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Cervelli in fuga, l’Alto Adige vi vuole?

Le “due” province: quella del turismo record e delle rendite immobiliari da un parte e quella di chi la vive ogni giorno e fa fatica a permettersi un alloggio dall’altra. Bolzano può essere attrattiva senza un cambio di rotta?
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Cervelli in fuga
Foto: Pexels - Oleksandr P
  • La correlazione è quasi automatica: se la casa ha un costo inaccessibile, la manodopera qualificata va via. Non si tratta solo di un problema economico, ma anche sociale, in quanto la “fuga di cervelli” dalla provincia di Bolzano rischia di far perdere al territorio le proprie eccellenze. Cosa si può fare per contrastare questa tendenza? Ne abbiamo parlato con Maria Elena Iarossi, ricercatrice presso l’IPL | Istituto Promozione Lavoratori.

  • Partiamo da un dato: il tasso di disoccupazione Istat è al di sotto del 2%, quindi il mercato del lavoro registra una situazione positiva. È davvero così?

    In Alto Adige i dati sull’occupazione sono ottimi, con un netto miglioramento rispetto al periodo di crisi economica innescata dalla pandemia. Essendo stimata al di sotto del 2%, in Alto Adige la disoccupazione è praticamente inesistente, ma nonostante ciò il mercato del lavoro è in affanno a causa della difficoltà a reperire manodopera qualificata. Il sistema economico, di conseguenza, soffre a causa di figure professionali non reperibili sul mercato locale. 

    Si parla spesso di un problema di immigrazione, integrazione e regolamento dei flussi. In provincia di Bolzano esiste tuttavia anche un problema emigrazione? Ci sono dati al riguardo?

    Stando al report Istat “Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche della popolazione residente”, regolarmente pubblicato dal 2019, la provincia di Bolzano nel 2021 (ultimo dato disponibile) è stata la prima per emigrazione con un dato che si aggira intorno al 3,6‰. Nel 2018 il capoluogo risultava a pari merito con Imperia, altro caso in cui popolazione è più predisposta, per un fattore linguistico-culturale, a trasferirsi per motivi professionali in un Paese estero limitrofo (in questo caso la Francia, ndr).

  • In Alto Adige disoccupazione inesistente, ma si fatica a trovare manodopera qualificata

  • Ma l’emigrazione dalla provincia di Bolzano è causata solo dalla vicinanza linguistico-culturale ai Paesi confinanti o c’è di più?

    Se le persone scelgono di tentare la fortuna all’estero significa che il territorio di partenza non è così attrattivo e questo, nel caso specifico, fa sorgere un dubbio: il tasso di disoccupazione in Alto Adige è basso perché forse molti trovano alternative più interessanti fuori provincia? Se è così dobbiamo chiederci quale sia il motivo. Il fattore emigrazione è comunque stato preso in considerazione più volte dall’Osservatorio del mercato del lavoro, con studi approfonditi in merito. Secondo un’indagine della Fondazione Nord Est sull’emigrazione italiana, si tratta peraltro di un fenomeno piuttosto generalizzato, tanto che già nel 2022 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva parlato di una “fuga di cervelli”, la quale per inciso non riguarda solo i laureati. In aggiunta a tutto ciò, i numeri della “diaspora” sembrano addirittura essere stati sottostimati…

    Ci spieghi meglio…

    Per fare un esempio, l’indagine sopracitata ha analizzato i dati relativi ai permessi di soggiorno richiesti dagli italiani residenti in Gran Bretagna dopo la Brexit: ciò che è emerso è che le domande presentate erano tra “1,5 e 2 volte la statistica AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero, ndr) dei residenti italiani in UK prima della Brexit”. Ciò dimostra molto chiaramente come la dimensione del fenomeno sia stata sottovalutata dalle statistiche ufficiali. 

    Quali sono le cause della scarsa attrattività dell’Alto Adige?

    Una delle cause principali è sicuramente la questione salariale, con gli stipendi che sono sostanzialmente fermi. I dati Astat ci dicono che tra il 2016 e il 2021 in Alto Adige c’è stata una riduzione salariale reale dell’1,4%. Se facciamo il confronto con la Germania, un esempio di competitor per i nostri datori di lavoro, notiamo che lì nello stesso periodo si sia registrata una crescita salariale del 4% circa, un dato non esaltante ma comunque positivo.

