anni Maurizio Fugatti il Corto (il presidente uscente, nei discorsi e nei proclami, ama essere definito un pragmatico e volare basso) e 51 anni pure Francesco Valduga il Pacioccone, oncologo, fresco ex sindaco di Rovereto, leader del movimento dei civici cinque anni fa, che non ama litigare e preferisce non alzare la voce, refrattario ai social e alle sovraesposizioni mediatiche.

    Pochi gli spot, rari i manifesti di questa campagna. Polemiche asfittiche e slogan fiacchi, a supportare leader maschi con volti seriosi che vorrebbero esprimere autorevolezza. E preoccupazione per le sorti del Trentino.

    Alti più o meno uguale, a differenza di quei bambini canterini di allora, Mau Sergio e Fra’ si disputeranno i voti dei trentini all’insegna di queste travolgenti parole d’ordine: “Il Trentino merita di più!” (Divina); “Concretezza affidabilità” (Fugatti); “È il Trentino che vince” (Valduga).

    La seconda lunga marcia del salvinista Mau Fu Gat, il “Fuga” già in fuga nei sondaggi, primo presidente della destra a governare il Trentino (merito, nel 2018, del vento nazionale che tirava ma anche delle divisioni tra gli avversari) sarà trionfale come la prima, cinque anni fa? O la partita tra Maurizio Fugatti e lo sfidante Francesco Valduga sarà tesa, tirata e all’ultimo colpo come tra Sinner e il suo contendente russo al torneo di Pechino?

  • Sindaco: Francesco Valduga Foto: Civici Trentino

    Inutile dare numeri fuorvianti ma l’ultimo sondaggio, pubblicato dall’Adige, fotografa il perché questa del 2023 si respira, quaggiù in Trentino, come la campagna elettorale più strana e deprimente di questo secolo: 49% di indecisi, e tra i pochi che si dichiarano, il presidente uscente Fugatti (8 liste per lui: Lega, FdI, FI, Udc, Noi Trentino per Fugatti Presidente, Patt, Fassa, La Civica) avrebbe addirittura più del doppio dei consensi rispetto allo sfidante di centrosinistra, Valduga, nonostante costui abbia ben sette liste a supporto (Pd, Azione, Italia Viva, Campo base, Casa Autonomia, Alleanza Verdi e Sinistra, Fascegn) rispetto alle tre che spalleggiavano Tonini, che cinque anni fa prese il 25%. E Divina sarebbe solo quarto, dopo il post-grillino Filippo Degasperi (entrambi con tre liste in campo).

  • Risultati poco credibili, che autorizzano la persistenza delle due correnti di pensiero che continuano a fronteggiarsi in queste settimane, attraverso gli schieramenti: Fugatti ha già in tasca la rielezione; no, vedrete che Divina e le sue tre liste gli eroderanno il bacino elettorale e porteranno a un testa a testa tra Fugatti e Valduga.

    E proprio oggi, ilT pubblica un sondaggio di BiDiMedia per l’area Divina, dove lui, il terzo incomodo, sale al 9% (il doppio di Degasperi, quasi raggiunto dai 5 Stelle), mentre l’ottovolante di Fugatti supererebbe di un paio di punti il 40% del premio di maggioranza, sette punti sopra il settebello di Valduga.

    Stavolta il centro-sinistra ha litigato meno ed è confluito presto su Valduga, ma il fattore anticipo sembra essere diventato anch’esso un fattore-noia. La speranza maggiore, per Pd and friends, non è umana ma… Divina. L’ex senatore leghista, oggetto misterioso della campagna elettorale, se fosse più vicino al 10 che al 5% potrebbe riaprire forse una partita in cui Valduga – com’è suo stile, moderato figlio di democristiano – non brilla per dinamismo ma semmai rassicura per prudenza e pacatezza.

    Fugatti, dal canto suo, è favoritissimo ma è anche un’anatra zoppa rispetto al trionfo del 2018.

    La sua Lega ha perso molti pezzi, l’azionista di maggioranza della coalizione di destra sarà Fratelli d’Italia rappresentati da Sorella Gerosa, presidente dell’Itea (case popolari), che si è già contrattualmente prenotata – altra anomalia di questa campagna ’23 – per il ruolo di vicepresidente, suscitando non pochi malumori dentro la coalizione fugattica.

