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Fuori i partiti dalla RAI

Un regolamento europeo impone la svolta entro l’agosto 2025.
  • Il 17 aprile scorso, a 24 giorni dall’approvazione da parte del Parlamento Europeo e della Commissione, il Regolamento European Media Freedom ACT è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (qui il testo in italiano e il link alle altre versioni nelle varie lingue comunitarie). Il Regolamento, che non richiede di essere “recepito” da parte dei Parlamenti nazionali prevede un termine temporale, in questo caso di quindici mesi affinché ogni Stato adegui le norme del settore.

    Per l’Italia significa rivedere entro l’8 agosto del prossimo 2025 il Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici, nella parte relativa all’ordinamento del Servizio Pubblico. L’articolo 5 del Regolamento prevede infatti che, come condizione per l’uso di pubblico denaro, il Servizio Pubblico sia “indipendente” (cioè non dipenda né dal Governo né dal Parlamento) e, inoltre, che il finanziamento debba essere garantito su base pluriennale e irrevocabile ad evitare ricatti finanziari. La Rai per contro dipende da Governo e Parlamento e i ricatti finanziari l’accompagnano fino dalle origini.

    Di seguito, per completezza, il testo della parte iniziale e più rilevante di questo articolo.

    Articolo 5

    Garanzie per il funzionamento indipendente dei fornitori di media di servizio pubblico

    1.Gli Stati membri provvedono affinché i fornitori di media di servizio pubblico siano indipendenti dal punto di vista editoriale e funzionale e forniscano in modo imparziale una pluralità di informazioni e opinioni al loro pubblico, conformemente alla loro missione di servizio pubblico definita a livello nazionale in linea con il protocollo n. 29.

    2.Gli Stati membri provvedono affinché le procedure per la nomina e il licenziamento del direttore o dei membri del consiglio di amministrazione dei fornitori di media di servizio pubblico siano finalizzate a garantire l’indipendenza dei fornitori di media di servizio pubblico.

    Il direttore o i membri del consiglio di amministrazione dei fornitori di media di servizio pubblico sono nominati in base a procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie e su criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati stabiliti in anticipo a livello nazionale. La durata del loro mandato è sufficiente a garantire l’effettiva indipendenza dei fornitori di media di servizio pubblico.

    Le decisioni in merito al licenziamento del direttore o dei membri del consiglio di amministrazione dei fornitori di media di servizio pubblico prima della fine del loro mandato sono debitamente giustificate, possono essere adottate solo in via eccezionale qualora essi non soddisfino più le condizioni richieste per l’esercizio delle loro funzioni conformemente a criteri stabiliti in anticipo a livello nazionale, sono preventivamente notificate alle persone interessate e prevedono la possibilità di un ricorso giurisdizionale.

    3.Gli Stati membri provvedono affinché le procedure di finanziamento dei fornitori di media di servizio pubblico si basino su criteri trasparenti e oggettivi stabiliti in anticipo. Tali procedure di finanziamento garantiscono che i fornitori di media di servizio pubblico dispongano di risorse finanziarie adeguate, sostenibili e prevedibili corrispondenti all’adempimento della loro missione di servizio pubblico e alla capacità di sviluppo nell’ambito di tale missione. Tali risorse finanziarie sono tali da salvaguardare l’indipendenza editoriale dei fornitori di media di servizio pubblico.

    Inutile sottolineare l’impatto potenziale di questa normativa comunitaria su un sistema come quello italiano dove il servizio pubblico radiotelevisivo è di fatto controllato strettamente dal potere politico attraverso la nomina dei principali amministratori e indirettamente anche delle altre figure apicali come i direttori di rete e testata. Anche l’eterna querelle relativa alle fonti di finanziamento, il cosiddetto “canone”, si presta ad un gioco di pressioni tutt’altro che sottile. Un quadro completato dalla presenza di un organismo come la Commissione Parlamentare di vigilanza che non di rado assume compiti di natura editoriale come la definizione delle regole per le trasmissioni in campagna elettorale che limitano grandemente l’autonomia e la libertà del servizio pubblico stesso.

    Se il Regolamento, che nelle sue varie parti contiene disposizioni di alto rilievo per la tutela della libertà di informazione nei paesi dell’Unione, venisse applicato ci sarebbe una sorta di rivoluzione nell’assetto e nella vita stessa della RAI. È più che immaginabile che l’attuale Governo, che, come del resto i precedenti, ha fatto dell’occupazione della RAI una sorta di missione, cerchi di evitare che questo atteggiamento debba finire. L’immediata esecutività della normativa europea consentirà però di ricorrere immediatamente per via amministrativa contro questa inerzia. A questo scopo si è già costituita un’associazione, denominata proprio “Associazione art.5” che si prepara sin d’ora ad ingaggiare una battaglia giuridica a tutti i livelli per afre in modo che il Regolamento europeo sulla libertà di informazione divenga realtà operante anche in Italia.

    Su questa iniziativa a medio termoione si innesta quella che, sempre in questi giorni, vuole arrivare invece a bloccare da subito la procedura dei membri del Consiglio di Amministrazione della RAI che si è avviata con il deposito, presso Camera e Senato, delle liste dei candidati.

    Una serie di associazioni, Articolo 21, Slc-Cgil, Usigrai, Rete No Bavaglio, Infocivica, TvMediaWeb sostengono che anche l’attuale procedura è lesiva della normativa che prevede una fase di selezione delle candidature e che comunque essa contrasta con il criterio di indipendenza in quanto i consiglieri di amministrazione sarebbero espressione diretta delle forze di governo e maggioranza. Da qui la richiesta al TAR di sollevare questione di costituzionalità dell’intero procedimento di selezione del nuovo Consiglio di Amministrazione della RAI.