  • Foto: Pixabay - Image4You
  • Oltre alla questione salari ci sono altri problemi? La carenza di alloggi può incidere?

    I prezzi delle case sono elevatissimi soprattutto a causa della poca disponibilità di terreni edificabili e dell’elevato costo di questi ultimi, il che porta a un’alta tensione abitativa. Come dimostrano i dati da poco pubblicati da immobiliare.it, nonostante una recente lieve flessione i prezzi degli alloggi a Bolzano restano proibitivi, al pari di città come Milano o Venezia. I mutui poi sono molto salati per via dell’aumento dei tassi di interesse e, di contro, vi sono poche posizioni di lavoro che prevedono retribuzioni tali da coprire agevolmente costi abitativi così alti, e questo vale anche per gli affitti. A ciò va aggiunta l’influenza degli affitti brevi, una questione di primaria importanza in quanto spesso i proprietari di immobili hanno maggiore convenienza a sfruttare questa opportunità in un luogo densamente turistico come l’Alto Adige. Trovare una casa da prendere in affitto a lungo termine è dunque molto difficile poiché manca proprio l’offerta e gli alloggi esistenti, fatta eccezione per soluzioni di metrature minime, sono praticamente inaccessibili per chi ha uno stipendio normale. Nel 2022 e nel 2023 c’è stato anche il problema dell’inflazione a due cifre, con i rincari che hanno pesato su beni primari di cui i cittadini non possono fare a meno. Si è trattato di aumenti non solo sui beni energetici, ma anche sui beni alimentari, il cui prezzo per inciso non è più diminuito.

    I giovani sembrano partire da condizioni più difficili rispetto al passato nella costruzione del loro percorso di vita, è così? Salari bassi, caro casa, contratti incerti…

    Il fatto è che è più facile importare manodopera non qualificata dai Paesi in via di sviluppo, in quanto spesso queste persone si accontentano di sistemazioni abitative anche molto precarie pur di poter lavorare sul nostro territorio. In questi casi si riesce ad attirare manodopera, utilissima beninteso, ma di contro perdiamo giovani laureati o comunque persone appartenenti a un certo ceto sociale che non sono disposte ad accettare quel determinato tipo di condizioni. 

    Tutto questo si può ricollegare al declino della classe media?

    Lo studio IPL sulla mobilità sociale del 2022, condotto insieme all’Eurac, evidenziava proprio come per i più giovani il ceto medio si sia assottigliato. Se da una parte ci sono storie professionali di successo grazie a nuove idee imprenditoriali o alle opportunità del mondo del digitale che danno sbocchi interessanti e remunerativi, dall’altra c’è un incremento della fascia povera. La “fuga dei cervelli” diventa dunque un tentativo da parte dei giovani di evitare questo scivolamento da una classe sociale più elevata verso quella inferiore. Altro fenomeno da tenere in considerazione è il pendolarismo giornaliero dal Trentino, dove abitare costa meno: dal momento che le tasse vengono pagate nel luogo di residenza, questo arreca anche un danno alle casse della provincia di Bolzano. 

  • Fuga dei cervelli problema sottostimato. Mancano stipendi equi e abitazioni a prezzi accessibili.

  • Cosa si può fare dunque per ammortizzare questo sbilanciamento migratorio?

    Se l’Alto Adige, che è così attrattivo dal punto di vista occupazionale, fornisse le condizioni che le persone si aspettano per poter condurre un’esistenza decorosa e relativamente confortevole, queste potrebbero risiedere nel territorio in cui lavorano e contribuirvi anche fiscalmente. Come IPL già in passato abbiamo caldeggiato una politica di affitti agevolati: settore privato e amministrazioni dovrebbero valutare anche le esigenze abitative di chi viene da fuori provincia, agendo di conseguenza. L’impressione è che spesso non ci sia la sensibilità verso il tema e che gli stessi datori di lavoro siano in difficoltà nel fornire l’alloggio ai propri dipendenti, anche se sappiamo che alcuni imprenditori hanno compreso i termini della questione e cercato soluzioni. L’appello alle istituzioni è di uscire da questa sorta di immobilismo in cui sembrano permanere poiché, se il principio è quello di restare in attesa di tempi migliori, tanti giovani nel frattempo andranno via, ambendo a ragione a un futuro migliore rispetto a uno caratterizzato solamente da sacrifici e prospettive, se non negative, quantomeno non esaltanti.