    Tra l’altro, su grandi carnivori e bypass ferroviario di Trento, i due principali alleati hanno già cominciato a differenziarsi e a litigare: e dunque la prossima legislatura, se Fugatti tornerà a piazza Dante, non sarà una passeggiata (dal punto di vista dei numeri, perché Vaia e Covid hanno comunque tenuto la giunta sulla graticola). L’ultima uscita in ordine di tempo: il leghista cembrano Savoi che ha dato del “fascistello e pure terrone” al commissario di FdI Urzì.

  • Presidente: Maurizio Fugatti Foto: Ufficio stampa Pat

    Campagna surreale anche per i temi che fanno discutere: più che la scricchiolante gestione della sanità (pessima fu la gestione Covid) e dei servizi sociali e della scuola, l’orso e il lupo e i microchip dei cuccioli; più che le scelte strategiche sul futuro dell’autonomia, le idee di marketing per la costosissima area concerti di Trento Sud, diventata il tempio smisurato di Vasco Rossi 2022 e del suo improvvisato promoter Fugatti, pronto a cavalcare – da bravo populista – ogni star che attragga il popolo festante.

  • A dare una mano a Mau, il Partito autonomista che, orfano di tre quarti dei suoi consiglieri iniziali (Rossi, Dallapiccola e Demagri), ha deciso di entrare nella coalizione di destra mentre cinque anni fa aveva corso in solitaria. Dallapiccola e Demagri, dal canto loro, cercano di portare un po’ di voti autonomisti a Valduga con il nuovo simbolo, un bollo giallo stile emoticon, della Casa Autonomia.eu, che in lista schiera anche Walter Pruner, figlio del mitico leader del Pptt.

    Se il Pd del segretario-candidato Dal Rì presenta una squadra rinnovata (fuori Olivi, Tonini e Zeni) con qualche portatore di sangue che cinque anni fa correva a sinistra (Futura, quasi 18mila voti allora, si è disciolta nell’abbraccio schleiniano, il consigliere uscente Zanella è tra i candidati democratici), è un’incognita quel che farà Campo base, la nuova sigla centrista inventata nell’inesauribile fucina politica di Lorenzo Dellai, che schiera l’ex assessora di Trento Chiara Maule. Lei, insieme ai colleghi Mariachiara Franzoia e Roberto Stanchina, ha lasciato la giunta comunale per candidarsi alle provinciali (Stanchina in Campo base, Franzoia nel Pd) e così permettono un rimpasto nel capoluogo, dove il tema bypass infiamma il dibattito politico e mette nel mirino – anche con lugubri minacce personali da parte di gruppi antagonisti – il sindaco e il suo assessore “ferroviario” Facchin.

    A rendere più incerte le previsioni, l’incognita sulla percentuale che riuscirà a ottenere il movimentista onnipresente e onnipolemizzante Filippo Degasperi ex 5 Stelle, che è riuscito a imbarcare, accanto alla sua Onda, altre due liste a supporto, tra cui i puri e duri di sinistra (Unione popolare), che convergono su un candidato di tutt’altre convinzioni, ma sempre arrabbiato e dunque per loro attraente.

    Completano il quadro dei sette candidati il pentastellato Alex Marini (consigliere uscente, fedele alla linea), Marco Rizzo per Democrazia Sovrana e Popolare, e Elena Dardo, una ex grillina, per Alternativa.

    Cinque anni fa il destro Fugatti prese 125mila voti e un 46,7% blindatissimo con premio di maggioranza, il centrosinistro Tonini 68mila con il 25,4%, l’autonomista Rossi 33mila con il 12,4%. Tra le liste, la Lega aveva il 27%, il Pd quasi il 14%, il Patt meno del 13%, 5 Stelle e Futura intorno al 7%. Votarono il 64% degli aventi diritto. Quest’anno, fiaccati da una campagna fiacca, saranno ancora meno,

    Comunque vada tra il Lungo il Corto e il Pacioccone, comincerà un’altra storia per il Trentino, che comunque arriva al 22 ottobre 2023 con il fiato corto, mentre tornano puntuali l’influenza e il Covid, ad agitare i fantasmi della prima legislatura salvinista nella storia dell’autonomia, cinque anni fugattici ma non certo galattici.